sauris

La prima menzione che si conserva di Sauris risale ad un documento del 1280. L’ipotesi che “coloni” di stirpe tedesca provenienti dalla bassa Carinzia si fossero stabiliti in zona alla metà del XIII secolo è confermata dai recenti studi sul dialetto locale oltre che dal fatto che le chiese più antiche vennero dedicate a San Lorenzo e a Sant’Osvaldo, due martiri del III e VII secolo, il cui culto era molto diffuso in Carinzia. In particolare, per Sant’Osvaldo si ha certezza di un culto ben radicato fin dai primi decenni del Duecento.
In un documento del 1344 il vicario del patriarca Bertrando di Sant-Geniès confermava alla chiesa di San Lorenzo a Sauris di Sopra (e analogamente a quella di Sant’Osvaldo a Sauris di Sotto) quaranta giorni di indulgenza per chi avesse visitato gli edifici sacri in alcune festività religiose, indulgenza già concessa una prima volta nel 1328.
saurisLa chiesa si erge su un terrapieno al centro del paese di Sauris di Sotto con a fianco la canonica.
Si ha notizie di una nuova consacrazione della chiesa avvenuta il 28 settembre 1470, dopo un rifacimento. Nel 1544 ne venne autorizzato l’ampliamento e altre modifiche vennero completate nel 1659, quando la chiesa assunse la forma a croce latina e acquisì vari altari. A metà del ‘600 la chiesa era diventata un luogo di pellegrinaggio anche dal Veneto e dalla Carinzia, tanto che nel 1704 fu ampliata ulteriormente con la costruzione delle navate laterali.
Nei secoli successivi si eseguirono altri lavori di sistemazione e consolidamento.
Il campanile venne costruito dopo il 1637 e nel 1795 venne costruita la sommità a forma di cipolla che, nell’Ottocento venne rivestita di rame.
Nel 1963 nel campanile vennero collocati 4 orologi, uno per lato.
Il terremoto del 1976 danneggiò gravemente sia la chiesa che il campanile ed i restauri si sono conclusi solo nel 2006.
La facciata a capanna è intonacata e decorata da un piccolo rosone ad affresco. La copertura del tetto è in scàndole di larice. Il basamento, tutte le aperture di porte e finestre nonché gli spigoli dei muri sono in steatite, la pietra tufacea locale. Sulla parete esterna meridionale durante gli ultimi restauri è stata rimessa in vista una meridiana datata 1785. Nella zona absidale, la parte più antica della chiesa, le lunette e le finestre sono decorate ad affresco.
L’aula è divisa in tre navate con pilastri in pietra un tempo dipinti. Il restauro ha permesso di recuperare decorazioni di colore rosso insieme a croci di consacrazione e a scritte e graffiti lasciati dagli antichi pellegrini. Queste sono state in parte rimesse a vista collocate su pannelli appesi alle pareti.
La zona absidale è stata radicalmente trasformata dagli ultimi restauri che hanno ripristinato l’antico pavimento a mattonelle bianche e rosse e messo in piena evidenza il Flügelaltar, splendido esempio di stile tardo-gotico tedesco completato nel 1524 da Michele Parth da Brunico (1475 ca – 1551), che nel 1755 era stato inquadrato da una cornice barocca e sovrapposto all’altare maggiore.
Michele Parth lasciò in Carnia, e in particolare a Sauris sia in questa chiesa che in San Lorenzo a Sauris di Sopra, opere di assoluto pregio grazie alla qualità dell’intaglio, al raffinato uso della doratura e dei colori, nonché ad una speciale vivacità nel comporre le scene entro canoni indubbiamente tradizionali ma gradite dalla committenza ed in grado di rivaleggiare con tendenze più moderne di altri artisti.
Nelle opere di Parth la parte prettamente scultorea dialoga con quella pittorica (affidata peraltro ad un diverso artista, identificato qui in Nicolò da Brunico), e di lui si apprezzano sia la composizione che l’abilità tecnica, in particolare nella ritrattistica caratterizzata da volti squadrati e severi, intensi e carichi di umanità.
L’altare a sportelli (Flügelaltar), tipico del mondo tedesco, è qui diviso in due registri: la predella, in basso e lo scrigno in alto. La predella contiene una pietà, le cui ante aperte raffigurano Santa Caterina d’Alessandria e Santa Maria Maddalena. Quando le ante sono chiuse si vedono San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista. Nelle nicchie laterali vi sono le statue di San Nicola di Bari e San Wolfango.
Lo scrigno aperto ospita tre statue di santi: Sant’Osvaldo al centro tra San Pietro e San Paolo. Gli sportelli sagomati sono decorati con rilievi dipinti: sugli sportelli aperti compaiono l’Annunciazione, la Fuga in Egitto, la Visitazione e la Natività. Sugli sportelli chiusi quattro santi.
Il restauro ha recuperato anche le parti dipinte che decoravano il retro dell’altare e che nel ‘600 erano state staccate e appese alle pareti: un Cristo dei dolori tra la Madonna e San Giovanni e, in basso, Adamo che coltiva i campi ed Eva che allatta, iconografia rara in ambito italiano ma tipica di pittori di area danubiana. Nella parte più alta dell’altare sono stati reintegrati i cinque pinnacoli che sostengono le statue della Madonna con Bambino e quattro santi.
L’ultimo restauro ha recuperato anche un affresco con l’Annunciazione realizzato dopo il 1551 coperto in epoca successiva. Per quanto riguarda le altre opere conservate nella chiesa, in controfacciata vi è un organo del 1863 fiancheggiato da due statue lignee del 1819, dipinte in modo da simulare il marmo.
A lato della porta è incassata un’acquasantiera sei-settecentesca. Il fonte battesimale è secentesco con copertura a cupola dipinta.
Il soffitto della navata centrale è decorato da affreschi dei primi anni del Settecento.
L’altare della Madonna della Cintola è dei primi decenni del settecento, quello di San Silvestro della seconda metà del seicento mentre l’altare di Sant’Osvaldo venne realizzato da Francesco Comuzzo nel 1658.
E’ ormai accettato che il culto di Sant’Osvaldo sia stato portato a Sauris dai fondatori della comunità, provenienti dall’Austria. Osvaldo visse nel VII secolo e fu re del Northumberland, una regione dell’Inghilterra settentrionale. Fu ucciso in battaglia il 5 agosto 642. Il santo ebbe particolare fortuna a partire dal Medioevo nella Germania meridionale e nei paesi alpini, invocato soprattutto come taumaturgo, protettore dalla peste e dalle epidemie in genere.
Secondo una tradizione, la presenza a Sauris di una sua reliquia (il dito pollice) avrebbe preservato la comunità dall’epidemia di peste del 1348 e la fama di quest’evento avrebbe provocato l’arrivo di un crescente flusso di pellegrini. Già nel 1515 si ha conferma che Sant’Osvaldo compiva a Sauris “ineffabili miracoli”. Sembra che inizialmente l’oggetto della devozione fosse un’immagine lignea del santo, “sostituita” poi dalla reliquia, per mezzo della quale si sarebbero verificati miracoli e prodigiose guarigioni.
saurisNel ’600 e nel ’700 il santuario di Sauris fu uno dei centri devozionali più noti e prestigiosi della Repubblica Veneta, meta di centinaia di pellegrini provenienti dal Friuli, dal Cadore, dalle città del Veneto e in particolare da Venezia. Fu per ospitare i pellegrini che l’edificio fu più volte ampliato e rimaneggiato, come ha rivelato anche il recente restauro. Nei secoli XVII e XVIII vi fu continuità nel flusso continuo di pellegrini che venne calando alla fine dell’Ottocento tornando ad essere un fenomeno prettamente locale.

Autore: Marina Celegon

Fonti:
– Bucco Gabriella. Le chiese del Comune di Sauris. Deputazione di Storia Patria per il Friuli 2017.
– Pastres Paolo (a cura di) Arte in Friuli dal Quattrocento al Settecento. Società Filologica Friulana, Udine 2008
– Tilatti Andrea. La parrocchia di Sauris: le chiese, gli uomini, i santi, in “Metodi e ricerche”, n. s., XII/2 (1993), pp. 5-44 (con aggiunte e aggiornamenti ora stampato in Sauris Zahre. Una comunità delle Alpi Carniche, I, a cura di D. Cozzi, D. Isabella, E. Navarra, Udine 1998, pp. 63-90).
– Virgilio Gianni. Castelli e fortificazioni della Carnia ovvero le antiche pietre come testimoni del tempo. Andrea Moro Editore 2013
– SAURIS-ZAHRE https://www.sauris.org/il-santuario-di-s-osvaldo-sauris-di-sottodorf/  

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Periodo Storico: Basso Medioevo
Localizzazione Geografica
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