spilimbergo

La chiesa di Sant’Antonio Abate della frazione di Barbeano di Spilimbergo sorge a poca distanza dal torrente Cosa e risale con tutta probabilità alla prima metà del 1300 quando doveva trovarsi in aperta campagna. E’ un piccolo scrigno di opere d’arte in particolare il cinquecentesco portale opera di Carlo da Carona (attivo dal 1509 al 1545) ed un ampio ciclo affrescato da Gianfrancesco da Tolmezzo (attivo tra il 1481 e il 1510). L’attuale edificio venne costruito nel XIV secolo e consacrato il 15 luglio 1459.
A metà del 1900 venne privata del portico ed una parte della popolazione del paesino consigliò al parroco di demolire la chiesa, poiché non si riteneva di poter recuperare in alcun modo l’edificio ed il ciclo di affreschi fatiscenti. Il terremoto del 1976 aggravò la situazione ma un primo intervento fu promosso tra il 1979 e il 1983 mentre un complessivo restauro conservativo venne realizzato nel 2002 salvando così l’edificio.
spilimbergoLa facciata è semplicissima con un portale fiancheggiato da due finestre rettangolari. Dall’architrave, sporgente dal filo della facciata, si alza un campaniletto a vela con piccolo occhio e monofora a tutto sesto. Un motivo decorativo ad archetti pensili incrociati corre sotto la gronda lungo tutto il perimetro. Sul lato destro si aprono due finestrelle a feritoia ed un portale in pietra decorato con fiori e angeli in rilievo. Sempre sul lato destro è addossato un piccolo ambiente adibito a sagrestia.
Realizzato nel 1512 il portale è attribuito per motivi stilistici a Carlo di Francesco da Carona (detto Carlo da Carona o Carlo da Udine) oggi ritenuto uno dei più interessanti lapicidi lombardi operanti in regione nel Cinquecento. Nacque verso il 1485 e si trasferì ancora giovane in Friuli, prima a San Daniele e poi a Udine. Attivo dal 1509 al 1545, ha lasciato diverse sculture che testimoniano la sua arte: fonti battesimali, portali, altari, statue e bassorilievi realizzati con un linguaggio originale, con forme robuste ed espressive, volti assorti e ieratici, ispirati alla severa spiritualità medievale e nordica.
Il portale, di semplice fattura, presenta motivi cari agli scultori lombardi (tulipani, baccelli, rose) e sull’architrave presenta l’iscrizione: “ANTONIO PATRI SIT SEPER LAETA CATERVA M.D.X.II.” Interessanti sono le sette figure in bassorilievo: quattro testine alate di putto sui due dadi alla base degli stipiti, il Padre eterno nella faccia interna dell’architrave, e due santi sui lati interni degli stipiti, a sinistra Santa Maria Maddalena con in mano il vaso con gli unguenti (per altri si tratta invece di San Giovanni) e a destra Sant’Antonio Abate con in mano il pastorale, la campanella ed ai suoi piedi il maiale.
spilimbergoAll’esterno, sul lato destro si trovano due affreschi molto deteriorati: una Madonna con bambino in trono e una figura di Sant’Antonio Abate identificabile dalla lunga barba e dalla campanella.
L’interno è ad aula unica, separata dal coro dall’arco trionfale. L’abside presenta una volta a crociera con grossi costoloni che delimitano le quattro vele. Il coro è illuminato da una monofora a tutto sesto sulla destra. La copertura dell’aula è a capriate lignee a vista, la pavimentazione è costituita da mattonelle in cotto.
All’interno il coro è interamente affrescato da Gianfrancesco da Tolmezzo, conosciuto dai Signori di Spilimbergo fin dal 1481, allorché venne da essi investito di un piccolo feudo. Pur essendo attivo in zona dal 1482 non sembra abbia mai avuto commissioni di rilievo nella città di Spilimbergo.
Sulla datazione del ciclo di Barbeano vi è stata una lunga discussione. Oggi è accettato il fatto che furono eseguiti prima del 1489, data di un documento nel quale si cita il fatto che il pittore rinuncia ad un credito di 40 ducati che vantava per pitture eseguite nella chiesa campestre di Barbeano, a favore dei nobili di Spilimbergo, pagamento che sarà fatto solo nel 1491. Sembra che, come l’attribuzione del feudo anche il subentro dei Signori di Spilimbergo in un credito probabilmente pressoché inesigibile fosse espressione del loro favore verso il pittore. Tuttavia questo documento non è da tutti inteso allo stesso modo, tant’è che qualcuno ha pensato di retrodatare gli affreschi al 1481 quando cioè il pittore venne investito del feudo, il che renderebbe il ciclo di Barbeano la prima opera nota del pittore. Forse per le diverse idee sulla datazione del ciclo la valutazione sugli affreschi oscilla, a seconda degli autori, tra un’opera che “tradisce le smagliature e le incoerenze tipiche dell’esordiente” ed un’opera nella quale “il linguaggio del pittore appare pienamente formato, con le sue peculiari caratteristiche, fin dal suo primo apparire”.
spilimbergoGianfrancesco è da molti considerato il vero iniziatore del Rinascimento friulano, almeno per quanto attiene la pittura, e il pittore cui si debbono i migliori cicli di affreschi quattrocenteschi esistenti in regione. Nacque a Socchieve, intorno al 1450 e si sa per certo che fu attivo tra il 1482, data della sua prima opera firmata, e il 1510. Nulla si conosce del suo periodo formativo, prima cioè dei trent’anni, anche se la sua formazione avvenne probabilmente, in terra veneta, dato che le sue opere sentono l’influsso dei più importanti pittori veneti coevi, così come risulta evidente che vennero influenzate anche dalle incisioni nordiche che giravano a Venezia nello stesso periodo. Alcune sue opere sono caratterizzate da uno stile grafico così accentuato da far dire ad alcuni studiosi che si tratta di “disegni colorati”, dove il colore assolve ad un’unica precisa funzione, ossia quella di riempire gli spazi tracciati dal segno di contorno, senza notazioni chiaroscurali.
Nonostante i considerevoli danni subiti sono ancora leggibili alcune grandi scene sulle pareti, mentre meglio conservati sono gli affreschi della volta. Tracce superstiti della decorazione dello zoccolo testimoniano come in origine il ciclo fosse completato da eleganti motivi ispirati alle decorazioni presenti sui tessuti dell’epoca.
Nell’intradosso dell’arco trionfale sono rappresentati busti di Profeti entro finte nicchie da cui traboccano illusionisticamente, sono riconoscibili Davide e Giona. Alcuni autori attribuiscono queste figure così come quelle degli Apostoli presenti sulla parete destra del coro alla mano di Pietro di San Vito.
spilimbergoLa parete di fondo riporta due scene piuttosto lacunose, ma ancora leggibili, del Nuovo Testamento: sopra, all’interno della lunetta, la Natività, e sotto l’Adorazione dei Magi.
Nella Natività Gianfrancesco introduce alcune particolarità come il bambino che non è mostrato all’interno della mangiatoia, che è visibile vuota dietro a Maria, con le tradizionali figure del bue e dell’asinello, bensì è steso nudo e senza fasce su un panno bianco sulla nuda terra. Maria, prega con il volto teso e le mani giunte e lo sguardo mesto che rivolge al bambino richiama la profezia di Simeone “anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Giuseppe è rappresentato un po’ discosto da Madre e Bambino, a sottolineare il suo ruolo di protettore e custode ma non di padre. Sul fondo in alto nel paesaggio collinoso è rappresentato l’annuncio ai pastori.
Al di sotto, in un contesto molto simile si vede il corteo e l’Adorazione dei Magi. Qui però la figura della Madonna e quella del Bambino sono molto diverse: la Vergine siede in trono avvolta in un mantello blu che copre una veste ricca ben diversa da quella semplice della Natività e mostra il figlio al primo dei saggi, con l’atteggiamento di una regina che presenta il proprio neonato al popolo. Gesù, seduto sulle sue ginocchia, benedice il primo dei sapienti tenendo in mano la pisside d’oro, dono del mago. Giuseppe invece è vestito semplicemente come nella Natività e tiene in mano il suo copricapo in segno di rispetto. Vi è stata riconosciuta l’immagine presente in una delle stampe del Maestro di Zwolle, incisore attivo nei Paesi Bassi fino a fine XV secolo. Nella scena gli altri due magi, i cui ricchi abiti mostrano il loro rango, attendono il loro turno portando incenso e mirra mentre sullo sfondo si snoda il lungo corteo cavalleresco in un ampio e semplice paesaggio.
La parete di destra è condizionata dalla presenza della finestra e gli affreschi sono in parte scomparsi per la successiva apertura della porta della sacrestia. L’unica scena rappresenta l’Ascensione di Cristo mostrato in alto nella cuspide con quattro angeli che lo sostengono e lo spingono dignitosamente verso l’alto. Attorno a lui angeli musicanti con i tipici strumenti dell’epoca. In basso assistono alla scena gli apostoli ritratti in file in atteggiamento composto con tratti fisici realistici rughe, barbe, capelli fluenti e con gli occhi levati al cielo.
La decorazione della parete sinistra si è conservata solo nella parte più alta ed in quella più bassa. Nella lunetta e nella parte alta della parete il pittore rappresenta il Giudizio Universale. Centrale è la figura trionfale del Cristo giudice che emerge da una mandorla circondata da un doppio coro di serafini e di cherubini. Con il volto solenne, i capelli dorati, il corpo muscoloso avvolto in un mantello di colore rosso, simbolo del martirio, Egli mostra i fori dei chiodi sulle mani e sui piedi e indica la piaga sul costato, aperto e sanguinante. Cristo giudice pronuncia il suo giudizio finale: la sentenza favorevole è sintetizzata dal giglio della misericordia, dipinto a lato della sua bocca; la sentenza di condanna è invece simbolizzata dalla spada della giustizia.
spilimbergoIn alto ai lati della mandorla quattro angeli recano gli strumenti della passione: la colonna della flagellazione, la canna con la spugna imbevuta di aceto, la lancia del soldato, la corona di spine abbandonata sulla croce. In basso si vedono gli intercessori tra Cristo giudice e l’umanità: Maria, la madre di Gesù a destra, e Giovanni Battista a sinistra, ciascuno affiancato da sei apostoli, tutti inginocchiati con mani giunte e occhi rivolti al cielo. Sotto la mandorla quattro angeli si rivolgono ai quattro angoli del mondo intrecciando le loro squillanti buccine per chiamare i morti alla risurrezione finale. Il loro invito (surgite mortui, venite ad iudicium) è riportato nei cartigli volteggianti.
In basso a sinistra è descritto l’ingresso del corteo dei beati in Paradiso, raffigurato come la Gerusalemme celeste, con le mura tempestate di gemme e gli angeli sulle dodici torri. Sulle porte aperte un’orchestra di angeli accoglie i beati che all’interno della città troveranno il giardino del paradiso terrestre. Il resto della scena è pressoché perduto, da pochi lacerti si intuisce il corteo dei beati mentre del tutto perduta è la parte relativa al tormento dei dannati.
Nella volta, al centro delle vele pesantemente ridipinte, dominano le figure dei Dottori della Chiesa assisi su troni formati da cattedre-librerie rinascimentali, con gli sportelli aperti o semiaperti da cui traboccano i libri, e da dossali di chiara ispirazione gotica con cuspidi, nicchie e colonne, mentre ai lati di questi nei pennacchi trovano posto i quattro Evangelisti e quattro Profeti.
Lungo la navata destra sono visibili altri frammenti di affresco. In prossimità dell’arco santo si vede una serie di piccole arcate contenenti quattro Santi a figura intera ritenute opera non di Gianfrancesco bensì di un maestro sanvitese del primo Cinquecento.
L’esterno dell’arco trionfale è privo di pitture forse a causa delle modifiche che interessarono l’edificio, mentre non è chiaro se, nelle intenzioni della committenza, fosse prevista anche la decorazione delle pareti dell’aula, considerato che sulla parete destra, tra la porta d’ingresso e quella laterale, sono visibili dei disegni preparatori, o sinopie, tracciate sull’intonaco grezzo con figure nelle quali sono riconoscibili gli Evangelisti con i loro simboli. Da alcuni è stata avanzata l’attribuzione allo stesso Gianfrancesco.
Fra l’aula ed il presbiterio, a sinistra dell’arco trionfale, è collocata una statua raffigurante Sant’Antonio Abate con i caratteristici attributi: il bastone e la campanella nella mano destra, il libro nella mano sinistra ed il maiale ai suoi piedi.
All’interno della chiesetta è presente a destra dell’ingresso principale un’acquasantiera a stelo del XV secolo mentre una a muro del XVI si trova accanto all’ingresso laterale.

Fonti
– Bergamini Giuseppe. Note su alcuni affreschi del quattro e cinquecento nello spilimberghese in Antichità Altoadriatiche XVIII Studi Spilimberghesi Centro di Antichità Altoadriatiche Casa Bertoli Aquileia. Udine Arti Grafiche Friulane 1980
– Bergamini, Giuseppe Arte e artisti del Rinascimento a Spilimbergo In: Spilimbèrc: 61m Congres, 23 di setembar 1984 – P. 333-36
– Bergamini Giuseppe La scultura di Carlo da Carona. Società Filologica friulana 1972
– Bergamini Giuseppe. Architetti e lapicidi ticinesi in Friuli tra Quattro e Cinquecento. Uno sguardo d’assieme. In Artisti in Viaggio 1450-1600 Presenze foreste in Friuli Venezia Giulia. Atti del Convegno “Artisti in viaggio, 1450-1600. Presenze foreste in Friuli Venezia Giulia” Villa manin di Passariano, Codroipo (Udine), 24-25 ottobre 2003
– Bergamini Giuseppe e Tavano Sergio. Storia dell’arte nel Friuli Venezia Giulia. Chiandetti Editore, Reana del Rojale 1991
– Bergamini Giuseppe e Paolo Goi Secoli d’arte a Spìlimbergo, la splendida Città del Mosaico in Friuli nel Mondo Anno 47 – Numero 526 Luglio 1998
– Bonelli Massimo. Il restauro dei cicli di Barbeano e Provesano in Bonelli Massimo, Casadio Paolo. Gianfrancesco da Tolmezzo. Il restauro degli affreschi di Barbeano e di Provesano. Comune di Spilimbergo. Comune di San Giorgio della Richinvelda 1983
– Casadio Paolo Gianfrancesco da Tolmezzo a Barbeano e a Provesano in Bonelli Massimo, Casadio Paolo. Gianfrancesco da Tolmezzo. Il restauro degli affreschi di Barbeano e di Provesano. Comune di Spilimbergo. Comune di San Giorgio della Richinvelda 1983
– Pastres Paolo Quattrocento e Cinquecento in Pastres Paolo (a cura di) Arte in Friuli dal Quattrocento al Settecento. Società Filologica Friulana, Udine 2008
– Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Quaderni del Centro di Catalogazione e restauro dei beni culturali. 16 Spilimbergo. Villa Manin di Passariano Udine 1984
– Rizzi Aldo Profilo di storia dell’arte in Friuli. 2. Il Quattrocento e il Cinquecento. Del Bianco Editore 1979.
– Toffolon Simone L’opera di Gianfrancesco da Tolmezzo a Barbeano e Provesano: iconografia tra tradizione e innovazione. Tesi di Laurea. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Anno Accademico 2013 – 2014
– Sito internet CHIESE ITALIANE  http://chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/schedacc.jsp?sinteticabool=true&sintetica=true&sercd=65793#

Info:
Via Nazionale 4 33097 Spilimbergo (all’angolo tra Via Nazionale e Via San Michele).
La chiesa è normalmente chiusa

Data ultima verifica: agosto 2023

Autore: Marina Celegon

Galleria immagini: Marina Celegon

Periodo Storico: Basso Medioevo
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza