Posta a 750 metri di altitudine, frontalmente rispetto a quella di San Pietro, sull’altra sponda del torrente But, la Pieve di San Floriano è una delle più antiche della Carnia. Si formò forse fin dai secoli IX – X.
Sorge  su uno sperone di roccia del monte “Gjaideit”, in posizione strategica e si innalza per oltre 300 metri a strapiombo sulla valle del But. Da questa sommità la vista spazia sullo scenario di monti e vallate volte a nord verso la Carinzia e ad ovest verso il Cadore. Come le altre pievi la sua posizione strategica la collega a vista con le pieve di S. Maria oltre But e di San Pietro. Faceva quindi parte di quegli edifici di “vedetta”, pievi e castelli (San Nicolò di Alzeri ad Arta, Sutrio, San Daniele di Paluzza, Cesclans e giù attraverso Buia fino ad Aquileia) che potevano essere usati per scambiarsi segnalazioni).
La chiesa plebanale di San Floriano viene fatta risalire al IX secolo. In quel periodo, su un’altura del vicino Monte Gjaideit (mt 1082), si costruì una prima struttura cultuale dedicata a San Vito. Questo edificio, di cui sono ancora esistenti i ruderi, si trovava in posizione visiva dominante sulla conca di Illegio e sulla Valle del But – detta anche Canale di San Pietro, in virtù dell’intitolazione della vicina Pieve di San Pietro di Zuglio.
Ma la storia di questa pieve e del suo piviere sembra portarci a tempi molto più remoti. Pare infatti che già alla fine del IV secolo esistesse un piccolo sacello paleocristiano dedicato a San Paolo, in una località indicata dalla popolazione con il nome dell’apostolo: “in San Pauli”, dove recenti scavi hanno restituito tracce di una piccola aula cultuale paleocristiana. Doveva essere quello l’ambiente sacro in cui si riuniva la primitiva comunità cristiana locale. La Pieve di Illegio era matrice di un piviere che, oltre agli abitati di Illegio e Imponzo comprendeva anche il Canale di Incaroio e i suoi villaggi.
La pieve di San Floriano, secondo alcune contrastanti ipotesi, potrebbe essere stata eretta sui resti dell’antico castello “Castrum de Ilegio” o “Castrum Elecium“, esistente fino al 1316 circa, ma sulla cui collocazione non vi è alcun riscontro archeologico. Il campanile della pieve sarebbe sorto sui resti della eventuale torre del castello.
La chiesa, d’impianto medievale ad una sola navata con abside poligonale caratterizzata da contrafforti in pietra, presenta la tipica copertura in embrici. Soffitto ed arcate sono decorati con stucchi a spigolo di stile gotico; sul fondo è collocata una tribuna sorretta da quattro archetti con parapetto di stucco a trafori. Sotto la tribuna, la porta maestra, con battenti di ferro, fu aperta nel 1706.
Nella parte sottostante l’Abside si aprono due piccoli vani con volta a botte probabilmente testimonianza dell’antica cripta. All’interno vi è conservato ciò che resta dell’altare maggiore, opera pregevole di Domenico da Tolmezzo, eseguita nel 1479, le cui statue originali sono state trafugate; l’altare di sinistra in pietra scolpita e dipinta, di lavorazione inusuale per la religione, è del maestro lombardo Carlo da Corona: vi sono raffigurate la Vergine nella lunetta e in basso la Pietà, fra San Giovanni e San Rocco.
Sul lato nord, contrapposta alla porticciola di ferro che prospetta il campanile, forse l’unica in origine, si apre la cappella di San Vito che accoglie il corpo di San Florido, donato nel 1781. Gli affreschi, raffiguranti “l‘Annunciazione – Santi Profeti – Storie di San Floriano“, che decorano la cappella, sono attribuiti al sandanielese Giulio Urbanis (1540 – 1611).
Data la sua posizione strategica, la Pieve di San Floriano era collegata a vista con quella di Santa Maria Oltre But da un lato e San Pietro dall’altro, in una catena di vedette che, passando attraverso San Nicolò degli Alzeri di Piano Arta, Sutrio, San Daniele di Paluzza, a monte, e Cesclans, Buia a valle, potevano far giungere le loro segnalazioni di chiesa in chiesa, di castello in castello fino al mare d’Aquileia.
Lo scopo difensivo, già presente alla fine dell’Impero Romano, era dunque strettamente abbinato a quello della diffusione del cristianesimo.
Anche la Pieve di San Floriano subì gravi conseguenze dal terremoto del 1348 che tuttavia non le impedirono di mantenere la sua giurisdizione sull’intero canale d’Incaroio, il quale dopo interminabili controversie potè staccarsi ed essere considerato parrocchia autonoma solo nel Settecento.
Dopo il terremoto, la Pieve fu ricostruita sulla sommità del colle, trasformando ed utilizzando probabilmente per il campanile una delle torri del castello.
Nel 1928 la chiesa fu nuovamente sconquassata da un forte terremoto. La devastazione più grande la subì però in epoca moderna, quando l’armata cosacca, nell’ottobre del 1944 vi si asserragliò, distruggendo arredi paramenti, facendo precipitare a valle le pietre lavorate della cella campanaria.
Nonostante l’impegno della popolazione d’Illegio che, salendo quotidianamente alla chiesa per il Rosario, portò con sé i materiali per il ripristino, ma un nuovo terremoto nel 1959, mise a dura prova le strutture, inoltre dieci anni dopo l’opera dei ladri che asportarono le preziose statue di legno del suo altare maggiore.
In questi anni andò persa la bella casa seicentesca che sorgeva nei pressi della chiesa, della quale ci rimane un documento fotografico. Dopo il terremoto del 1959, per eseguire le opere di consolidamento, furono rimossi dalla chiesa alcuni arredi fissi in legno intagliato, d’epoca seicentesca, dei quali sono andate perdute le tracce. Anche di questi arredi, tuttavia, esiste un’interessante documentazione fotografica. Si tratta di due confessionali incassati nel muro, di uno splendido pulpito e dei due baldacchini degli altari laterali.
Fino al 1959-60 appoggiato sulla parete destra della navata, esisteva un grazioso e prezioso pulpito da cui si poteva accedere tramite una scaletta che portava presso l’altare della Madonna. Questo pulpito, finemente decorato e intarsiato, era composto di cinque lati di cui quattro erano ornati da quattro statuette raffiguranti i quattro evangelisti. Questa struttura con assieme ad altre suppellettili, è stata rimossa e non più ricollocata a causa dell’irrecuperabilità delle sue parti; le quattro statuette sono state rimosse e conservate.
Secondo un racconto, Floriano era un veterano dell’esercito romano che viveva a Mantem presso Krems. Avendo saputo che Aquilino, preside del Norico Ripense, durante la persecuzione di Diocleziano, aveva arrestato a Lorch quaranta cristiani, desiderando di condividerne la sorte si recò in quella città. Prima di entrarvi, però, s’imbattè in alcuni soldati, ai quali manifestò di essere cristiano; fu perciò arrestato e condotto dal preside, il quale non riuscendo a farlo sacrificare agli dei, lo fece flagellare e quindi lo condannò ad essere gettato nel fiume Enns con una pietra di mola al collo: la sentenza fu eseguita il 4 maggio 304. Il corpo del martire fu, in seguito, ritrovato e seppellito mentre un’aquila lo vegliava, da una certa Valeria. Sul sepolcro fu costruita una chiesa che, affidata dapprima ai Benedettini, passò poi ai Canonici Regolari Lateranensi ed ora è il centro di una fiorente Congregazione. Nel 1183 alcune reliquie di Floriano furono portate dal vescovo Egidio di Modena a Cracovia dove il duca Casimiro di Polonia edificò in onore del martire una splendida basilica. Il suo culto è molto popolare in Austria e in Baviera ed egli è invocato contro le inondazioni e gli incendi.
La devozione a questo martire  coincide con una forte presenza longobarda sull’altipiano di Illegio dove aveva sede un’importante arimannia.
Il martire Floriano, non è solo protettore degli incendi e delle inondazioni come è tutt’ora venerato in tutta l’area del centro Europa, ma è stato a lui chiesto dalle comunità locali, anche la grazia di proteggere il bestiame dalle gravi epidemie. Era così consuetudine, fino a non molto tempo fa, affiggere la figura del Santo alla porta di ogni stalla di molti paesi vicini a questa Pieve, con l’intento che la sua presenza potesse allontanare queste epidemie che creavano a questa popolazione grosse difficoltà nelle già precarie situazioni economiche.
Una statua di S. Floriano è stata posta nella cappella a lui originariamente dedicata. La scultura del martire Floriano, rappresenta il legionario con in mano il secchio intento a spegnere il fuoco. Questa statua è fatta risalire verso la fine dell’ottocento, è di autore ignoto ma di sicura provenienza di scuola tirolese.
La Pieve nonostante aver subito le forti scosse telluriche dei terremoti degli anni 1918 – 1928 – 1959 – 1976, fu sempre stata ripristinata e tuttora è accessibile a chiunque la voglia visitare. Nella sua posizione strategica e dominante, in cima ad un costone roccioso, la Pieve è raggiungibile da comodi sentieri che partono dai rispettivi paesi di Illegio, Imponzo e località Tramba. Il sentiero che tutt’oggi è più importante e utilizzato, per raggiungere la Pieve, è quello che parte da Illegio.
