Su un affresco cartografico, risalente al 1100 ed esposto presso la Galleria delle Carte Geografiche che porta alla Cappella Sistina in Vaticano, la località Reunia appare tra i centri più importanti del Friuli. Chi visita la rocca ragognese ne comprenderà di persona il perché, sentendo la grande suggestione che questo luogo magico e dominante emana.

Il Castello Superiore di Ragogna spicca poco a nord della frazione di San Pietro, sul panoramico rilievo che sovrasta la Stretta del Tagliamento presso Pinzano.
La più antica citazione con la quale viene comunemente indicata Ragogna (che all’epoca si incarnava nel suo castrum), la dobbiamo a Venanzio Fortunato, scrittore e chierico vissuto nel VI sec. d. C. In un verso della sua opera “Vita Sancti Martini” scritta verso il 565 d.C, compare la seguente citazione: …et super instat aquis Reuunia Teliamenti… (…e Reunia sovrasta dall’alto le acque del Tagliamento…). L’autore, per mantenere fede ad un voto, volle venerare la tomba di San Martino a Tours, intraprendendo così un lungo viaggio che da Ravenna, risalendo verso Nord, lo portò nella cittadina francese, dopo aver attraversato le Alpi, la Germania e la Gallia Superiore. Durante questo viaggio percorse l’antica strada romana che si snodava lungo la riva destra del Tagliamento, oltrepassandolo proprio sul guado di Ragogna.
ragognaQuesta testimonianza è importante perché ci dà preziose informazioni sull’antica Reunia: il sito si trova in alto, incombe sul fiume sottostante, ed è ubicato sull’antica strada romana detta via Germanica che da Concordia Sagittaria si collegava alla via consolare Julia Augusta, vicino Gemona, per poi proseguire verso il Norico. Si trattava di una strada secondaria che permetteva di accorciare il percorso per arrivare alla pianura padana, evitando Aquileia.
Gli storici concordano nel definire Reunia un luogo fortificato, posto su un guado di una certa rilevanza, perché controllava i traffici, sia di genti che di merci; non per nulla i Romani lo avevano inserito in un sistema difensivo posto allo sbocco delle valli e a ridosso dell’arco prealpino, estremo baluardo in caso di invasioni barbariche.
Questo sistema difensivo poi verrà rafforzato in epoca longobarda, tanto da essere menzionato anche da Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum, scritta dopo il 790.
Lo scrittore affermava che nel Castrum Reuniae trovarono rifugio le popolazioni in occasione dell’incursione degli Avari nel 610; riporta anche l’episodio del nobile arimanno Hansfrit (o Ansfrido), che tentò di impadronirsi del Ducato del Friuli mentre il duca Rodoaldo era assente da Cividale. Con un colpo di mano occupò la città e puntò direttamente con il suo esercito su Pavia, la capitale del regno longobardo. Verrà sconfitto dallo stesso re Cuniperto e, una volta catturato e accecato, secondo la legge longobarda verrà mandato in esilio.
Nei secoli successivi (X-XI) non troviamo documenti che citino il Castello di Ragogna: con tutta probabilità questo era dovuto alla perdita sia della sua funzione strategica, sia dell’importanza dell’antica strada romana in quanto i traffici commerciali si erano spostati su altre rotte.
Di sicuro sappiamo che nel X secolo il castello tornò a diventare luogo di rifugio in occasione delle numerose scorrerie degli Ungari. Nel 1122 alcuni documenti attestano che Ragogna fosse di proprietà del duca Enrico III di Carinzia, appartenente alla famiglia degli Eppenstein; alla sua morte, non avendo eredi diretti, il Castello di Ragogna passò a Leopoldo von Traungau, Margravio di Stiria.
Nel 1138 viene citato per la prima volta un componente della famiglia dei Ragogna, un certo Bertoldo: probabilmente i Traungau assegnarono il feudo ad una famiglia di loro fiducia, di origine tedesca, che poi si divise nei tre rami dei Ragogna, Toppo e Pinzano.
Sappiamo che nel XIV secolo è presente sul pianoro al di sotto della pieve un secondo castello, detto inferiore, dove sono ancora visibili la cerchia muraria e i resti di una torre.
Secondo le Cronache di Giovanni Villani nel 1348, a seguito di un violento terremoto, il castello subì danni ingenti, tanto che “…due torri del Castello di Ragogna caddero e discorsero fino al Tagliamento…”.
Le campagne di scavo condotte dal dott. Antonio Cerutti con il Gruppo Archeologico Reunia alla fine degli anni Ottanta hanno messo in luce i resti murari delle due torri, dentro la prima cerchia muraria a sud dell’attuale mastio, nonché l’ingresso originario sul lato Ovest.
Nel corso della guerra tra il Patriarcato di Aquileia e i Duchi d’Austria, combattuta dal 1359 al 1365, i Ragogna si schierarono dalla parte di questi ultimi, subendo di conseguenza numerosi assedi, tra cui quello famoso del 5 novembre del 1365, conclusosi con la resa alle truppe patriarcali.
Nel 1390 Giovannino di Ragogna cedette il Castello al Patriarca Giovanni di Moravia in cambio di quello di Torre di Pordenone: da questo momento i Ragogna lasciarono definitivamente l’antico maniero. Il Castello inferiore, invece, continuò a combattere contro il Patriarca finchè nel 1397, dopo un lungo assedio, venne conquistato e raso al suolo.
Dal 1397 al 1420 il Castello fu amministrato dai Capitani alle dipendenze prima del Patriarca di Aquileia, poi della Repubblica Veneta, ma la loro cattiva gestione portò ad un progressivo degrado del complesso fortificato, il che indusse la Repubblica di Venezia a darlo in feudo nel 1503 ai conti di Porcia.
Per alcuni anni le condizioni del Castello migliorarono notevolmente, tanto che venne utilizzato sia come residenza estiva, sia per organizzare battute di caccia, pesca e feste. Celebre è il ricevimento organizzato nel Castello dal Conte Antonio di Porcia agli inizi del 1532, in occasione della visita del Patriarca di Aquileia Marco Grimani.
Purtroppo il terremoto del 1511 e il successivo incendio nel 1560 danneggiarono irrimediabilmente il Castello che venne restaurato in maniera alquanto sommaria, tanto che nel 1567 Girolamo di Porcia lo descrive come “…castello rovinato, vi sono però reliquie di molte torri, casette di contadini, la chiesa e una torre ov’è la stanza dei signori….”
Successivamente, i Conti di Porcia limitarono sempre di più i loro soggiorni a Ragogna, finché lo abbandonarono in maniera definitiva a partire dal 1650.
La mancanza di manutenzione, le rivalità e le contese tra i proprietari stessi per la proprietà del bene, il luogo isolato e l’ingiuria del tempo accelerarono la rovina del Castello, tanto che gli abitanti del Borgo (l’attuale San Pietro) ne approfittarono per utilizzarne le murature quale cava di materiale edilizio.

ragognaNel 1878 il conte Ermes di Porcia decise lo smantellamento e la vendita di tutto quello che si poteva asportare, a cominciare dal tetto. Ulteriori danni vennero causati durante la ritirata di Caporetto nel 1917, in occasione della resistenza portata dalla Brigata Bologna contro gli Austro-Tedeschi avvenuta lungo la Testa di Ponte di Ragogna.
Dopo la morte del Conte Alfonso di Porcia avvenuta nel 1932, gli eredi vendettero a privati tutti i beni da lui ancora posseduti a Ragogna, mentre nel 1952, per lascito della contessa Irene, il Castello diventò proprietà del Comune di Ragogna.
Il terremoto del 1976 danneggiò gravemente il complesso: le strutture che ancora erano presenti come il mastio e la cinta muraria crollarono completamente, mentre l’antica Pieve di San Pietro e parte della cerchia muraria subirono ingenti danni.
Dopo un lungo iter ricostruttivo, oggi il Castello di Ragogna è stato ricostruito a eccellente “presidio” della storia, della cultura e del valore territoriale di Ragogna.
Il comprensorio del Castello superiore di Ragogna comprende:
1) la prima cerchia muraria che racchiude il pianoro più alto, luogo in cui è stato identificato il sito più antico, sede dell’antico castrum e dove sono state messe in luce le strutture murarie appartenenti a due torri, con un ingresso sul lato ovest, verso il fiume;
2) il Castello superiore, composto dal mastio (antico palacium), dal cortile interno su cui si affacciano i magazzini, cantine e le antiche cucine addossate al muro settentrionale;
3) l’antica Pieve di San Pietro con torre campanaria e cimitero disposto su due livelli. L’accesso al sito avviene dalla strada che, passando davanti all’edificio sacro, conduce al cortile interno attraverso la porta meridionale (vedi scheda a parte).
I recenti scavi della prima cinta muraria hanno messo in evidenza un complesso fortificato con l’ingresso principale posizionato a strapiombo sul fiume per motivi di difesa, al castrum poi si accedeva attraverso un sistema di parti mobili.
Attualmente sono visibili i resti delle due torri, la prima addossata alla cinta muraria ovest, la seconda invece poco sopra l’attuale scalinata. Secondo la testimonianza del Villani, queste crollarono a seguito del terremoto del 1348, che portò all’abbandono del sito originario e alla ricostruzione del Castello nel vicino pulpito, dove tuttora s’innalza.
L’accesso al Castello superiore avviene dalla porta meridionale e appena varcata la porta, sulla destra, troviamo il pozzo noto per tutta una serie di leggende sorte nel corso dell’Ottocento. L’acqua veniva raccolta dai tetti e da terrazze, poi attraverso un sistema di tubazioni e vasche finiva direttamente nel pozzo dove un sistema di filtraggio naturale (sabbia) permetteva l’arricchimento di sali minerali e la potabilità.
L’attuale edificio basso sulla destra, in origine era una torre con cantine e magazzini, dalla quale si poteva anche accedere al mastio: tracce di un arco in mattoni, che metteva in collegamento i due edifici, sono visibili sulla parte bassa della facciata, sotto la finestra.
ragognaL’edificio addossato al muro nord era in origine destinato a cucine: infatti, nella parte seminterrata dell’edificio, è ancora conservato il forno originario; le mensole in pietra ancora esistenti sul muro e una serie di fori appartenevano al cammino di ronda che correva lungo tutto il perimetro delle mura. Nell’angolo opposto all’ingresso si notano i resti di una vasca per la raccolta dell’acqua che serviva per gli usi domestici, essa filtrava dalla roccia in modo naturale e fuoriusciva poi attraverso una canaletta ancora visibile dietro il forno.
Lo spazio antistante la porta nord aveva una funzione strettamente militare che, in caso di assedio, permetteva un’estrema resistenza in uno spazio chiuso e facilmente difendibile dall’alto; sono ancora visibili i fori delle travi e delle scale, nonché la finestra originaria. Anticamente questa porta era l’ingresso principale del castello al quale si accedeva percorrendo un sentiero tortuoso che si snodava lungo il fianco della collina. La facciata principale si presenta totalmente ricostruita rispetto alla sua forma originaria, la nuova destinazione d’uso dei locali interni ha determinato il suo attuale aspetto.
A quello che viene considerato il palacium, cioè l’abitazione vera e propria del signore-proprietario, si accede oggi per mezzo di una rampa di scale realizzata sul lato nord. Appena entrati ci si trova di fronte al vano scale, dal quale si poteva accedere ai piani superiori, sono evidenti i resti delle strutture murarie in pietra squadrata, sopravvissuti al terremoto del 1976, in certi punti lo spessore delle pietre supera il metro di larghezza. La grossa cavità nell’angolo è parte di una vasca di raccolta dell’acqua piovana con ancora visibili le tracce della canaletta di apporto. Prima del terremoto questa sala possedeva elementi decorativi in affresco, di una certa eleganza, databili al secolo XVII raffiguranti motivi geometrici, mentre il pavimento originario era in cocciopesto di color rosso.
Lo spazio attiguo doveva essere in origine un salone, importante per la presenza del caminetto che oltre a riscaldare l’ambiente e a togliere l’umidità presente, permetteva anche l’illuminazione del vano. Oggi questa sala, divenuta centro per conferenze, è stata valorizzata dalla porta con il ballatoio che permette di apprezzare lo spettacolo naturale della Valle del Tagliamento e delle Prealpi Carniche.
L’antica Pieve di San Pietro in Castello – vai alla scheda specifica: >>>>>>>>>>>>

Vedi anche: RAGOGNA. IL TERRITORIO, LA COMUNITA’ GLI EVENTI, I SERVIZI, a cura di Marco Pascoli e Glauco Toniutti

In collaborazione con il Comune di Ragogna – www.comune.ragogna.ud.it

Autori: dr. Marco Pascoli e dr. Glauco Toniutti

Vedi anche: Ricerche archeologiche nel castrum Reunia, Luca Villa in Alle origini dei siti fortificati: oltre l’archeologia e il restauro, Fabio Piuzzi ( a cura di), Attimis (Ud) 1999, pp.

Periodo Storico: Basso Medioevo
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza