san marco

L’area circostante la chiesa campestre di Santa Petronilla è ricca di testimonianze archeologiche relative ad un lungo arco cronologico. Diversi affioramenti di industria litica sono stati segnalati, in momenti diversi, a partire dalla località Ponte San Marco, sulla SP1, fino a sud della chiesa, lungo il corso della Roggia Mussa che da qui prende nome di fiume Sestian.
Le prime raccolte si devono a Federico De Rocco e Pietro Ceolin, che recuperarono una notevole quantità di resti litici, e sono proseguite fino ad oggi con una progressiva rarefazione dei ritrovamenti.
I materiali sono riferibili ad età neolitica ed eneolitica e per la maggior parte comprendono resti di lavorazione e prodotti della scheggiatura, con prevalenza di lame, e strumenti quali grattatoi e cuspidi. L’area di spargimento di industria litica prosegue, con crescente rarefazione, verso sud, oltre la chiesetta, lungo il corso del Sestian, che a sud di Santa Petronilla costeggia le località Runcis, Torondas e Pra di Val. Al limite tra queste due ultime località, in prossimità del corso del fiume, fu rinvenuta da Bruno Trevisan nel 2009 una piccola ascia in pietra levigata di forma ellissoidale; il reperto è di particolare interesse, poiché per tipologia, dimensioni e materia prima – pietra grigioscuro proveniente dalle Alpi orientali – appare riferibile al Neolitico medio o recente (Dal Santo 2010).
La vasta area sopra definita, che da Santa Petronilla scende verso sud lungo il corso del Sestian, risulta in epoca successiva interessata da vasti affioramenti di ceramica del primo Bronzo recente (fine XIV-XIII secolo a.C.), che presentano distribuzione, leggermente scostata verso sud rispetto a quella dei resti litici, piuttosto rarefatta con alcune zone di particolare addensamento.
Tali tracce si inseriscono in un sistema insediativo allineato, verosimilmente lungo un dosso fluviale, tra Villa Sile, a nord, Pramarine di Sesto al Reghena a sud, che ne appare il sito principale. Anche in questo caso il lavoro sistematico e certosino di ricognizione sul terreno, di confronto tra le fonti e la cartografia storica e di riscontro sui materiali da collezione operato da Luigi Rossi ha permesso di arrivare a una mappatura puntuale ed aggiornata delle evidenze.
Non vi sono altri indizi di frequentazione dell’area di Santa Petronilla fino all’età romana.
Nel 1869 G.B. Zuccheri registra la presenza di affioramenti di “materiali antichi” di età romana in alcuni mappali (3590, 3591, 3592, 3593, 3594) a sud della chiesetta di Santa Petronilla, che proprio per l’abbondanza di resti sarebbero indicati dai contadini con il nome di “Piere”.
Tali mappali coincidono con la parte nordoccidentale della località Runcis, dove, su una superficie complessiva di 2,7 ettari, è stato osservato nel corso degli ultimi decenni lo spargimento di materiali attribuibile ad una villa rustica di notevole livello.
Le informazioni sul sito, monitorato negli anni ’80 dal gruppo riunitosi a Sesto al Reghena attorno a Giovanni Sigalotti, si devono a Pietro Ceolin e Luigi Rossi. savorgnanoL’elevato tenore della struttura è confermato dalla presenza tra i materiali recuperati di tracce di intonaco affrescato e di lastrine di marmo bianco (Destefanis 1999, n. 61, pp. 79-80; Museo San Vito). A tale quadro contribuiscono anche i materiali in metallo recuperati, in particolare l’applique a protome di leone (vedi immagine). I materiali sembrano indicare un utilizzo dell’area compreso certamente tra l’età augustea, cui rimandano ad esempio una moneta e ceramica a pareti sottili, e la media età imperiale. La possibile presenza di un’area necropolare potrebbe essere suggerita da qualche indizio, quale un balsamario in vetro.
Di particolare rilevanza è stata l’acquisizione al patrimonio nel 2001, per segnalazione e interessamento di Gianni Muratori, di una piccola ara o base in pietra, che era stata rinvenuta intorno al 1985. Il punto di rinvenimento del manufatto è stato localizzato, in base alle informazioni raccolte da Luigi Rossi alla fine dello scorso decennio, all’estremità orientale dell’area di spargimento della villa di Runcis. L’aretta, di forma parallelepipeda con basi modanate, frammentaria agli spigoli superiori, presenta nello specchio anteriore una dedica alla Fortuna, iscritta ed impaginata con eleganza con tratti che ne permettono l’inquadramento tra il I e l’inizio del II secolo d.C.
L’ara – o più probabilmente la base e soprattutto ciò che doveva trovarsi sopra di essa – venne dedicata alla Fortuna da Nonia Provincia, liberta di Caio Nonio. Sulla possibile rilevanza dell’opera impostata sul manufatto, se effettivamente deve intendersi nella funzione di base, si può ricordare come semplice suggestione la circostanza registrata da G.B. Zuccheri (1869), secondo cui un terreno (mapp. 3551) a circa 250 metri a est rispetto agli spargimenti di Runcis era chiamato dai contadini “campo della statua”.
La dedicataria della base o ara era quindi un individuo di sesso femminile, già schiava con il nome personale di Provincia di un esponente della gens Nonia, non molto attestata ma documentata ad Aquileia. Quando, con il rito della manomissione, venne liberata dalla condizione servile divenendo liberta assunse nel nome il gentilizio del vecchio padrone. La dedica alla Fortuna ben si adatta ad un simile cambiamento di status, ma potrebbe anche ricondurre all’ambito del commercio, in cui Nonia potrebbe essere stata impegnata.
L’insediamento di Runcis appare in effetti ben inserito in una articolata rete viaria e di collegamento. L’area doveva essere compresa tra due importanti decumani della centuriazione di Concordia, sulle cui tracce vennero in età moderna realizzati rispettivamente un tratto della SP1 e il primo tratto della ferrovia – oggi dismessa – San Vito – Motta di Livenza. È probabilmente traccia di canalizzazioni realizzate secondo gli assi centuriali l’andamento zigzagante che in prossimità del sito segue la Roggia Mussa – fiume Sestian.
Il sito era inoltre servito dalla strada, ricostruita dallo Zuccheri, che risaliva lungo la sponda destra del Tagliamento lungo i principali addensamenti insediativi di questo settore della centuriazione concordiese. È possibile che nella zona tra Runcis e Gorgaz tratti di tale strada siano effettivamente sopravvissuti, secondo la ricostruzione dello Zuccheri, in un allineamento di segmenti viari di diversa importanza (la c.d. “via dei carradori”) che rasenta il complesso del Gorgaz. A ricostruzioni di questo tipo, non suffragate dalla coerenza dell’orientamento della strada con la centuriazione o dalla diretta relazione con materiali romani, osta tuttavia la considerazione delle profonde trasformazioni subite dal paesaggio in età postromana, ed in particolare nel 1500-1600 e, soprattutto, nel corso del XIX secolo.

Fonte:
– Giovanni Tasca, Schede dei siti documentati nel catalogo, in Metalli antichi del Museo di San Vito al Tagliamento: l’età romana e altomedievale, di Annalisa Giovannini, Giovanni Tasca, p. 14-15-16.

Periodo Storico: Età Romana
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza