Il monte Olmeto-Brestovec di mt. 209 sovrasta la strada statale 55 del “Vallone” all’altezza di Devetachi presso il bivio che conduce, dopo aver superato il confine italo-sloveno, al paese di Loquizza (Lokvica). I nomi italiani “olmeto” ma anche “Brestovo” e “Brestovi” sono poco conosciuti essendo entrati nella toponomastica negli anni ’20 dello scorso secolo: molto più utilizzato da tutti il nome sloveno “Brestovec”.
La strada più agevole per arrivare su questo monte, lunga circa 1,5 km. a fondo naturale, parte dalla località Cotici inferiore ed è interdetta ai mezzi motorizzati. Si può raggiungere il Brestovec anche da Cotici superiore con un percorso un po’ più lungo, sempre su strada sterrata.
Consigliabile il giro completo, di circa 5 Km. da Cotici inferiore a Cotici superiore (o viceversa), con magnifici scorci panoramici sul Carso di San Michele – San Martino, di Doberdò e di Castagnevizza-Comeno.
Poche sono le alture carsiche che presentano una storia così lunga e interessante, per quanto poco conosciuta. Il primo a notare la posizione strategica del Brestovec fu l’archeologo triestino Carlo Marchesetti che nella sua opera “I Castellieri Preistorici di Trieste e della Regione Giulia” così descrisse nel 1903 le risultanze delle sue ricerche effettuate sul Brestovec a fine ‘800: …esso giace sopra un cocuzzolo di 209 metri ed è a duplice cinta, mancante di vallo dalla parte di mezzogiorno, ove trova validissima difesa nelle aspre rocce dentellate. La sommità del monte, del pari totalmente rocciosa, presenta un vallo parzialmente conservato di 2 o 3 metri di grossezza e della periferia di soli 75. In miglior stato trovasi il vallo esterno, largo da 4 a 6 metri, del quale esistono ancora 160 metri, con un bel ripiano di 6 a 8 metri che si restringe e cessa al lato meridionale. La natura rocciosa e la fitta vegetazione ne rendono alquanto malagevole una misurazione precisa. Nei punti dilavati veggonsi abbandonati cocci di rozzo impasto…”
Queste note di Marchesetti risultano oggi particolarmente interessanti. L’altura, a causa della sua posizione strategica, durante la I° Guerra mondiale venne bombardata dalle artiglierie italiane; dopo il 10 agosto 1916 dai cannoni austro-ungarici che cercavano di colpire le batterie della 23° Divisione del regio esercito che avevano occupato anche il Brestovec, dopo la ritirata austro-ungarica oltre il Vallone, sulle pendici del Nad Logem, già in precedenza sistemate a difesa dagli imperiali.
Non risulta che ci siano stati altri studiosi, oltre al Marchesetti, a esaminare in modo scientifico le rovine del Castelliere preistorico, ridotte, dopo la I° Guerra mondiale a pochi resti a causa dei sconvolgimenti provocati dalle centinaia di cannonate ricevute e dall’utilizzo delle pietre che costituivano la cinta muraria, per opere militari.  Nulla perciò si può dire di certo sull’origine e gli avvenimenti antichi verificatisi nel sito, che probabilmente ebbe una storia simile a quella di altri castellieri viciniori come il “Castellazzo” di Doberdò, sicuramente in collegamento tramite segnalazioni visive con il Brestovec.
Così si può ipotizzare che la sua frequentazione da parte di popolazioni forse illiriche all’inizio, per scopi difensivi e di controllo del territorio, nell’età del ferro per proseguire in epoca romana, considerando anche che ai piedi del Brestovec nel Vallone passava una strada romana, messa in luce in piccola parte dal triestino Abramo Schmid in località “Cukišce” negli anni ’70 dello scorso secolo.
Difficile anche fare ipotesi riguardanti i motivi e il momento di abbandono della struttura, avvenuto forse in età barbarica o medioevale.
Il Brestovec, dimenticato per molti secoli, divenne durante la I° Guerra mondiale un importante osservatorio per regolare il tiro delle artiglierie austro-ungariche tanto che, nella parte scoscesa ma riparata verso il Vallone, fu posta la sede del comando della 17° Divisione di fanteria austro-ungarica.
I resti di una cappella, recentemente ritrovati, e soprattutto d’interessanti iscrizioni, indicano il punto preciso in cui era sistemato il comando della 17° Divisione e della 17° Brigata di artiglieria.
Una foto degli anni 1915 o 1916 ritrovata da alcuni ricercatori ha indotto gli stessi a una indagine sul campo che ha portato al rinvenimento, appena sotto la cima del Brestovec, di un grande masso con degli incavi che alloggiavano nella parte inferiore una lunga scritta in tedesco che tradotta in italiano così recita: Santa Barbara, aiuta i tuoi a te devotamente fedeli figli, regala successo ai nostri proiettili, guida la loro sibilante traiettoria, rinforza la guardia sull’Isonzo e mostra agli amici di un tempo come per fedeltà e parola noi adempiamo qui al dovere.
Sotto questa scritta un’immagine di Santa Barbara, protettrice degli artiglieri e un inginocchiatoio. Nella parte superiore era appeso un crocefisso con parte del gancio di attacco ancora visibile. Lateralmente una seconda scritta in tedesco: Posizione di combattimento del comando della imperial e regia 17° Divisione di fanteria – comando della imperial e regia 17° Brigata di artiglieria – 1915 – 1916. Infine sotto a questa un’altra lapide con iscrizione in italiano apposta dai minatori della 18° Compagnia del 5° genio.
Queste tre incisioni su pietra già inserite nelle apposite cavità del grande masso si trovano oggi al Museo della Grande Guerra a Gorizia, forse prudentemente tolte dalla loro collocazione negli anni ’50 del secolo scorso dall’ingegner Paolo Caccia Dominioni (1) e qui depositate per preservarle da una probabile asportazione abusiva o da distruzioni vandaliche.
Come già ricordato, dopo il ritiro dal Brestovec delle truppe austro-ungariche, lo Stato Maggiore del regio esercito decise di costruire sotto la cima la più poderosa cannoniera di tutto il fronte del Carso, dotata di 8 cannoni da 149 mm. prolungati e da 2 cannoni da 75 mm. Per la difesa del fortilizio altre 2 cannoniere, meno armate di questa, vennero costruite quasi contemporaneamente sotto coma 3 del San Michele e a Cotici. L’incarico di scavare la ciclopica opera venne alla 3° Compagnia del 5° Genio minatori e i lavori proseguirono dal gennaio all’agosto 1917, come ricorda un’altra lapide posta all’interno della cannoniera. Il fortilizio di Brestovec era il più avanzato dei tre e il campo di tiro era soprattutto diretto verso il Carso di Castagnevizza e di Comeno, ove erano collocate le riserve ed i rifornimenti dell’esercito imperiale. Circondava la cima un’intricata rete di trincee, postazioni di mitragliatrici, fortini blindati atti a bloccare un eventuale attacco della fanteria austro-ungarica.
La cannoniera del Brestovec, come anche le altre due, vennero poco utilizzate in quanto dovettero essere abbandonate in fretta e furia a fine ottobre 1917, durante la ritirata di Caporetto: il fronte di guerra si stava stabilizzando sul Piave.
Negli anni ’50 dello scorso secolo, durante il periodo della “Guerra fredda”, l’esercito italiano costruì sul Carso numerose fortificazioni, talvolta utilizzando parzialmente costruzioni risalenti alla I° Guerra mondiale, onde vigilare oltre la “Cortina di ferro”.  Le cannoniere del Brestovec e i dintorni della cima vennero fortificati con nuove opere belliche che rimasero in funzione sino ai primi anni ’90. Per progettare tali nuove opere venne chiamato come esperto e consulente il già citato ingegner Paolo Caccia Dominioni già tenente della 3° Compagnia lanciafiamme sul Carso.
Recentemente il Comune di Savogna d’Isonzo ha intrapreso un’opera di restauro della cannoniera del Brestovec e delle fortificazioni e trinceramenti situati negli immediati dintorni, costruendo anche dei sentieri che conducono agevolmente sulla cima dell’altura, dalla quale si gode uno splendido panorama.  Gli ingressi alle cannoniere sono stati chiusi con cancellate di ferro.

Autore: Giorgio Cerasoli

Bibliografia:
–    A. Schmid, Il Vallone del Carso, Trieste1985, Società Alpina delle Giulie;
–    C. Marchesetti, I Castellieri preistorici di Trieste e della Regione Giulia, Trieste 1903;
–    I. Gariboldi, Le grotte di guerra in “Le vie d’Italia”, T.C.I., Gennaio 1925;
–    A. Bollati, Gorizia 1916 – Corbaccio, Milano 1935.

(1)  Paolo Caccia Dominioni (Nerviano 1896 – Roma 1992). Di famiglia lombarda fu tenente volontario della 2° sezione lanciafiamme sul Carso durante la 1° Guerra mondiale. Nel 1935 partecipò alla guerra d’Etiopia e nel 1941-42 comandò il 31° battaglione guastatori d’Africa, combattendo nella battaglia di Al Alamein. Nel 1944 entrò nella resistenza e fece parte di una brigata partigiana.
Pluridecorato per meriti di guerra nel 1948 in Egitto si dedicò per molti anni alla ricerca delle salme di caduti in combattimento ed essendo architetto, progettò il sacrario di Q.33 presso Al Alamein. Nel 1958 tornò in Italia e divenne consulente dell’esercito italiano per le nuove opere di fortificazione sul Carso.
Risiedeva presso la trattoria “da Tommaso” a Gabria dove è ancora esposto in una sala da pranzo un suo grande pannello su legno raffigurante il campo di battaglia tra Merna e Gabria nel 1916.
Scrisse diversi libri tra cui interessante “Diario 1915-1919” del 1965 con precise e minuziose descrizioni di avvenimenti bellici sul Carso e molti disegni e cartine. Valente disegnatore, negli anni ’70 dello scorso secolo realizzò molte cartoline di carattere militare e civile riguardanti il Goriziano.

Fonte: Bollettino della Società Friulana di Archeologia XVIII – 1 – 2014.

Periodo Storico: Protostoria
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza