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Non sarà inutile ripercorrere le vicende storiche che portarono alla nascita della Loggia del Lionello, partendo da tempi lontani, quando Udine era una insignificante località lambita dalla strada romana che da Aquileia portava a Virunum (presso l’odierna Klagenfurt).
Il primo documento in cui la si cita risale all’11 giugno 983 d.C., allorché il patriarca di Aquileia Rodoaldo si vide confermato dall’imperatore di Germania Ottone II il possesso su cinque castelli friulani, cioè Buja, Fagagna, Gruagno, Braitan (località forse situata presso l’odierna Pozzuolo) e, appunto, Udine: documento che viene considerato quasi l’atto ufficiale di nascita della città.
Sul colle del castello, alla fine del primo millennio, intorno ad alcuni edifici costruiti in epoca longobarda sorse un borgo modesto, primo nucleo della futura città. La quale venne ad assumere un ruolo di primaria importanza nell’ambito dello stato feudale del patriarca di Aquileia (1077-1420) a partire dal secolo XIII, quando il patriarca Bertoldo di Merania vi trasferì la sua residenza da Cividale (colpita nel 1222 da una forte scossa di terremoto), istituendo nel 1223 un mercato permanente capace di attirare gente da fuori e incrementare i commerci, e quando i Francescani e i Domenicani, qui giunti, favorirono la nascita di nuovi edifici e varie opere pie.
Udine si allargò ben fuori la prima cerchia di mura che misurava appena 520 metri ed alla fine del secolo toccò i seimila abitanti, diventando in tal modo la città più popolosa del Friuli.
Superò allora in importanza, anche politica, sia Aquileia, avviata ormai verso una lenta ma inesorabile decadenza nonostante la presenza dell’istituzione patriarcale, sia Cividale e Gemona, Venzone e Spilimbergo.
Si diede inizio nel 1236 alla costruzione di una nuova pieve a sostituire l’ormai inadeguata matrice di Santa Maria di Castello, si consacrò nel 1266, alla presenza del patriarca Gregorio di Montelongo e di sette nuovi vescovi suffraganei, la grande chiesa dei Francescani; si trasferirono nell’area di Mercatonuovo i commerci prima concentrati in Mercatovecchio.
Intanto la città, che per l’approvvigionamento idrico si serviva di pozzi e soprattutto delle due rogge derivate dal torrente Torre fin dal 1171, si cinse di una seconda, e poi di una terza e una quarta cerchia di mura; quest’ultima del 1299 con l’inclusione dei borghi di Cussignacco, Grazzano, Cisis e Poscolle per una lunghezza di 3815 metri.
Lo sviluppo urbanistico procedette con grande rapidità, con l’ampliamento di alcune aree, con il prolungamento di strade, la costruzione di chiese, conventi, ospedali, edifici privati.
In questa dimensione cittadina si colloca la nascita di una domus comunis (casa del Comune), o domus consilii ricordata già nel 1261.
Il Battistella ritiene che questa casa, che in atti del 1333 appare munita di una piccola torre, si trovasse in quella specie di “piano digradante dalle falde del colle del castello e irregolarmente disseminato di abitazioni” e che “occupasse parte del fondo dove oltre due secoli dopo fu eretta la Loggia attuale.”
Divenuta questa insufficiente per un consiglio di oltre 40 membri e per certi uffici municipali fu necessario prendere una seconda casa il cui pianterreno fu ridotto a loggia, ed era la lobia parva (loggia piccola) la cui prima menzione ricorre solo nel 1334: in essa si riuniva, il giorno di San Michele, il Consiglio popolare, detto dell’Arengo, accordato a Udine dal patriarca Bertrando di San Genesio nel 1340, e composto di tutti i capi-famiglia.
Nei locali del piano superiore erano allogati l’ufficio della cancelleria, l’archivio e l’arsenale.
Nel secolo XIV, come ricordano Joppi e Bonaffons (1887, p. 5), “que’ buoni vecchi fecero dipingere a stimolo di gloria, le gesta dell’assedio di Troia”.
Un inventario dei beni mobili ed immobili del Comune di Udine, redatto nel 1364, fa proprio riferimento ad una lozia de Troianorum et Grecorum bello picta, cioè alla Loggia comunale dipinta con episodi della guerra tra Greci e Troiani.
