Il ripostiglio monetale venne recuperato del tutto casualmente nell’agosto del 1902 durante i lavori di ampliamento di una casa a Vergnacco, frazione del comune di Reana del Rojale.
La storia del rinvenimento è ben nota grazie alla documentazione sopravvissuta, oggi depositata presso gli archivi del Museo Archeologico Nazionale di Cividale: vi si conservano gli atti che comprovano le vicende relative alla vendita, i primi studi catalografici sulle monete e le testimonianze tratte dai quotidiani dell’epoca. Secondo le notizie riportate in occasione della scoperta, insieme alle monete, disperse nel terreno a causa della rottura del contenitore, si rinvennero frammenti ceramici e laterizi.
Il ripostiglio doveva in origine contare circa 450 monete: ne sono sopravvissute 420 che sono state riunite in momenti successivi (dal momento del ritrovamento al 1905) e sono oggi conservate presso il medagliere del Museo Archeologico Nazionale di Cividale: le monete mancanti scomparvero probabilmente già al momento del ritrovamento o vennero – almeno in parte – conservate da chi le aveva scoperte. Riguardo al contenitore originario, esso venne probabilmente smarrito al momento del recupero iniziale. Il salvadanaio custodito assieme al gruzzolo è stato indicato in diverse occasioni come il contenitore originale del ripostiglio; tuttavia, grazie a una recente verifica si è potuto appurare che esso, nonostante sia contemporaneo alle monete più tarde del peculio, è pertinente a tutt’altro contesto.
Le 420 monete del ripostiglio, tutte d’argento, comprendono emissioni che vanno dal 157 a.C. al 2-4 d.C. e sono dunque riferibili ad un arco di tempo di circa 155 anni. Nel tesoretto è compreso un denario dell’imperatore Caracalla databile al 210 d.C., ma si tratta di una moneta inclusa nel gruppo dopo il ritrovamento: nelle prime catalogazioni apparse su riviste di interesse numismatico agli inizi del XX sec. tale moneta è infatti assente. Il confronto con i ripostigli coevi del Triveneto, composti al pari di questo quasi esclusivamente da denari d’argento, evidenzia come il tesoretto di Vergnacco non presenti particolari anomalie rispetto alle linee generali della produzione e della circolazione monetaria al tempo della sua composizione: esso offre una fotografia efficace della presenza del numerario in circolazione tra il II e I sec. a.C.
Lo stato di conservazione delle 420 monete rispecchia la situazione ricorrente che si registra nei ripostigli composti da monete appartenenti ad un lasso di tempo piuttosto lungo: le monete più recenti presentano uno stato di conservazione migliore, mentre le emissioni più antiche, avendo circolato più a lungo, sono più usurate. Dalla moneta cronologicamente più antica a quella più recente si nota che le emissioni tesaurizzate si susseguono con una qualche regolarità e che vi è stata una continuità nell’accumulo del ripostiglio. Alcune osservazioni sulle monete possono fornire una lettura sulle forme della composizione del tesoretto e sui motivi del suo interramento: l’emissione presente con il numero maggiore di denari riguarda le monete “legionarie” di Marco Antonio (32-31 a.C.), molte monete inoltre sono contrassegnate con punzoni per saggiarne la qualità metallica e in diversi casi sono presenti denari provenienti da zecche di emissione diverse da quella di Roma. Una delle ipotesi più probabili è che il tesoretto rappresenti i risparmi di un veterano che partecipò alle lotte civili della seconda metà del I sec. a.C. Gli studi statistici hanno verificato che gran parte dei ripostigli interrati alla fine della Repubblica si riferiscono proprio a numerario appartenuto ai contendenti delle guerre. In questo frangente si segnalano due denari di Marco Antonio che portano al dritto il ritratto del generale e al rovescio quello di Cleopatra accompagnato dalla legenda “a Cleopatra regina dei re (madre) dei figli dei re”. Dione Cassio, nella sua Storia di Roma (XI.IX, 41, 2-3), così riferisce: Antonio ordinò che a Cleopatra fosse assegnato il regno di Egitto e Cipro e che ai loro tre figli fossero concessi consistenti territori orientali come la Siria, l’Armenia e la Cirenaica. La moneta, che commenta la presa dell’Armenia del 34 a.C., venne coniata nel 32 a.C. Solo due anni più tardi Marco Antonio e la regina morirono suicidi a 53 e 39 anni, mentre Ottaviano, futuro Augusto, riconquistava l’Egitto.
Il luogo di seppellimento delle monete è oggi posto presso una strada o meglio all’incrocio di due strade (attuale Strada provinciale 38 con Strada provinciale 77): è particolarmente significativo che siano state ritrovate non lontano dal passaggio della strada per il Noricum, in questo tratto ricostruita tra Reanuzza e Tricesimo. Il punto esatto del rinvenimento andrebbe così situato vicino al supposto tracciato che da Cividale/Forum Iulii raggiungeva Tricesimo e quindi nei presso di un importante snodo viario: il peculio fu sepolto, come detto, circa nel 2-4 d.C. in un’area ben popolata e caratterizzata quindi anche dal passaggio di uomini e merci. L’ipotesi che in questo punto passasse una strada importante è rafforzata dalle caratteristiche osservate sulle monete, che sono con buona probabilità da mettere in connessione con i risparmio di un ex legionario.

Fonte:
– Lorenzo Passera, Percorrere e ripercorrere le strade. Il ripostiglio di Vergnacco, in In viaggio verso le Alpi. Itinerari romani dell’Italia nord-orientale diretti al Norico, a cura di Flaviana Oriolo, luglioeditore, Trieste, 2014.

Bibliografia:
– Gnecchi, F., Ripostiglio di Vergnacco. RIN, 15/1902: 548-551.
– Brozzi, M. 1985, Ripostigli monetali rinvenuti nel Friuli-Venezia Giulia, RIN, 87/1985: 195-208.

Periodo Storico: Età Romana
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza