I butti rinvenuti all’interno delle strutture 28 e 29 si sono rivelati ricchissimi di materiali vitrei che documentno tipi funzionali uasi esclusivamente da tavola. Gli oltre 3000 frammenti vitrei recuperati sino infatti da attribuire principalmente a bicchieri e bottiglie ma non mancano recipienti probabilmente atti all’illuminazione. La loro identificazione, nonostante le stato di estrema frammentarietà, si è resa possibile grazie all’individuazione delle parti meglio caratterizzanti tali forme ovveso colli, fondi ed orli. I materiali presentano spesso in superficie stati di alterazione che si manifestano con irridescenza o patine scure-opache di devetrificazione. La colorazione prevalente è il verde o il verde-azzurro ma è presente anche il vetro incolore la cui “ricetta” fu nota ai vetrai muranesi almeno dal 1270.
Il gruppo più nutrito, ed anche il più omogeneo, è formato da circa 200 esemplari di bicchiere tronco-conico o cilindrico, apodo con fondo rientrante a conoide ed orlo leggermente ingrossato ed arrotondato. Esso si presenta con sottili pareti liscie, o più spesso, con decorazioni geometriche in rilievo ottenuta tramite soffiatura in matrice. Tale tecnica prevedeva l’insufflazione di una piccola parte di fuso, raccolta sulla canna da soffio, entro una matrice di argilla, legno, metalllo o altri materiali, che restituiva così agli oggetti la propria forma e, se provvisto, la propria decorazione in negativo.
Questa tecnica, usata anche per altre morfologie vitree, ebbe enorme diffusione soprattutto dalla seconda metà del XIV secolo perchè, grazie ad una notevole standardizzazione del lavoro, permise dei livelli di produzione molto più elevati rispetto alla soffiatura libera, abbreviando i tempi, aumentando i ritmi di lavorazione e diminuendone i costi.
Una notevole eterogeneità contraddistingue invece le decorazione dei bicchieri soffiati a stampo di questo contesto che presentano appunto piccoli o grandi cerchi disposti orizzontalmente in file sfalsate, esagoni di diverse dimensioni formanti motivo a nido d’ape, motivo a spinapesce, spirali, piccole losanghe o gocce, quadrati. salchi verticali e obliqui e, infine, costolature verticali. La decorazione spesso continua anche sotto il fondo e si arresta sulle pareti a due centimetri circa dal bordo.
Le fondi d’archivio veneziane del XIV-XV secolo lo annoverano fra i prodotti muranesicon la denominazione di “fiorentino”, “gambassese”, “lucchese”, “pisano” o “pistoiese”, dato che conferma la produzione in Toscana del tipo, diffuso anche grazie alla circolazione di “bicchierai” toscani in altre regioni.
Esso è noto in moltissimi siti archeologici in Italia ed all’estero tra XIV e XVI secolo ma, per limitarci nella zona e all’arco cronologico più direttamente interessato dal nostro studio, nominiamo quelli emersi in area friulana rinvenuti in Piazza San Francesco a Cividale del Friuli, presso l’Abbazia di San Gallo a Moggio Udinese, nei Castelli di Zuccola, di Colloredo di Monte Albano, Soffunbergo ed infine quelli, cronologicamente un po’ più tardi di Palazzo Savorgnan e della Residenza Palladio di Udine.
Un discorso particolare merita il bicchiere decorato a larghe costolature verticali o leggermente oblique, che, pur facendo parte anch’esse della categoria dei bicchieri soffiati entro matrice, presenta una sua specificità morfologica e decorativa, provata anche dalla sua scarsa attestazione all’interno del nucleo rispetto agli altri tipi di bicchieri. Esso è quasi sempre in vetro incolore ma, in percentuale minore, è presente anche in versione verde. Le pareti hanno spessore maggiore rispetto alla media ed hanno forma cilindrica a pareti leggermente bombate o tronco-coniche. In Italia bicchieri di uesto tipo sono attestati in contesti, per lo più, di fine XIV secolo.
Su alcuni esemplari di Palazzo Ricchieri si è riscontrata la presenza di un’ulteriore decorazione ovvero un sottile filo di vetro blu applicato sull’orlo. Questo è presente anche su altri due bicchieri, questa volta però privi di costolature in rilievo. E’ da sottolineare che i bicchieri accompagnati da questo tipo di decorazione, sono in genere foggiati in vetro incolore che meglio fa risaltare il colore contrastante del vetro blu e che denota, insieme a quest’ultimo, il carattere sontuoso dei pe<<i, prodotti non certo comuni sulle tavole trecentesche.
Esemplari a pareti lisce o costolate, decorate dall’applicazione del filo blu sull’orlo sono noti in regione a Soffumbergo, Moggio Udinese e Cividale del Friuli. Nel centro-nord sono da segnalare quelli rinvenuti a Monte Lecco, Genova, Ferrara, Argenta, Rimini, Faenza, Finale Emilia, Ripafratta e Milano. Frequenti attestazioni si segnalano anche nel sud Italia (Marsala, Palermo e Cefalà Diana).
Al contrario del bicchiere troncoconico soffiato in matrice ampiamente documentato nel nostro contesto, il calice sembra apparire qqui solo con due frammenti combacianti in vetro incolore (uno proeniente dalla struttura 28, l’altro dalla 29) pertinenti ad un oiede ad anello. uesto dato conferma la situazione nazionale che vede scarsissime attestazioni di calici durante i secoli centrali e finali del Medioevo. Questa forma, evidentemente soppiantata nel XIV secolo dal bicchiere trncoconico soffiato a stampo, è stata rinvenuta copiosa in contesti di XVI-XVII secolo.
Un’altra tipologia presente, con ben cinue pezzi, nello scarico di Palazzo Ricchieri e che pone interessanti interrogativi nel mondo degli specialisti ormai da anni, è il bicchiere caratterizzato dall’applicazione a caldo di piccole bugne sulle pareti. Nel nostro contesto si distinguono due variati: a corpo tronco conico, fondo a conoide rientrante con piede ad anello pinzato in vetro verde ed a corpo sub-cilindrico con piede ad anello liscio in vetro incolore. Entrambi i tipi presentano larga bocca (a imbuto o a coppa) sotto la quale è applicato orizzontalmente un filamento in pasta vitrea.
Un problema di cui si è molto discusso è l’individuazione dell’origine di tale forma e dei luoghi dedicati alla sua produzione. Accennandone solo brevemente ricordiamo che dall’epoca in cui furono effettuate alcune campagne di scavo a Corinto e venne alla luce la cosiddetta “fornace sud” con i suoi prodotti di XI-XII secolo, si pensò che essa avesse fornito i modelli tipologici (se non anche le maestranze stesse) per la successiva produzione vetraria italiana. Soprattutto i bicchieri decorati a piccole protuberanze (ma anche uelli a piccola coppa decorati a stampo e le bottiglie a ventre globulare o piriforme) vennero ricondotti a uell’ascendente tipologico di XI-XII secolo.
In parte risolutivo, il recente intervento di David Whitehouse propone alla luce di nuovi dati stratigrafici, un abbassamento della cronologia della fornace su di Corinto al XIII-XIV secolo con un conseguente rovesciamento di prospettiva che vede così Corinto debitrice nei confronti della vetraria italiana.
Nuove attestazioni accrescono continuamente la conoscenza di questa tipologia che, nota al sud dal XII secolo, fu senz’altro molto diffusa soprattutto nell’ambito del XIV secolo in tutta Italia. Fra le più recenti ricordiamo quelle di Segesta, Marsala, Palermo, Gela e Farfa con esemplari datati nell’ambito del XII-XIII secolo. In Friuli frammenti per lo più trecenteschi sono stati rinvenuti a Cividale del Friuli (Piazza Paolo Diacono e Piazza San Francesco), presso i Castelli di Soffumbergo e di Montereale Valcellina ed a Udine (Palazzo Savorgnan).
Gli esmplari di Pordenone, molto frammentari ma largamente ricomponibili, permettono di conoscere il loro luogo di produzione grazie all’analisi a raggi X effettuata sui pezzi in esame. Lo studio comparativo della composizione chimica dei nostri materiali ha reso infatti possibile stabilire che almeno quattro di loro furono prodotti con sicurezza in officine veneziane. Della produzione a Murano di questa tipologia abbiamo anche notizie documentarie che risalgono al 1276 quando, in un atto dei Podestà di Murano, sono nominati “mioli de ghirlanda et imperlati”, ovvero bicchieri con piede dentellato e decorazione a perle o gocce, prodotti per l’esportazione nei paesi dell’Est, in “Romania”. Questi bicchieri ebbero un notevole successo all’estero dove vennero prodotti e commercializzati. Non stupiscono quindi i molteplici rinvenimenti di bicchieri a bugne in molti paesi europei ed extra europei: nella Germania meridionale, nel nord della Svizzera, in Austria (luogo di diffusione del tipo ma non di produzione) e nel centro nord della Germania, in Francia, Iugoslavia, in Ungheria, in Cecoslovacchia (ove pure si produceva) e ancora in Inghilterra, nel sud della Russia e in Olanda.
Seconde in numero solo ai bicchieri sono le bottiglie presenti in questo contesto con numerose varianti che si riconoscono e distinguono principalmente grazie a orli, colli e fondi, conservatisi in ,isura maggiore rispetto alle fragilissime pareti. Le bottiglie rispondono principalmente alla tipologia a ventre sferico, lungo collo cilindrico con imboccatura scasata e bordo diritto, fondo apodo rientrante a conoide.
In Italia questo tipo di bottiglia, l’angastara o “guastada” è abbondantemente documentata con ritrovamenti riferibili al XIII-XIV secolo, sia nell’area centro settentrionale che al sud (Cividale del Friuli, Soffumbergo, Asolo, Padova, Murano, nella Laguna veneta, Torcello, Torretta Veneta, Verona,, Monte Lecco, Genova, Finale Emilia, Pistoia, Prato, Lucca, Germagnana, Ripafratta, Viterbo, Tarquinia e Tuscania, Roma, Palermo. ecc.).
Una nervatura orizzontale in rilievo spesso decora il collo cilindrico delle bottiglie ed assume, oltre ad un valore puramente estetico e decorativo, una funzione di appoggio per la presa o funge, forse da gocciolatoio.
Valore estetico sembra assumere amche il fondo rientrante a conoide che caratterizza la quasi totalità delle bottiglie apode presenti a Palazzo Ricchieri; il conoide infatti, generato da motivi legati a lati tecnici della sua produzione (staccato dalla canna da soffio, l’oggetto era sostenuto sul fondo, da una canna di ferro pieno – il pontello – che nel vetro allo stato ancora molle, produceva una rientranza appunto a cono) si accentua notevolmente ad esclusivo scopo decorativo. Oltre ai fondo a conoide, sono presenti però anche due bassi piedi ad anello frammentari con corona cava ottenuta per ripiegamento della parete, pertinenti ad altrettante piccole bottiglie. Confronti puntuali provengono da Cividale del Friuli, Padova, Genova, Monte Lecco, Lucca, Ripafratta, Grosseto, ecc. un altro fondo frammentario ad anello è rappresentato da un sottile fino in vetro pieno verde applicato a caldo su un fondo rientrante a conoide di bottiglia che trova confronto fra i reperti rinvenuti a Genova.
L’alta percentuale, qui riscontrata, di fondi a conoide e l’assenza dell’alto piede tronco-conico o base a piedistallo, noto nell’Italia centrale dalla seconda metà del XIV secolo, conferma la predilezione dell’area veneta per questo tipo di fondo.
Un’altra tipologia presente a Palazzo Ricchieri sembra essere quella della bottiglia detta “Kropplasche” o “a gozzo” ovvero bottiglia con corpo a pera, dilatato verso il fondo, collo tronco-conico con rigonfiamento ed orli ribattuto all’interno. Purtroppo solo due esemplari di collo con tali caratteristiche suggeriscono la presenza nel nostro contesto di questa tipologia, che non conta del resto numerose attestazioni in Italia. Nota infatti grazie al rinvenimento di colli ed orli soprattutto in ambito veneto-friulano di XIII-XIV secolo (piazza Paolo Diacono, in quello recente di Palazzo de Nordis e del Castello di Zuccola a Cividale del Friuli, a Padova e nella Laguna Veneta e, forse, Asolo, Pistoia e Monte Lecco) trova un parallelo formale nell’esemplare integro, di probabile produzione veneziana, conservato presso il Museo Poldi Pezzoli di Milano ed in alcuni prodotti della vetreria sud di Corinto.
A Basilea, in un contesto di XIII secolo, è stato rinvenuto un esemplare di Kropfflasche con motivo decorativo a risega equatoriale interna. Sulla base di tale ritrovamento e della presenza anche a Palazzo Ricchieri di questo tipo di decorazione è forse possibile ipotizzare che anche gli esemplari qui rinvenuti associassero al collo tronco-conico con orlo ribattuto, ventre decorato da risega equatoriale.
Un solo frammento pertinente ad un collo (tronco-conico in spesso vetro incolore) riporta una decorazione rilevata “a torciglione”; essa comincia al di sotto del bordo ed è ottenuta a stampo per soffiatura. Questa tecnica di lavorazione e decorazione, come abbiamo visto per il bicchiere tronco-conico, è tipica dell’ambito Tre-Quattrocventesco (ricordiamo alcuni esemplari rinvenuti a Moggio Udinese, Udine, Concordia Sagittaria, Genova, Milano, Tiscania, ecc.).
Dalla struttura 29 proviene una bottiglia in spesso vetro dalle dimensioni molto maggiori rispetto alle altre qui rinvenute. Il collo è cilindrico con imboccatura svasata e bordo verticale; le pareti, decorate da baccellature disposte a raggiera, indicano uno sviluppo del centre a forma emisferica forse dilatata verso il basso. Il fondo è presumibilmente (non abbiamo dimostrazione di pertinenza fra i reperti rinvenuti) apodo a conoide rientrante. Esso era con tutta probabilità atto al trasporto di vino.
Forse pertinenti a lampade, forse ad orinali, sono i molti orli estroflessi talvolta quasi a tesa, di contenitori a struttura cilindrica, a pareti quasi verticali, recuperati nella struttura 28. Essi sono in vetro verde e presumibilmente hanno fondo convesso.
Fonti archivistiche ed iconografiche attestano che gli orinali, in genere in vetro incolore, avevano un ruolo importante nella medicina del tempo, permettendo l’osservazione delle utine da parte del medico curante e la formulazione di diagnosi specifiche.
Nel nostro contesto la funzione primaria di questi recipienti sembra però essere legata all’illuminazione sia per il grande numero di oggetti rinvenuti (21 circa – non si giustifica la necessità di possedere tanti recipienti solo per uso medico-), sia per il colore degli stessi che, essendo in vetro verde, talvolta anche scuro, non avrebbero permesso l’osservazione diretta del liquido organico venendo meno allo scopo precipuo.
Resta così ipotizzabile un uso legato all’esigenza di illuminare gli ambienti, possibile mediante l’inserimento di acqua, olio e stoppino all’interno del recipiente.
I riscontri per questo tipo morfologico sono numerosi ed in genere di epoca bassomedievale o post-medievale; sono quelli rinvenuti a Udine, Padova, Milano, Monte Lecco, Genova, Pistoia, Prato, Tarquinia e soprattutto Ferrara, Tuscania e Roma dove sono emersi alcuni esemplari integri o comunque completamente ricostruiti.
Scarsissime sono invece le attestazionidi bacini e coppe in vetro fra XIV e XV secolo, quando prevalsero invece forme aperte in materiale ceramico, preferite nella presentazione dei cibi solidi. Nonostante questo dato, rispettato anche all’interno del nostro contesto, affianco agli splendidi esemplari in maiolica arcaica è stata rinvenuta una magnifica coppa. Presenta forma a emisfero depresso, piede anulare applicato al fondo concavo appuntito a cono; il bordo è diritto con orlo leggermente arrotondato e ingrossato a sezione triangolare, le pareti sono lisce, prive di decorazione. Elemento particolare, e privo a tutt’oggi di confronti puntuali, è l’applicazione laterale di un’ansa (solo una presa è stata rinvenuta ma è probabile che il recipiente fosse biansato) che riporta i segni irregolari di una pinzatura.
Anche un piccolo coperchio circolare appartiene ad una tipologia poco diffusa: sono noti infatti in epoca medievale pochi coperchi utilizzati, fra XV e XVI secolo, per lo più per usi farmaceutici. Non è facile ipotizzare in questo contesto il tipo di recipiente a cui questo coperchio doeva essere associato.
I dati esposti fino ad ora restituiscono un quadro morfologico molto vario e ricco. Il vasellame rinvenuto, prevalentemenete da mensa, sembra restituire una visione fedele della presenza di suppelletile vitrea durante il XIV secolo. Vi si riconosce infatti un ruolo primario dei bicchieri di varie dimensioni e decorazioni che non lasciano spazio alcuno al calice, rappresentato da un unico esemplare frammentario. Considerevole è anche il numero delle bottiglie dal lungo collo e ventre sferico che si affiancano qui ai boccali in maiolica arcaica rispecchiando l’immagine che ci è restituita dall’iconografia trecentesca friulana che con l’Ultima Cena di Valeriano (seconda metà del XIV secolo) ritrae una mensa imbandita con numerosi bicchieri, un angastara in vetro e due boccali fittili per il vino.
I dati in nostro possesso permettono di affrontare, oltre ad un discorso prettamente tipologico, alcune considerazioni anche sul luogo di produzione e sulla datazione di questi materiali. Le analisi chimiche infatti hanno accertato che la maggior parte dei reperti è stata prodotta a Venezia, con vetro di buona qualità e di buona fattura. Altri prodotti invece, in particolare quelli soffiati in stampo, presentano composizione chimica tale da far ipotizzare che fossero stati ottenuti tramite rifusione di prodotti vitrei. Questi dati suggeriscono quindi la possibilità, al momento per altro non suffragata da documentazione archivistica o archeologica, di una produzione locale delle forme più correnti come i bicchieri soffiati in stampo. Queste officine si sarebbero occupatemdella sola lavorazione del vetro e non del suo completo ciclo di produzione delegando all’importazione da Venezia l’approvvigionamento dei prodotti più elaborati.
Per la datazione dell’intero complesso, oltre agli importanti dati forniti dai materiali in associazione (non ultimo l’assenza di graffita arcaica che in Friuli comincia a comparire durante l’ultimo quarto del XIV secolo e che ci dà quindi un termine ante quem), dai confronti tipologici con analoghi prodotti vitrei rinvenuti in contesti per lo più Trecenteschi, un dato importante ed inconfutabile è fornito dalla decorazione a fili blu applicati all’orlo che è stata rinvenuta, come abbiamo visto, su alcuni esemplari presenti in sito. La colorazione blu è stata infatti ottenuta con l’aggiunta al fuso di un minerale di cobalto, probabilmente importato dal Levante, utilizzato a Venezia presumibilmente fino alla fine del XIV secolo quando fu sostituito da un minerale di provenienza germanica. I materiali quindi, ascrivibili in parte a produzione veneziana, in parte locale si possono collocare cronologicamente attorno alla metà-terzo venticinquennio del XIV secolo.

Autore: Roberta Zuech

in Pordenone Gemona. L’antica strada verso l’Austria, AA.VV., Pordenone 1997. p. 71-77.

Vedi anche: Il gotico a palazzo Ricchieri, Gilberto Ganzer, in Splendori del Gotico nel patriarcato diAquileia, Civici Musei di Udine, 2009, pp. 97-103.

 

Periodo Storico: Basso Medioevo
Localizzazione Geografica
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