Il casuale ritrovamento di questi affreschi durante i lavori di restauro (1982) del palazzo Manin a ridosso del colle del Castello, permette di individuare l’ubicazione dell’antico edificio. E di trarre interessanti deduzioni sul grado di acculturazione della città nel secolo XIV. Gli affreschi infatti, pur rovinati (staccati e restaurati sono stati depositati presso i Civici Musei) sono quanto mai aggiornati sul piano iconografico; il ciclo pittorico – di cui sono rimaste quattro scene – si svolge su due registri sovrapposti. Si tratta di scene di battaglia che costituiscono la parte superstite di una decorazione ben più ampia, i cui episodi paiono tratti dal Roman de Troie scritto in versi da Benoît de Sainte Maure intorno al 1160-1170, successivamente ridotto in prosa e largamente diffuso in area veneta. In uno degli episodi, la sottostante iscrizione permette di riconoscere nei due personaggi che si scontrano in battaglia, Carsibilant (figlio illegittimo di Priamo), ucciso da Toas, (cugino di Achille), il cui nome è ripetuto sotto il ventre del bianco cavallo da lui montato.
Gli affreschi paiono opera di anonimi pittori, uno di formazione locale, l’altro di spiccata matrice bolognese, attivi verso il 1360 circa. Doveroso a questo proposito ricordare, in ambito veneto, gli affreschi di argomento troiano eseguiti nei primi decenni del XIV secolo nella Loggia dei Cavalieri di Treviso e quelli che nel 1347 decoravano la reggia dei Carraresi di Padova, con episodi di storia tebana.
Del resto raffigurazioni in grado di richiamare ad antichi e nobili esempi di amore per la propria terra (pulchrum et decorum est pro Patria mori) ben si attagliano a quello che è il ruolo di un palazzo pubblico: ed infatti nei secoli logge e palazzi comunali (si veda per tutti il Salone del Parlamento del Castello di Udine) sono stati decorati, oltre che con stemmi relativi alle famiglie dominanti, con allegorie della giustizia, dell’onore, della virtù, della religione, eccetera.
In questa stessa casa loggiata erano conservate le armi; nella sala maggiore “i consiglieri, seduti su panche di legno, si occupavano degli affari correnti, ricevevano gli ambasciatori trattandoli con confezioni e ribolla (cioè con dolci e vino nuovo) ed ivi i deputati, entrando in carica, ricevevano la colazione di pera, pane e vino” (Joppi, Occioni Bonaffons, 1887, p. 7).
Nel 1418 Venezia diede inizio all’invasione del Friuli: in due anni di guerriglia spietata, caddero in mano dei Veneziani ad una ad una le ville, i castelli e le città di quasi tutto il Friuli. Con la resa di Udine, avvenuta il 4 giugno 1420 e l’entrata in città delle truppe veneziane il 7 seguente, la conquista del Friuli divenne un fatto compiuto: logorato dalle discordie interne, scomparve così dalla storia lo Stato Patriarcale friulano, e la “Patria del Friuli” entrò nel più vasto dominio della Serenissima Repubblica di Venezia, ciò che non fu senza conseguenze, in primo luogo per Udine che, in quanto sede del Luogotenente veneto (che stabilì la propria dimora nel Castello che sovrasta la città e che per due secoli era servito da abitazione al precedente signore, il patriarca di Aquileia), venne interessata da un prodigioso processo di ammodernamento che si concretizzò in primo luogo nella erezione di una nuova Loggia comunale, voluta nel 1441 da Venezia non solo come funzionale e nello stesso tempo splendido edificio costruito secondo i dettami artistici degli edifici veneziani, ma come simbolo stesso del nuovo potere.
Del resto, numerosi furono gli edifici ed i manufatti costruiti dai Veneziani in vari luoghi del Friuli con evidenti scopi “politici”, soprattutto a Cividale che in passato era stata anche sede patriarcale e che nella riorganizzazione del territorio si apprestava a diventare sede di un Provveditore Veneto.
A partire dal 1442 Cividale vide la realizzazione – su progetto di Jacopo Daguro da Bissone – dell’arditissimo ponte in pietra a due arcate, con un unico alto pilastro poggiante su un masso naturale situato in mezzo al fiume Natisone (il così detto Ponte del Diavolo), e la ricostruzione, in forme nuove, del duomo distrutto dal terremoto del 1448.
Il 24 gennaio 1441 il nobile Nicolò Savorgnano, uno dei sette Deputati di Udine, dopo aver premesso che molte città brillavano in maniera straordinaria per i loro magnifici palazzi, aveva affermato che la città di Udine era invece priva “della gloria e dell’onore di un Palazzo Pubblico” per cui era doveroso costruirne uno immediatamente. La proposta fu accettata all’unanimità: il Consiglio stabilì che per l’edificio si spendessero, per cominciare, cento ducati l’anno, e che si desse facoltà ai deputati presenti e futuri di prelevare l’intero reddito del dazio del pane venduto in città fino al compimento dell’opera. L’incarico di redigere il progetto venne affidato ad un esperto “muraro”, l’architetto Cristoforo Orsini, meglio conosciuto come Cristoforo da Milano (Cristophorum muratorem de Mediolano solepnem magistrum), ben noto per aver operato con i fratelli a Venezia nella Ca’ d’Oro, all’albergo della scuola della Carità e nella cappella Borromeo della chiesa di S. Elena, incaricato un paio di mesi più tardi dallo stesso deputato Savorgnano di costruire un nuovo campanile per il duomo di Udine in sostituzione del precedente lesionato da un incendio. In tale occasione Cristoforo da Milano di servì della collaborazione del lapicida ed architetto capodistriano Bartolomeo Costa Sbardilini, detto Bartolomeo delle Cisterne per essersi in gioventù specializzato nella costruzione di tali manufatti. Così anche per l’erezione della loggia udinese Cristoforo volle accanto a sé Bartolomeo.
La Loggia del Lionello, così come oggi appare nella sua struttura architettonica e nelle opere d’arte conservate al pianterreno e nel piano superiore, rispecchia però solo in parte il progetto originale, essendo il risultato ultimo di un lungo percorso, iniziato più di cinque secoli fa. Fu scelto, per la sua edificazione, il luogo occupato da una precedente domus comunis e da altre modeste abitazioni, che vennero abbattute, e nel 1442 si incaricò il capomastro della fabbrica del campanile del duomo udinese, Bartolomeo delle Cisterne, di procurare il materiale da costruzione per la loggia, per cui si mandò in Carnia un maestro carpentiere per la scelta dei legnami adatti. Dopo aver precisato che sarebbero state necessarie in tutto dieci colonne, due grosse per l’angolo nord-est della loggia e otto più sottili, Bartolomeo si offrì di scolpirne una di prova a sue spese, facendola portare a Porto Nogaro in modo che potesse essere vista e giudicata. Ce ne rimane il disegno, con le misure e lo schizzo di una colonna con capitello a foiame (corinzio) e base a goccia d’acqua, del tipo poi eseguito, e poiché la città di Portogruaro, cui ci si era rivolti per l’acquisto, non si era detta a ciò disponibile, Bartolomeo chiese di poterle realizzare da sé.
I documenti non ci aiutano più che tanto a capire che cosa successe negli anni immediatamente seguenti, ma i lavori dovettero procedere a rilento: si hanno comunque varie notizie relative all’approvvigionamento dei materiali. Si giunse così al 1448, che rappresenta l’anno decisivo per la costruzione della loggia. Dopo aver deliberato l’acquisto delle case di Stefano della Burgulina (8 febbraio) ed aver stabilito (7 maggio) che ogni cittadino avrebbe dovuto fornire, a seconda delle sue possibilità, la manodopera perché in Comune non c’era denaro per continuare il lavoro del palazzo, il 10 maggio si nominarono quattro soprastanti alla fabbrica, cioè Nicolò dei Bombeni, Raimondo della Torre, Giovanni Rainoldi e Nicolò Lionello perché, in accordo con Bartolomeo delle Cisterne, sentito anche il parere di alcuni lapicidi, dessero principio alla costruzione della loggia così come loro meglio pareva.
Animate dovettero essere le discussioni sulle modalità di prosecuzione dei lavori e sulla validità del progetto esistente: progetto che fu messo in discussione soprattutto da Nicolò Lionello il quale, il 4 giugno, presentò al Consiglio un suo disegno (unum exemplum notabile, è detto nel documento) per erigere ex novo la Loggia. Il giorno dopo il Consiglio discusse se proseguire secondo quanto stabilito nel 1441 o se dar seguito al nuovo progetto del Lionello: quest’ultimo ottenne l’approvazione di ventitré consiglieri, mentre altri venti chiesero venisse nominata una commissione per verificare l’attuabilità del progetto del Lionello sul terreno già acquistato dal Comune. I verbali non riportano la decisione finale, ma è certo che si deliberò di costruire la loggia secondo questo nuovo disegno: venne così ad assumere un ruolo di assoluta importanza, nella storia dell’edificio, la figura dell’orefice Nicolò Lionello, al cui nome è indissolubilmente legato quello della Loggia.
Nicolò Lionello, che nel 1434 era entrato a far parte del Consiglio cittadino, era artista di prim’ordine nel panorama culturale friulano, essendosi distinto nella realizzazione di capolavori d’oreficeria che gli avevano procurato grande e meritata fama. Ben si comprende quindi come il suo giudizio negativo sul primo progetto della Loggia comunale fosse stato recepito e come la sua proposta di una nuova costruzione fosse stata presa in attenta considerazione. Il Lionello si cimentava forse per la prima volta in veste di architetto, ma è probabile che il suo disegno intendesse solo migliorare quello presentato otto anni prima da Cristoforo da Milano, al quale forse si può far risalire quello spiccato senso di “venezianità” che non è dato tanto da puntuali riferimenti al modello di palazzo Ducale, più apparenti che effettivi, quanto dall’uso, previsto fin dal primo progetto, della pietra bianca e rosa.
“Direttore dei lavori”, fu nominato, nel febbraio del 1450, Bartolomeo delle Cisterne, il quale già nel giugno del 1448 aveva preso contatti con un lapicida di Venezia – quello che aveva fatto la porta del palazzo Ducale (qui fecit portam palacii Venetiarum), cioè Bartolomeo Bon – perché scolpisse, per 50 ducati, una statua, da collocare nella Loggia, raffigurante la Madonna che tiene il Bambino sul braccio destro ed il castello di Udine sul sinistro; Bartolomeo delle Cisterne prometteva di costruire per ottocento ducati (in prima istanza ne aveva chiesti mille) il palazzo fino all’altezza di diciotto piedi, rivestendo “de piera rosa e biancha do facie segondo è cominzado” e le altre due, invece, come “in sul canton è principiado”, di mattoni. Lavorò, Bartolomeo, a stretto contatto con il Lionello, anche se talvolta la diversità di vedute dette luogo a qualche screzio (ad esempio sulla posa delle finestre della stanza del camino: “inter Ser Nicolaum Lionelli et magistrum Bartholameum a Cisternis est aliqua altercacio de fenestris camini palacii, quia unus habet unam intencionem, et alius alteram”).
La costruzione procedette secondo il progetto del Lionello, alcune proposte del quale comunque non vennero accettate (quella ad esempio di rivestire l’esterno solo con pietre bianche e non invece bianche e rosa), mentre altre trovarono la piena approvazione (come la sostituzione delle piccole finestre della stanza del camino con altre più grandi e luminose). Uno dei problemi di difficile soluzione fu quello della collocazione delle scale per salire al piano superiore, scale probabilmente non previste nel primo progetto: all’uopo fu nominata una commissione che deliberò di far porre le scale all’esterno dell’edificio, e di costruirle secondo il disegno presentato da Nicolò Lionello.
La ricca documentazione che ci rimane permette di seguire passo passo la costruzione dell’edificio, con tutte le implicazioni che un lavoro di tal fatta comportava: reperire il legname in larice e rovere (per il tetto) dai boschi friulani; i sassi da costruzione, per i quali si deliberò di mandare dei maestri muratori nei monti per cavare le pietre necessarie; i coppi, da case per l’occasione demolite; le pietre giunte via mare dall’Istria a Monfalcone e di qui portate ad Udine. Per la realizzazione delle parti marmoree venne impiegato un numero consistente di scalpellini, “spizapiera” originari per lo più dei paesi dei laghi lombardi: Amicino da Como, Elia da Bissone, Lorenzo da Como sono solo alcuni dei tanti che collaborarono all’impresa.
Alla metà degli anni Cinquanta i lavori dovevano essere a buon punto: si fecero dipingere gli stemmi già esistenti dei luogotenenti, si decise di far scolpire una figura di San Marco – simbolo del potere veneziano – da collocare in luogo adatto “e bello” (6 settembre 1453), si pagarono sedici ducati al pittore Nicolò di Venzone per un affresco con la Madonna con Bambino e S. Marco nella sala del camino (11 dicembre 1454), si affidò al pittore, intagliatore e maestro vetraio Stefano di Settecastelli il compito di collocare tre coloratissime finestre nella stanza del camino con la raffigurazione del leone di San Marco e dello stemma del luogotenente Girolamo Barbarico (8 dicembre 1455), si commissionarono al pittore e intagliatore tedesco Giorgio di Odorico di Perschon (16 novembre 1456) alcune figure scolpite e dipinte da collocare sopra la finestra che dava su Mercatovecchio.
Alla morte di Nicolò Lionello, avvenuta nell’agosto del 1462, cui poco dopo (29 settembre) fece seguito il licenziamento di Bartolomeo delle Cisterne che, pur stipendiato dal Comune, se ne era andato senza permesso a Vicenza, la costruzione poteva dirsi, nel suo insieme, completata. Ed era infatti già adibita alle riunioni del Consiglio, la prima delle quali si era tenuta nella “gran sala” del palazzo il 29 settembre 1455.

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Loggia del Lionello: Madonna con Bambino di Bartolomeo Bon, sec. XV, sull’angolo tra Piazza Libertà e Mercatovecchio (foto A.G.)

Non era ancora la Loggia che oggi vediamo: era un edificio di minori dimensioni, loggiato ma con una piccola stanza, detta “del camino”, al piano inferiore, ed una grande sala in quello superiore, con due facciate rivestite in pietra bianca e rosa, quella nord-occidentale, la principale rivolta verso Mercatovecchio e quella nord-orientale verso il castello, “fino alla sesta arcata, alla fine dell’attuale balcone centrale. Le altre due facciate, che pare sorgessero su preesistenti costruzioni, erano invece rivestite di mattoni.
Intorno al 1530 il luogotenente Marco Antonio Contarini, per creare una zona di rispetto intorno alla Loggia, fece ampliare e pavimentare la minuscola piazza esistente davanti alla facciata maggiore; nel 1532 il duca di Urbino e generale della Repubblica Veneta Francesco Maria della Rovere, trovandosi a Udine con il suo ingegnere Michele Sanmicheli, insistette presso il Consiglio perché la piazza fosse ancor più allargata e sopraelevata tutta in relazione alla sottostante strada con la quale comunicare – come ancor oggi si fa – a mezzo di apposite scalinate. Suggerì poi la costruzione di una chiesa che sostituisse quella di San Giovanni distrutta dal terremoto, e di un loggiato che allacciasse i due lati della piazza e facesse degna fronte al palazzo del Comune.
Su progetto del 1533 dell’architetto Bernardino da Morcote si diede quindi inizio alla realizzazione della chiesa di San Giovanni, affiancata da una lunga, luminosa loggia, e la piazza trovò la sistemazione che ancor oggi conserva.
Importanti lavori avevano nel frattempo mutato il volto della Loggia e degli edifici circostanti: nel 1492 era stata pavimentata la sala del Consiglio, nel 1494 il 6 novembre si stabilì di costruire una nuova stanza del camino e dieci giorni dopo di allungare la loggia per portarla alle dimensioni attuali; nello stesso tempo si acquistavano le case retrostanti per costruire un nuovo palazzo comunale il cui progetto venne affidato allo scultore e architetto Pietro Lombardo.
Nel 1519 ai fratelli Giovanni Marco e Bernardino da Bissone fu commissionata la fattura di una porta che immettesse alle scale che conducevano al piano superiore, dov’era il cosiddetto palazzo degli Uffici: porta di una certa imponenza, con le tre facce degli stipiti intagliate con motivi ornamentali tipici del repertorio rinascimentale, che ebbe però breve utilizzo: rimossa nel sec. XVII, è oggi conservata presso i Civici Musei…

Sommario:
– La loggia del Comune, di Giuseppe Bergamini
– La fabbrica del Palazzo Comunale di Raimondo D’Aronco, storia tecnica utopia
– Cronologia del nuovo Palazzo Comunale
– Fonti archivistiche e Bibliografia

Leggi tutto nell’allegato: Il Palazzo del Comune di Udine

Periodo Storico: Basso Medioevo
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza