Il Colle Mazéit di Verzegnis (F14 III SO, 46°23’39″N, 0°31’46″E, m 495) è piuttosto vasto, in quanto si estende da nord–ovest a sud–est per oltre un chilometro. Il versante settentrionale precipita con pareti pressoché verticali fino alle ghiaie del Tagliamento ed è praticamente inaccessibile. La parte sommitale del Colle è in una posizione particolarmente favorevole per la visuale che da essa si ha, non solo della vallata del But verso Zuglio ed il Passo di Monte Croce Carnico e dell’inizio della vallata del Tagliamento verso Invillino e Raveo, ma anche dei passaggi verso la pianura friulana, attraverso Cavazzo–Osoppo da un lato e la val d’Arzino dall’altro. Era anche in diretto collegamento visivo con San Floriano di Illegio. Dominava, quindi, lo sbocco della valle del But in quella del Tagliamento lungo la quale in età romana passava la cosiddetta via Iulia Augusta.
Nel corso delle campagne di scavo è stato messa in luce anche una torre tardo antica/medievale sulla sommità del Colle e, nel pianoro situato immediatamente a sud della torre, un insediamento pluristratificato circondato da una cinta fortificata in pietre, che saliva a comprendere al suo interno anche la torre.
Le ricerche archeologiche sono iniziate nella zona denominata “Castello e Broilatz”, sulla scia di leggende e di tracce toponomastiche, sulla parte sommitale del colle. Le indagini archeologiche nell’ambito della torre, hanno permesso invece di verificare che la stessa è stata costruita o ristrutturata nel V–VI secolo d.C. sopra delle preesistenze.
Con la ripresa degli scavi, dopo un decennio di abbandono, sono state eseguite indagini sistematiche in particolare nella zona pianeggiante immediatamente a sud della torre tardo antica–medievale, che hanno permesso di constatare una complessa sequenza insediativa all’interno della cinta fortificata in pietre, databile tra IV millennio a.C. e IV secolo d.C. La ricerca archeologica è stata concentrata in particolare lungo la cinta muraria, che circonda da est ad ovest il suddetto pianoro meridionale sotto la torre, per proseguire, poi, verso di essa.
L’inizio della frequentazione sporadica del colle in età tardo neolitica è attestato da strumenti in selce scheggiata a ritocco bifacciale. Il ritrovamento è stato effettuato in una fossetta purtroppo, come tutti gli strati più antichi del villaggio, profondamente intaccata dai rimaneggiamenti che l’area ha subito nel corso del tempo fino ad età romana.
Le prime tracce di presenza insediativa stabile sono connesse a dei depositi dell’età del bronzo recente–finale presenti sul banco roccioso di base, sul quale si notano tentativi di sistemazione provocati da tagli regolari che hanno, probabilmente, modificato anche la morfologia dei limiti della scarpata e dei buchi di palo.
Una svolta nella frequentazione del Colle Mazéit è segnata dalla costruzione o da una prima ristrutturazione del muro di cinta. La sistemazione dell’area dopo l’erezione del muraglione sembra essere definita dalla creazione di un riporto di ciottoli.
Allo stato delle ricerche è possibile affermare soltanto che il muraglione di cinta era in piedi nel corso di questa fase. Si tratta del momento, quello finale (che si può collocare tra fine II e I secolo a.C.) in cui sono attestati nell’insediamento, abitato verosimilmente da popolazione locale, i primi contatti col mondo veneto–romano: lo testimoniano anche altri frammenti di recipienti in ceramica grigia ed orli di anfore Lamboglia rinvenuti fuori contesto.
Le abbondanti scorie ferrose rinvenute sono indizio di attività metallurgiche. La datazione della fase di impianto delle strutture, legate con malta, ma di fattura grossolana, è di difficile definizione. I reperti rinvenuti nei probabili livelli d’uso si inquadrano tra I secolo a.C. e I secolo d.C.
Al degrado di queste strutture addossate al muro di cinta pare riconducibile un taglio che intacca una delle precedenti strutture murarie e che è indice di una nuova fase connotata da un rinnovamento insediativo. Ciò è testimoniato dall’edificazione di due nuovi grandi ambienti rettangolari, uno dei quali con pavimento lastricato, che non paiono aver più alcun rapporto con le strutture precedenti, ma che, fin dagli strati superficiali, restituiscono abbondantissima ceramica di tipo Auerberg, olle e ciotole in ceramica grezza di vario tipo, anfore, qualche frammento in ceramica a pareti sottili ed in Terra Sigillata italica, una lucerna firmata, ecc.
A questa stessa fase si può attribuire la riorganizzazione dell’intero villaggio: vengono costruiti anche un vano–torre quadrangolare appoggiato all’angolo sud–orientale della cinta, un grande ambiente rettangolare posto a cavallo del muro di cinta e viene rinforzata la cinta. Il potenziamento dell’abitato, quindi, sembra svilupparsi anche in relazione all’attività di Cesare proconsole ed a quella di Ottaviano Augusto, acquistando anche in questo momento un ruolo fondamentale prima nel controllo di alcuni settori strategici e poi nello sfruttamento del territorio. Nel IV secolo d.C. è testimoniata una ripresa dell’occupazione, tramite il ritrovamento di tre monete.
Nel corso degli scavi, inoltre, sempre all’esterno del lato occidentale del vano, sono stati recuperati un frammento di braccialetto in pasta vitrea verde ed un tallone di lancia in ferro, entrambi di epoca La Tène. Strutture  presumibilmente  inseribili  nella  fase finale,  non  ancora messe completamente in luce sono:
— un tratto del muro di cinta realizzato con pezzame di conglomerato legato con poca malta, individuato all’interno dell’ambiente, che non reca tracce di potenziamento come il tratto più meridionale;
— due muri perpendicolari al lato occidentale esterno del vano, sempre in pietre legate con poca malta, che sono stati tagliati dalla costruzione del lato ovest dello stesso.
I livelli sinora indagati non offrono informazioni certe sulla datazione né delle strutture più antiche, né del vano a cavaliere del muro di cinta, inquadrabile, comunque, nella fase di generale ristrutturazione dell’abitato. I materiali più antichi finora rinvenuti all’interno sono databili fra II e I secolo a.C. (anfore greco–italiche e di tipo Lamboglia, Graphittonkeramik e olle in ceramica grezza decorate a scopetto tipo Montereale). La maggior parte della ceramica emersa nei vari livelli d’uso si scala, comunque, nel I secolo d.C., con particolare riguardo nella prima metà e nella metà del secolo. Riprende le tipologie già attestate nelle altre Aree (olpi, terra sigillata nord– italica, ceramica grigia ed a pareti sottili, anfore di tipo Lamboglia ceramica di tipo Auerberg, una lucerna a canale aperto, ecc.). Interessante, in uno dei livelli d’uso interni, è il rinvenimento di un graffione in ferro o Fleischgabel, di probabile età augustea, che potrebbe suggerire la continuità, come sul Monte Sorantri di Raveo, di pratiche cultuali attestate nella tarda età del ferro.
Le indagini effettuate in corrispondenza del muro di cinta evidenziano un consolidamento dello stesso, contemporaneamente all’edificazione dei due vani.
Il villaggio sembra entrare in crisi nel corso del II secolo d.C., quando, probabilmente, viene meno il suo ruolo di controllo strategico del territorio. Una ripresa della frequentazione è attestata nel IV secolo d.C., come documentato anche nella torre sulla cima del colle. Successivamente, quando le cinte erano ormai disattivate ed abbandonate al degrado, abbiamo ai piedi della cinta il ritrovamento di ceramica altomedievale e, deposta sul muro orientale del vano rettangolare, una tomba femminile paleoslava avente orecchini in bronzo con terminazione ad esse, relativi alla cultura carantano–köttlachiana.
In conclusione, rimangono ancora di difficile interpretazione ed inquadramento gli interventi di ristrutturazione delle ultime fasi.
Considerato che sono assai scarsi i materiali tipici della romanizzazione ed i reperti di ambito militare, è preferibile interpretare il sito, per quanto attiene l’età tardo–repubblicana, come abitato autoctono in via di lenta romanizzazione, con sporadiche presenze militari, indiziate da chiodi per calzature e da qualche frammento di mortarium.
Per quanto riguarda la realizzazione della imponente cinta fortificata, con risistemazione (per ora inseribile nella prima età imperiale) del muro protostorico e la creazione di vani, destinati ad un rapido decadimento, la loro valutazione è ancora da approfondire.

Il materiale archeologico recuperato nelle varie campagne di scavo è in parte presso il Municipio di Verzegnis, in parte presso la Soprintendenza Archeologica del Friuli Venezia Giulia, sede di Udine.

(sintesi da “Verzegnis – Colle Mazéit (Ud). Un insediamento pliristratificato a controllo della via per il Norico tra protostoria e romanità” di Gloria Vannacci Lunazzi; l’intero testo è scaricabile da http://www.lagerlablu.it/contenuti/allegati/verzegnis-colle_maz_%C2%AEit_13.pdf).

Bibliografia:
VANNACCI LUNAZZI et al. 1992, p.76 ss.; GIORGESSI 1991-92, p.158 ss.; VANNACCI LUNAZZI 1994a, p.52, nota 11.

Vedi anche: Cjiscjel-dal-broyli-castello-del-brolo-sul-col-Maceit-di-Verzegnis, Maurizio Puntin

Periodo Storico: Protostoria
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza