Pur non essendo San Valeriano titolare della chiesa parrocchiale e patrono della villa (che ha certo origini romane: c’è chi la vuole derivata dall’omonimo imperatore, chi dalla famiglia Valeria, chi da un non meglio conosciuto centurione di questo nome). S. Valeriano figura in ferrea armatura, accanto alla Madonna e a S. Giuseppe, nella meravigliosa Natività di cui si parla più avanti. La villa appartenne ai patriarchi di Aquileia dal 1335 fino al 1569 quando venne assoggettata alla giurisdizione dei Savorgnan, che la tennero fino all’epoca napoleonica.
Santa Maria dei Battuti è una piccola chiesa eretta dalla confraternita dei Battuti di Valeriano prima del 1300. Infatti, in un documento della Marciana è scritto – all’anno 1300 – che la «Capella et fradalia (dei Battuti) Valeriani debet in eodem festo (di S. Stefano) pro honorancia media libra piperis» alla chiesa parrocchiale. Quindi, la chiesetta di S. Maria risale a prima del 1300, se in quell’anno era già gravata di un contributo verso la parrocchiale. Alla fine del Quattrocento venne ampliata verso la fronte ed ebbe l’aggiunta del presbiterio.
La confraternita raccoglieva dei flagellanti che promuovevano il culto religioso e si adoperavano in opere di carità.
L’istituzione della Pieve è tuttavia ben più antica: già nel 1186 viene ricordata in una bolla di Urbano III fra quelle appartenenti alla Diocesi di Concordia.
La facciata si adorna del portale lapideo scolpito da Giovanni Antonio Pilacorte Pilacorte; la data si legge sull’archivolto: «1499 adì 15 de mazo» (maggio); alla base e al sommo dell’archivolto erano previste statue probabilmente eseguite ed in seguito scomparse.
Sulla facciata il Pordenone affrescò, nel 1524, sul lato destro il possente S. Cristoforo, sul lato sinistro in alto la Fuga in Egitto e sul riquadro inferiore le figure dei santi Giovanni Battista, Stefano e Valeriano; sopra il portale un’Incoronazione della Vergine.
Gli affreschi ora staccati per motivi di conservazione e sostituiti da una decorazione che ne ricorda l’antica figurazione, sono visibili all’interno della cappella in seguito arricchita dalla Natività (1527), scena ambientata tra le colline del paesaggio pedemontano (parete sinistra); in essa il maggior pittore friulano «ha saputo fondere la umana dolcezza dei personaggi ed il celestiale grappolo di angioletti con il veristico paesaggio di sfondo, con la rovinosa capanna ed il digradare dei colli nella lontananza. La tavolozza nella sua vivacità dà all’insieme un ben alto valore artistico» (Forniz).
Al suo interno conserva anche un prezioso trittico a fresco (S. Valeriano, S. Michele, S. Giovanni Battista) di Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone (altare di destra), firmato e datato 1506.
Sulla sinistra c’è un altro trittico affrescato nel 1532 dal pittore spilimberghese Marco Tiussi (B.V. Maria, SS. Trinità, S. Giovanni Battista), che imita il precedente.
L’altare maggiore è opera del 1757 dello scultore pinzanese Francesco Sabbadini; pregevole è il coro ligneo del secolo XVI intagliato ed intarsiato.
Altri affreschi sulla parete di sinistra sono: una Fuga in Egitto, probabilmente opera di un collaboratore, e un Cristo in Gloria trecentesco. Sulla parete destra della navata si trovano invece una Ultima Cena, una Trinità, un San Niccolò ed una scena naturalistica: tutte opere trecentesche, probabilmente della stessa mano. Questi sono i più antichi affreschi di questa chiesa.
Il Coletti, che dedicò loro un breve studio, propenso a vedervi forse la mano del suo ipotetico “Maestro dei Padiglioni”, che, seguace e collaboratore del Vitale, rimase in Friuli dopo che nel 1394 il maestro tornò in Emilia: sarebbe questi l’esecutore di dipinti nel Duomo di Udine, nel Duomo di Spilimbergo e nella cappella del Gonfalone del Duomo di Venzone.
Zuliani invece li vede legati agli affreschi di Spilimbergo e li dice – uno dei punti più bassi di questa involuzione dialettale -.
In effetti gli affreschi di Valeriano, databili alla fine del XIV secolo, pur mostrando qualche punto di contatto con le opere maggiori, sono permeati di un notevole provincialismo che abbassa il livello qualitativo della composizione per mettere in luce, nel migliore dei casi, una fresca ed ingenua vena popolaresca.
Così, ad esempio, nell’Ultima Cena (avvicinabile per certi versi a quella distrutta già in San Martino di Erto), ove compaiono motivi d’arte nordica, così nelle storie della Vergine che presentano figure allungatissime, elegantemente abbigliate alla maniera del gotico internazionale, entro semplificate architetture.
Interessante il confronto tra il Padre Eterno della Trinità e quello nella cappella del Gonfalone di Venzone (attribuito a Baietto e Lu Domine), il che può forse far spostare al primo decennio del XV secolo l’esecuzione di questo fresco.

in Affreschi del Friuli, Giuseppe Bergamini, Carlo Mutinelli, Luciano Perissinotto, Istituto per l’Enciclopedia del FVG, Udine 19733, pag. 104

La decorazione della volta è costituita da un ciclo di episodi della vita della Vergine; disposti di qua e di là del colmo su quattro registri, rivelano la presenza d’una mano più sapiente e d’epoca alquanto posteriore: forse principio del Quattrocento.
L’oratorio conservava anche l’altare ligneo policromo e dorato intagliato nel 1509 da Giovanni di Domenico da Tolmezzo (1485-ca. 1531) e un prezioso Crocefisso ligneo tardo-quattrocentesco, ora al Museo d’Arte di Pordenone.
Agile ben disegnato il campanile a vela.

Info:
Lato nord della piazza di Valeriano, via Roma, 153 – Valeriano, 33094 Pinzano al Tagliamento (PN)

Fonte:
Diocesi di Concordia Pordenone – Tel. 0434.221111 – diocesi@diocesiconcordiapordenone.it

Periodo Storico: Basso Medioevo
Localizzazione Geografica
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