La necropoli di Socerb/San Servolo e il probabile castelliere si trovano oggi in territorio sloveno poco ad est di Trieste. Facevano parte di un sistema di castellieri ancora attivi tra il VI-V e il IV sec. a.C. al limite nord-occidentale dell’area occupata dagli antichi Istri.
La necropoli, protostorica e romana, fu esplorata tra il 1902 e il 1904 da Karl Moser, naturalista, speleologo e studioso di preistoria austriaco che insegnò per molti anni a Trieste.
Furono messe in luce centoundici tombe protostoriche e cinquantaquattro di età romana. Gli scavi furono sospesi dopo numerose interruzioni dovute a motivi di carattere economico e alla instabilità del terreno. Altri materiali, raccolti all’epoca da contadini del luogo, furono dispersi tra aste, raccolte private e vari istituti scientifici stranieri.
Il rapporto di scavo venne pubblicato dalla I. R. Commissione centrale per la ricerca e la conservazione dei monumenti di storia ed arte di Vienna e i materiali furono consegnati all’allora Civico Museo di Antichità di Trieste. I corredi, che risultavano frammischiati e incompleti già poco dopo lo scavo, sono stati oggetto di una recente revisione e pubblicazione curata dai Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste.
La necropoli era caratterizzata in tutto il suo arco temporale, dalla tarda protostoria all’età romana, dalla cremazione dei defunti, le cui ceneri venivano deposte in cassette irregolari di lastre di arenaria o in semplici buche.
Gli studi recenti hanno permesso di ricostruire undici complessi funerari protostorici in una sequenza di quattro fasi. Nelle prime due (V-IV sec. a.C.) i corredi sono attribuibili alle popolazioni di cultura hallstattiana che nel V sec. a.C. occupavano i territori dell’area alpina e subalpina sud-orientale. Nel IV sec. a.C. le tombe maschili sono caratterizzate dalla presenza di armi: asce ad occhio e punte di lancia in ferro. Questa connotazione guerriera viene letta come una reazione degli autoctoni alla pressione in atto da parte dei Celti dell’Europa centrale danubiana. Successivamente (III fase) compaiono in alcune tombe oggetti di corredo, in particolare armi attribuibili a singoli individui di stirpe celtica entrati nella seconda metà del II sec. a.C. nella comunità locale: lo conferma una coppia di fibule filiformi in ferro di tipo celtico attribuibile a guerrieri.
La terza fase (inizi II sec. a.C.) è rappresentata dalla tomba 38, considerata da Moser “la più grande e la più bella”, che conservava l’uso locale della cassetta in lastre di arenaria. Il corredo era composto da una spada piegata in ferro e resti del fodero, da un anello pertinente alla cintura di sospensione della spada, da una punta di grande lancia in ferro e dal filetto di un morso equino, ora perduto.
Nella IV fase (avanzato II-I sec. a.C.9 spariscono le armi ma sono presenti numerose fibule di tradizione celtica, prodotte localmente o in area cisalpina.
In quest’ultimo periodo i corredi sono pertanto connotati dalla presenza di oggetti di tipo celtico per lo più di fattura locale, come paiono dimostrare numerosi aspetti tecnici.

Fonte e Bibliografia: Flaviana Oriolo, Giuliano Righi, Angela Ruta Serafini, Serena Vitri. Celti sui monti di smeraldo, Luglio Editore, San Dorligo della Valle TS, sett. 2015.

Periodo Storico: Protostoria
Localizzazione Geografica
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