L’Ancona dell’altare composta di 14 statue. Nel piano inferiore, al centro è posta la statua di San Floriano in dimensioni maggiori con ai lati i Santi Vito, Pietro, Paolo, Bartolomeo, Nocolò e Maurizio. Nell’edicola centrale la Madonna orante con Bambino sulle ginocchia. I Santi Sebastiano, Giovanni, Battista, Caterina da un lato e Luca, Leonardo e Rocco dall’altro.
Sin dall’origine nella Pieve venivano celebrate le funzioni religiose più importanti del calendario cristiano e così pure venivano eseguiti i riti del battesimo e della sepoltura per tutta la comunità che faceva parte del suo territorio. Col tempo ed in particolare verso il XIV secolo, nacquero in ogni villaggio le prime filiali che avevano il compito di celebrare le funzioni ordinarie per colmare quelle difficoltà sorte per la lontananza della Pieve dai singoli villaggi e per l’impraticabilità che la lunga stagione invernale imponeva. Comunque, tempo permettendo, alla Pieve ci si recava anche nel periodo invernale ma, le festività che ricadevano nel periodo primaverile e di metà estate, assumevano una solennità maggiore soprattutto per la notevole presenza di fedeli (4 maggio in ricorrenza della morte del Santo, la domenica successiva, l’Ascensione, le Pentecoste, il Corpus Domini). Nella giornata che ricorreva l’anniversario della morte del Santo, si svolgeva un rituale molto antico così chiamata “la rogazione” dove, di buon mattino, le comunità si accingevano a raggiungere il colle implorando la protezione del Santo per tutte quelle difficoltà e disgrazie che costantemente assillavano queste terre. Questo rito oggi viene praticato solo dalla comunità di Illegio ormai sola responsabile di questa Pieve.
Sul ciclo di affreschi medievali all’interno della pieve, vedi >>> Il caso di San Floriano di Illegio (da http://www.academia.edu, a firma Stefano Roascio).

Gli scavi archeologici:
Nei pressi della cappella di San Floriano, ad una profondità di poco più di un metro dal pavimento, sono emersi i resti di un battuto in malta sistemato sul piano della roccia e collegato a piccoli muretti. In questi resti si può riconoscere un ambiente di modeste dimensioni, ricavato nelle balze naturali del monte, che costituisce una tra le testimonianze più antiche dell’area. Si potrebbe forse collegare ad uno strato di suolo nero, emerso in corrispondenza del campanile, dove si presume avenissero frequenti combustioni di legna, come dimostra la copiosa presenza di piccoli carboni, uno dei quali è stato datato fra il 176 a.C. e il 3 d.C.
Almeno dall’epoca romana dunque, sul monte di San Floriano, si svolgevano opere di disboscamento e roghi di legna, ma se si trattasse di un culto o di semplici attività silvo-pastorali non è facile da stabilire.
Occorre arrivare al IX-X sec. per trovare le più antiche tracce della Pieve di San Floriano, costituite dai resti di sepolture di individui privi di corredo, avvolti in un sudario, come richiesto dalla Chiesa. L’esistenza di questo piccolo cimitero che manifesta chiaramente l’abbandono delle pratiche sepolcrali pagane, proverebbe l’esistenza della Pieve di San Floriano, attestata nei documenti scritti dal XIII sec., già a partire dal IX sec.
l’edificio di culto si trovava nella parte nord della chiesa attuale, in corrispondenza delle due entrate e della cappella di San Floriano, mentre il cimitero era posto a sud.
Nell’angolo nord si è rivenuta un’interessante struttura liturgica: un pozzetto incastrato nel muro perimetrale e una nicchia, collegata a sua volta con una feritoia ricavata nello spessore del muro stesso. Si tratta di una piscina sacrarii, databile al XIII sec. oltre all’acqua del battesimo, il pozzetto doveva essere destinato a raccogliere i resti dell’arredo liturgico, non più utilizzabili, ma che non potevano essere allontanati dalla chiesa, essendo consacrati. Fra questi si sono ritrovati frammenti di tessuti e di vetro, costituiti da finestre e lampade ad olio.

Orari di apertura:
La Pieve è visitabile in concomitanza di celebrazioni, eventi o aperture programmate, riportati di seguito (scheda Celebrazioni e Aperture).

Bibliografia:
Cicli affrescati di XIII e XIV secolo nelle pievi: il caso di San Floriano di Illegio, Stefano Roascio, in Le pievi in Carnia: novità e riletture da recenti scoperte archeologiche, a cura di Aurora Cagnana, Mantova 2012, pp. 73-87.

Periodo Storico: Alto Medioevo
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza