Partendo dalla piazza di Invillino e dirigendosi lungo la “Via Grande” si arriva al fianco meridionale del Colle che si affaccia sul greto del Tagliamento (F13 II SE, 46°24’17″N, 0°29’17″E, m 404) . Da qui, imboccando un sentiero, arricchito da un’Ottocentesca Via Crucis, si giunge ad una delle antiche vie di accesso al pianoro, dove si localizzava il castrum tardoantico. Giunti alla Pieve si imbocca il sentiero sulla sinistra e, dopo aver fiancheggiato lo sperone del Cjastelat, sede di un fortilizio medievale, si ridiscende sul fianco nord seguendo quello che era probabilmente l’antica via di accesso. Lungo tutto il percorso si potranno cogliere diverse tracce degli insediamenti storici, tra cui numerosi bastioni in pietra ed allineamenti di pietre nel terreno.
L’insediamento è risultato frequentato dalla preistoria al medioevo; ha subito uno scavo estensivo, 1963-1974. Il materiale archeologico rinvenuto è stato depositato al Museo Civico Archeologico di Zuglio.
Durante le campagne di scavo effettuate dall’Istituto di Preistoria e Protostoria dell’Università di Monaco, volte a portare in luce l’insediamento tardo-antico identificato con il castrum Ibligo di Paolo Diacono, ed in seguito a rinvenimenti successivi, furono trovati in diverse aree materiali che attestano la frequentazione del colle fin dall’età neolitica.
Al Neolitico recente sono da attribuire lame scheggiate, frammenti di asce in pietra levigata, una punta di freccia e frammenti di ceramica bruna ad impasto grossolano con anse e protuberanze; la maggior parte del materiale fu ritrovata nella zona occidentale, in una cavità usata forse come fossa di scarico.
Alla prima età del Bronzo sono forse da attribuire due frammenti di ceramica raccolti lungo la frana settentrionale del colle.
Recenti ritrovamenti ceramici nella parte nord-occidentale hanno permesso di ipotizzare l’esistenza di un abitato datato tra il Bronzo recente e l’inizio dell’età del Ferro.  Il periodo halstattiano è rappresentato da una fibula serpeggiante decorata con rosette del VII-VI secolo a.C.
La frequentazione romana è attestata dalla metà del I secolo d.C. con numerosi reperti d’età imperiale quali: fibule, vasi (in particolare Auerberg), monete ed altri oggetti d’uso quotidiano e d’ornamento, nonché un piccolo altare della dea Fortuna. La zona abitativa comprende almeno tre fasi costruttive: le prime due, dalla metà I secolo d.C. alla prima metà V secolo d.C., contemplano i resti murari di una abitazione del tipo “a villa” e due o più cisterne per l’acqua; la terza fase, dal V secolo all’età medioevale vede la costruzione di fortificazioni per la raccolta e la difesa delle popolazioni locali.
Paolo Diacono, storico e scrittore longobardo, nella Historia Langobardorum elenca sette località in cui i Longobardi si erano asserragliati nel 610, per difendersi contro l’invasione degli Avari, tra cui una certa Ibligo (… in Ibligine, cuius positio omnino inexpubnabilis existit, ovvero, “a Ibligo, la cui posizione era senza dubbio inespugnabile”). Negli anni nasce l’ipotesi che la Ibligo citata da Paolo Diacono possa corrispondere all’attuale località di Invillino. Da qui un interesse verso il sito che trascende i limiti nazionali e si diffonde oltre confine, tant’è che gli archeologi dell’Università di Monaco di Baviera, alla ricerca del Castrum Ibligo, danno avvio tra il 1964 ed il 1972 a un’intensa campagna di scavi sul pianoro occidentale antistante alla Pieve di Santa Maria Maddalena.
La volontà è quella di studiare, con rigore scientifico, un insediamento fortificato appartenenete, nel periodo tardo antico (III-VI sec. d.C.), al sistema difensivo delle Alpi orientali. Per estensione, quasi 100 mq., e per metodo, le indagini archeologiche di Invillino si possono collocare tra le più importanti ricerche svole in Friuli in quegli anni.
Nonostante le strutture rinvenute siano state tutte ricoperte dopo la fine delle indagini, una visita all’area rimane oggi molto interessante, non solo da un punto di vista archeologico, ma anche da quello naturalistico e paesaggistico.
Un percorso lungo le antiche vie che portavano al Castrum Ibligo permetterà infatti di comprendere appieno la strategicità del Colle all’interno della Val Tagliamento, tale da attribuirgli l’aggettivo di inespugnabile.
Gli scavi degli archeologic tedeschi hanno messo in luce, nella loro ricostruzione, un insediamento caratterizzato da quattro fasi di vita principali. Nella prima, datata tra il I ed il IV sec. d.C., ossia nella piena età romana imperiale, l’abitato si concentra nel pianoro occidentale ed è formato da due grossi edifici A e B, articolati in più ambienti, e da due costruzioni minori. Le strutture principali potrebbero essere interpretate, sulla base delle loro caratteristiche costruttive, come due complessi con funzione sia abitativa che rustica, collegati con le attività economiche praticate nella zona e in particolare con l’allevamento di capro-ovini (come parrebbe testimoniato dalla grande quantità di resti faunistici attribuibili a queste specie animali).
Nella seconda fase, datata al periodo tardoantico, l’insediamento si espande sul pianoro orientale, dove vengono costruiti due nuovi edifici (F ed H) e una grossa cisterna di forma circolare. A questo momento cronologico vengono attribuiti anche alcuni cambiamenti sia di carattere planimetrico che funzionale all’interno dei due complessi A e B. Tali trasformazioni sembrano corrispondere a un accrescimento dell’insediamento e a un suo sviluppo anche di tipo economico, come pare dimostrato sia dall’impianto di alcuni laboratori di carattere artigianale volti alla lavorazione del ferro e del vetro, sia dalla tipologia e quantità di materiali archeologici associati a questa fase tra i quali viene segnalata una notevole presenza di importazioni sia dalle provinve del Nord-Africa che del Mediterraneo orientale.
La terza fase, datata dagli archeologi tedeschi tra la metà del V e la metà del VII, ma molto probabilmente da posticipare, almeno per quanto riguarda il suo inizio, alla piena età longobarda, corrisponde a una trasformazione radicale dell’abitato in quanto sopra alle strutture di I e II fase viene costruito un nuovo insediamento con caratteristiche completamente differenti rispetto al precedente. Esso è formato da diciassette edifici dei quali solo alcuni individuati interamente; essi presentano una pianta rettangolare allungata con orientamento est-ovest e sono costruiti con basamenti a secco e alzati in materiale deperibile.
Il materiale archeologico raccolto all’interno delle costruzioni si ricollega, in genere, alla sfera della conservazione e consumo dei cibi (ceramica grezza, anfore, calici in vetro) e a quella della cura personale del corpo (oggetti di ornamento maschili e femminili): per quanto riguarda le suppellettili d’uso domestico si deve ricordare che, anche associati a questa fase, sono stati rinvenuti materiali di importazione con forme datate fino al VI-VII sec. d.C. Si ipotizza, inoltre, che alcuni edifici abbiano ospitato attività artigianali legate alla produzione di manufatti in vetro e alla lavorazione del ferro, mentre altre strutture sarebbero state adibite allo stoccaggio e alla vendita dei prodotti finiti.
Alla quarta fase risalgono le sepolture ritrovate nella parte occidentale del colle, tra i resti degli edifici delle fasi precedenti, e datate, soprattutto alla tipologia degli orecchini a tre cerchietti invenuti all’interno di alcune di esse, al VII-VIII sec. d.C.
Le evidenze archeologiche messe in luce sul colle Santino sembrerebbero corrispondenti a quelle di un abitato romano con vocazione agricolo-pastorale trasformato, nel periodo altomedievale, in vero e proprio castrum con una notevole vitalità economica basata sulle attività artigianeli (legate alla trasformazione del vetro e del ferro) che si svolgevano al suo interno e che permettevano agli abitanti di recepire, per lo meno fino al VI/VII sec. d.C., i prodotti provenienti da varie aree del Mediterraneo.
Dopo il Mille, il luogo continuò ad essere utilizzato con funzioni difensive: un castello appartenente allo schema difensivo della Valle del Tagliamento, è documentato già dal 1219. Pur avendone il patriarca Nicolò del Lussemburgo nel 1353 ordinato lo smantellamento, la roccaforte di Invillino continuò ad esistere almeno per un altro secolo.
Sappiamo che il castello è stato infeudato prima ai Caporiacco, poi ai Luincis, che lo persero allorchè fu decapitato Ermanno, in seguito ai Prampero e, dal 1441, ai della Torre.

Fonte: AA.VV. Tra storia e fede. Guida storico-artistica a Pievi e siti archeologici in Carnia, Regione FVG, 2011.

Info: Via Braide, 33029 Villa Santina UD – tel. 043374201.

Vedi anche: Sergio CECCHINI, Le attività produttive tardoantiche e altomedievali nell’insediamento del Colle Santino.

 Vedi anche: Eliano CONCINA, La localizzazione del Castrum di IBLIGO alla luce delle fonti. I parte.

Vedi anche: Eliano CONCINA, La localizzazione del Castrum di IBLIGO alla luce delle fonti. II parte.

Bibliografia:
FINGERLIN, GARBSCH, WERNER 1968, c.57 ss.; BIERBRAUER 1973, c.85 ss.; VON ELES MASI 1986, tav.180, nr.2432; GIORGESSI 1991-92, p.97 ss.

Periodo Storico: Longobardi
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza