Il sito è noto fin dall’Ottocento per la ricchezza dei ritrovamenti di età romana, che furono riferiti all’esistenza di un complesso di fornaci per la produzione di laterizi.
Nel Novecento l’area era ricca di reperti, affioranti durante le arature: laterizi con bolli, pietrame, anfore e “vasetti impreziositi da rilievi ornamentali e smalti brillanti, vetri ornati a losanghe, a gocce e a bugne; malte e frammenti di intonaci parietali, pezzi di marmo di rivestimento ed anche scolpiti, spezzoni di tubi di piombo (…) ed un’infinità di tessere di mosaico di differenti colori e dimensioni”.
Il sito, chiamato anche Rive di Cop, fu indicato agli studiosi dal sig. Beniamino Braida, appassionato locale, e durante un sopralluogo effettuato il 26 giugno 1964, vennero ritrovati molti frammenti di laterizi e di intonaci rossi e gialli e moltissime tessere di mosaico e venne individuato un tratto di muro in pietra.
L’archeologa Luisa Bertacchi nel 1979 afferma che la zona era considerata sede di una fabbrica di mattoni e che, grazie a ritrovamenti monetali, era definita «la zecca morta» (1); inoltre, ricorda che non erano mai stati effettuati degli scavi sistematici e che nei vari sopralluoghi erano stati rinvenuti solo materiali frammentari.
Nella ricognizione svolta nel 1993, fu notata, invece, una notevole quantità di reperti affioranti per 390.000 mq. (soprattutto tegole, coppi e materiale edilizio in pietra, ma anche anfore e lastrine in marmo) e furono individuati numerosi scarti di fornace; inoltre, ricerche occasionali di superficie evidenziarono l’esistenza di materiali da costruzione (in pietra e in marmo), tessere musive, frammenti di ceramica comune, di anfore e di vetro.
Nel 2006 e nel 2010, tale affioramento sembrava essere di dimensioni più contenute e si notò un’area di concentrazione di reperti archeologici nella zona ad est dell’attuale canale principale II, in territorio di Staranzano. Il materiale apparve estremamente frammentario a causa delle operazioni agricole, ma si riconobbero pietrame arenaceo e calcareo, frammenti di laterizio, tessere musive lapidee bianche, frammenti di lastre di rivestimento in marmo e frammenti ceramici.
La presenza di questi reperti ha fatto ipotizzare che nella zona fosse sorto, in epoca romana, un complesso insediativo di considerevoli proporzioni, forse con annessi impianti produttivi (fornaci).
Più recentemente, si è avanzata l’ipotesi che in quest’area sia da collocare l’attività produttiva della porpora, cui si riferisce l’iscrizione della famiglia dei Pullii, murata nella chiesa parrocchiale di San Canzian d’Isonzo (vedi scheda).
Il recupero di una tubatura di piombo si collega ad entrambe le funzioni produttive.
È possibile, considerata la vicinanza dei siti, che i resti musivi rinvenuti poco più a sud, in località Gorgat (vedi scheda), facciano parte dello stesso complesso.
I materiali rinvenuti rimandano al periodo compreso tra la fine del I sec. a.C. e il pieno I sec. d.C. come periodo di massima fioritura dell’insediamento.

Note:
(1) Dell’argomento ne parla anche don Giovanni Battista Falzari nel dattiloscritto su San Canzian d’Isonzo (Le Aquae Gradatae, non datato, pp. 5-6). Dopo aver letto il testo di G. Caprin, il sacerdote scrive che all’inizio del XIX secolo il marchese Pontgibaud comprò il podere di Tientinbone e creò una collezione di bronzi e vetri molto rari che, nel corso degli anni, fu trasferita all’estero e di cui purtroppo si persero le tracce; nei possedimenti del nobile, chiamati comunemente “la zecca morta”, i contadini, arando, trovarono spesso monete e pietre incise probabilmente perdute.
Secondo Silvio Domini (Domini 1987, p. 36 nota 7), la raccolta di reperti romani si troverebbe nell’antico castello dei Pontgibaud a Puy-de Dôme in Francia.

Bibliografia:
– G. Caprin, Pianure friulane, Trieste 1892, pp. 178-179.
– L. Bertacchi, Presenze archeologiche romane nell’area meridionale del territorio di Aquileia, “Antichità Altoadriatiche”, XV (1), 1979, p. 283.
– G. Cuscito, Economia e società, in Da Aquileia a Venezia. Una mediazione tra l’Europa e l’Oriente dal II secolo a.C. al IV secolo d.C., Milano 1980, p. 612 nota 9.
– S. Domini, Staranzano. Storia, società e cultura nell’ambiente del territorio monfalconese, Udine 1987 (II edizione), pp. 34-40.
– S. Tavano, Le ricerche a San Canzian d’Isonzo, in I Santi Canziani nel XVII centenario del loro martirio, Atti del Convegno Internazionale di Studi, (Pieris, 19/10/2003, San Canzian d’Isonzo, 8/5/2004), a cura di G. Toplikar e S. Tavano, Ronchi dei Legionari 2005, p. 58.
– A. Gargiulo, Appunti inediti di monsignor Giovanni Battista Falzari sulle testimonianze archeologiche di San Canzian d’Isonzo, tesi di diploma di specializzazione, Università degli studi di Trieste, a.a. 2004-2005, pp. 148-149, 395.
– C. Tiussi, Ricerche archeologiche e topografiche nel territorio di San Canzian d’Isonzo, tesi di diploma di specializzazione, Università degli studi di Trieste, a.a. 2005-2006, pp. 43-45.
www.ipac.regione.fvg.it scheda SI 54

Autore: Alessandra Gargiulo

 

Periodo Storico: Età Romana
Localizzazione Geografica
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