Palazzo Mantica, in via Manin, è stato sottoposto ad un delicato intervento di restauro che ha interessato la facciata rinascimentale di via Manin con il restauro e la pulizia della Madonna con il bambino di Carlo da Carona (opera del XVI secolo) (vedi nota in calce), l’apertura di tre finestre murate da secoli ed il ripristino dell’aspetto originale dell’edificio, con il colore bianco.
Tutto ciò è stato fatto in funzione dell’ampliamento degli spazi interni che hanno consentito alla Filologica di riqualificare e allargare l’area destinata alla biblioteca sociale, con nuovi locali per i depositi librari, la creazione di una nuova sala consultazione e la messa a norma degli impianti. A palazzo Mantica è custodito un patrimonio che conta circa 20 mila volumi, tra cui molte edizioni pregiate, e 350 titoli di riviste. E’ la biblioteca di riferimento per la lingua e cultura friulana.
Il restauro interno di palazzo Mantica ha portato alla luce il cuore pulsante di Udine. Perché il castelliere ritrovato è il più antico insediamento del Friuli e pare pure dell’intera regione.
Il progetto di recupero è cominciato nel 2005: l’incremento costante del patrimonio librario obbligava a cercare nuovi spazi. Da questa esigenza tutta pratica arrivò la sorpresa, con una portata tale che modifica i libri di storia. L’ipotesi seguita allora era ricavare spazi per l’archivio nell’area seminterrata del palazzo perché tecnici e ricercatori pensavano si sarebbero trovati antichi spazi, aree occultate da eventuali riempimenti o crolli avvenuti nei secoli passati.
A confermare la tesi furono i carotaggi del terreno e le ispezioni con il georadar: i muri del palazzo si spingevano fino alla quota del vano seminterrato ed il materiale di riempimento era caratterizzato da terreno fortemente antropizzato.
Ecco come è stato scoperto l’edificio Basso medievale ed anche un secondo ambiente interrato molto più recente, databile fra il 1500 e il 1600, un vano con copertura a volta realizzata in laterizi e murature perimetrali in ciottoli.
Ma pure frammenti di ceramiche di età protostorica e, appunto, l’antico terrapieno: sotto all’ufficio di segreteria della Filologica si nascondeva il più grande dei castellieri friulani finora noti.
Ma non è ancora tutto perché estendendo lo scavo nell’altra stanza, gli archeologici hanno portato alla luce anche parte dell’abitato interno del castelliere reso visibile da alcuni buchi di palo delle capanne. Qui è stato evidenziato pure il focolare. Il ritrovamento assume un’importanza particolare per gli studiosi dei castellieri perché per la prima volta gli archeologi hanno potuto indagare con metodi moderni un sito di questo genere.
Il rinvenimento di un suolo antico al di sotto delle falde di edificazione dell’aggere, nonché il recupero di materiale ceramico databile già a partire dal Bronzo medio (1700-1350 avanti Cristo), rendono assai probabile la collocazione del castelliere di Udine tra gli abitati più antichi del Friuli.
Il restauro di palazzo Mantica, completato nel 2012, ha consentito di scrivere una pagina di storia inedita della Udine dell’età del Bronzo. Lo scavo ha permesso di indagare per la prima volta i resti delle strutture difensive non più visibili in elevato, del più antico abitato della città che, secondo gli studiosi, occupava un’area di circa 30 ettari. Il castelliere è stato rinvenuto sotto il pavimento rinascimentale dell’edificio dove è risultata leggibile anche la stratigrafica del sistema difensivo meglio noto come aggere.

Vedi: www.regione.fvg.it

Bibliografia: AA.VV. Palazzo Mantica a Udine, Società Filologica Friulana, UD 2015

Vedi approfondimenti dello scavo:
Nell’Ambiente 1, quello più orientale, l’indagine, prese l’avvio con la realizzazione di due saggi eseguiti alle estremità opposte della stanza che portò al recupero di materiale ceramico protostorico. Esigenze di cantiere determinarono successivamente l’abbassamento del piano di calpestio per circa 40 cm, con conseguente perdita di una parte della stratigrafia archeologica.
Tale intervento permise altresì di avere a disposizione una sezione di controllo contro la prete nord della stanza; la successione di livelli di materiale selezionato (ghiaia, ciottoli, terreno limoso pulito) disposti in approfondimento da est verso ovest visibili in sezione fece comprendere che si trattava dei resti di una struttura antropica monumentale le cioè dei resti in posto del terrapieno (aggere) del castelliere protostorico di Udine; questo moncone di aggere è stato scavato completamente nel corso delle due campagne archeologiche. Della struttura esposta sono state riconosciute quattro fasi costruttive: la prima fase, il così detto “primo potenziamento aggere”, era costituita da due corpi, uno formato da riporti di materiale limoso frammisto a ghiaie contenuti entro grandi cassoni lignei, l’altro composto da gettate e riporti con andamento obliquo in immersione da est verso ovest in limo, ghiaia, ciottoli e ciottoloni sistemati entro settori delimitati da sbarramenti lignei addossati al fronte dei cassoni e placcati dal riporto limo argilloso pulito bruno rossastro.
Alla seconda fase costruttiva è ascrivibile il “secondo potenziamento aggere”, realizzato con una serie di riporti in ghiaia, ghiaino e limo anch’essa contenuta in cassonature lignee. La successiva fase individuata era rappresentata da una o più da canalette scavate, per 1,50 m e una profondità di 35-40 cm a scapito delle falde più alte in quota del secondo potenziamento dell’aggere. Di queste canalette non si sono conservati i corrispondenti livelli esterni d’uso. L’ultima attività documentata riguarda l’obliterazione delle canalette con ciottoli di medie dimensioni, forse macerie di strutture abitative, e con sedimenti limo sabbiosi di colore grigio scuro, materiali carboniosi e frammenti ceramici del Bronzo Medio.
La posizione stratigrafica dei fossatelli fa ritenere che le colmate siano state fatte con materiali recuperati in un’epoca successiva a quella di fabbricazione della ceramica, nel corso di una fase di risistemazione dell’abitato. La costruzione è apparsa fin da subito piuttosto complessa e articolata: l’alternarsi di livelli costituiti da materiale fine e grossolano, la presenza di “placcature” con terreno limoso-argilloso pulito, la disposizione di grossi ciottoli rinvenuti ai piedi dell’aggere dimostrano una perfetta conoscenza del materiale e delle tecniche costruttive necessaria per garantire solidità e stabilità al monumento.

                      Brocca, XVI sec. a.C.

Al di sotto dell’aggere sono state recuperate tracce della più antica frequentazione del sito, al di sopra del suolo evoluto dal substrato di ferretto (50-80 cm potenza). Si tratta di frammenti ceramici (pareti cordonate), resti di pasto (ossa) e frustoli di carbone (specie nel tratto mediano del lato orientale della stanza) e di uno strato di riporto rimaneggiato di ferretto con testa ondulata irregolarmente, per lo più priva di materiali antropici in superficie e presente a nord della stanza. Tale strato, per la composizione, l’andamento e la distribuzione degli inclusi, sembra interpretabile come esito di maceria. Nell’Ambiente 2, indagato completamente nel corso della prima campagna di scavo, sono stati rinvenuti i resti di strutture abitative. Al di sopra della più antica superficie d’uso sono stati riconosciuti due cicli di frequentazione: il primo, quello di fondazione, era costituito da un riporto di circa 10 cm, ricco di inclusi litici, frammenti ceramici e ossa animali, ed è risultato quasi completamente rimaneggiato ad eccezione di una stretta fascia contro la parete orientale della stanza, dove si conservavano la superficie d’uso con frammenti ceramici e ossa lunghe in piano e parte di un focolare in fossa con vespaio in ciottoli, clasti di argilla limosa scottata e frammenti ceramici.

           Tazza carenata, XIV-XIII sec. a..C.

Nel secondo ciclo fu rialzato il piano pavimentale di 7-8 cm con un riporto limoso frammisto a inclusi litici di piccole e medie dimensioni, frammenti ceramici e ossa e con esso fu innalzato, fuori terra, anche il vespaio del focolare. Anche in questo caso è stata individuata nella fascia menzionata, a lato del focolare, la superficie di calpestio arricchita in ghiaino.
All’esterno della struttura, a nordovest, uno strato limoso di colore bruno (US 591) era inciso da una serie di buche di palo rinvenute ampiamente residuali con andamento parallelo alla parete della capanna. L’ultima fase documentata è rappresentata da strati di riporto o accrescimento e da una canaletta forse di fondazione di una parete lignea leggera. A diretto contatto con i livelli protostorici e a loro discapito sono stati rinvenuti i resti di strutture bassomedievali e post-rinascimentali, ciò fa pensare che in questa parte della città, come altrove, per molto tempo non vi sia stata attività di edificazione.

Ansa XV-XIV secolo a.C.

Nell’Ambiente 1 è stato rinvenuto e scavato un moncone del versante interno del terrapieno difensivo dell’antico castelliere. Le due fasi costruttive più consistenti, la prima e la seconda, sono state interpretate come potenziamenti di un nucleo primitivo non rinvenuto perché verosimilmente collocato più ad est cioè verso l’attuale Porta Manin. Per similitudine con altri terrapieni scavati in abitati protostorici friulani (Sedegliano, Savalons) la porzione di aggere indagata è datata alla tarda età del bronzo. Il recupero di materiale non in giacitura primaria del Bronzo Medio pieno indica però che la fondazione del castelliere di Udine è da collocarsi almeno a questo periodo (1600-1500 a.C.). I resti delle strutture dell’Ambiente 2 testimoniano nell’area l’esistenza di capanne ad uso abitativo.

Bibliografia:
– Assunta Mercogliano, La ceramica dell_et del bronzo dagli scavi di Palazzo mantica 2009-2010.
Palazzo Mantica. Resti protostorici e bassomedievali/rinascimentali, in Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia, Firenze 2013, 4/2009
– Quarina L., Castellieri e tombe a tumulo in provincia di Udine, in Ce Fastu?, Udine 1943, XIX

Fonte: https://patrimonioculturale.regione.fvg.it

Madonna con il bambino di Carlo da Carona
Sulla facciata verso via Manin, sotto una pentafora è collocatp un tondo all’interno di una cornice quadrata, la cui provenienza non è nota: entro una ghirlanda di sette cherubini è scolpita la Madonna, intenta a porgere a Gesù Bambino una mela quale simbolo, oltre che del peccato originale, anche della Redenzione dell’umanità tramite il sacrificio del Figlio.
Il Bambino benedicente, ha le gambe piegate ed accoccolate entro l’avvolgente manto materno, partecipando al ritmo circolare della composizione, unica nel suo genere nell’opera di Carlo.
Recentemente sottoposta a pulitura, l’opera è stata liberata dalle polveri che ne avevano annerito la superfice lapidea.
Affine nell’andamento curvilineo del panneggio è il gruppo della Madonna col Bambino conservato da fine Ottocento presso il Museo civico di Treviso, probabilmente già nicchiato a parete e proveniente dal mercato antiquario e che ripropone specularmente il modello udinese.

Periodo Storico: Protostoria
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza