Il nome di Ramandolo è famoso per i pregiati vigneti che si stendono sui fianchi del monte Bernadia, ma la storia di questa località è legata all’antica chiesetta dedicata a San Giovanni Battista. L’edificio attuale risale alla fine del XV secolo e conserva alcuni affreschi del 1535 di Gian Paolo Thanner, artista presente in altre chiese di Nimis, ed un polittico ligneo attribuito a Vincenzo da San Vito che lo realizzò nel 1516.
La prima citazione di Ramandolo risale al luglio 1273, quando il Friuli era governato dal Patriarca di Aquileia. Qui viene chiamato “villa”, indice che il borgo doveva avere una certa consistenza. La villa di Romandolo era parte della Pieve Matrice dei Santi Gervasio e Protasio di Nimis, una delle più antiche e più vaste della Regione.
La chiesetta si trova su un pendio terrazzato a 371 metri di altitudine e dalla stessa si gode un ampio panorama sulla pianura fino al Castello di Udine. La tradizione vuole che in questo luogo esistesse un tempietto pagano-romano sul quale venne costruito un primo edificio sacro dedicato a San Giovanni Battista poco dopo l’edificazione della prima chiesa matrice di S. Gervasio e Protasio a Nimis.
Nell’atrio sotto il portico, a sinistra della porta d’ingresso, si trova un masso pietroso sul quale si può osservare un’orma di piede che la leggenda afferma essere di San Giovanni Battista. A fine Ottocento il masso era all’interno della chiesa e l’orma veniva baciata dalla gente in segno di devozione.
La costruzione dell’attuale edificio risale alla fine del XV secolo. Documenti attestano che le Ville di Torlano, Ramandolo e Valle Montana formavano una sola comunità ed i loro abitanti per la messa domenicale dovevano salire all’antica chiesetta di San Giorgio presso il monte Zucon oppure scendere fino alla Pieve di Nimis, cosa non agevole in particolare con il cattivo tempo.
Da un atto notarile del 1472 risulta che gli abitanti di Ramandolo, Torlano e Vallemontana si impegnarono a costruire una chiesetta più accessibile in questo luogo.
Si trattò inizialmente di un edificio di piccole dimensioni che, qualche decennio dopo, venne ampliato con l’aggiunta del presbiterio. I lavori durarono a lungo per la mancanza di fondi e nonostante l’impegno diretto degli abitanti l’edificio venne completato solo con l’inserimento del portale sul cui architrave è riportata la data 1488. Le difficoltà economiche evidentemente continuarono dato che nel 1494 non tutti i debiti contratti dai paesani con il “tajapiera Francesco” erano stati saldati. La chiesa venne consacrata il 18 aprile 1503 assieme ad un altare che custodiva reliquie dei santi Biagio, Floreano e Pantaleone.
Il coro tardogotico poligonale venne aggiunto al principio del Cinquecento, forse dopo il terremoto del 1511 che tanti danni fece in Friuli. A causa della sua posizione la chiesetta rimase priva di cimitero ed i morti continuarono ad essere sepolti a valle nel cimitero di S. Gervasio e Protasio.
Il portico, aperto su due lati e con una finestra sul terzo venne aggiunto nel 1644 data incisa sull’arco di accesso e, più o meno nello stesso periodo venne aggiunta la sacrestia.
Settecentesca è la torre campanaria a sezione quadrata con cella a quattro bifore e copertura a padiglione in coppi.
La muratura dell’edificio con i restauri post terremoto del 1976 è stata lasciata a vista, frammista di sassi e pietre per l’aula ed il portico, mentre il presbiterio ed il campanile sono realizzati in pietre squadrate. La copertura è in coppi.
La facciata è in pietra squadrata con portale contornato in pietra con sopra una lunetta cieca ed ai lati due finestre rettangolari, con inferriata, mentre altre due finestre gotiche si aprono una sull’aula e l’altra sul coro. La pavimentazione è in seminato alla veneziana.
L’aula è rettangolare con travatura a vista e tavelle dipinte, si aprono sulle pareti una finestra ogivale a destra e l’accesso alla sacrestia a sinistra. In controfacciata, all’angolo, si trova il fonte battesimale. Al presbiterio, rialzato di tre gradini, si accede tramite l’arco santo a sesto acuto, con stipiti e conci in pietra.
Seguendo una nuova tendenza architettonica arrivata in Friuli nel XV secolo il presbiterio poligonale presenta una rete di costoloni che ornano la volta del coro, alcuni sono visibilmente allungati per unirsi ad un unico tondo centrale decorato con una rosetta. I costoloni si appoggiano su otto peducci antropomorfi in pietra.
A fianco dell’arco trionfale si ammirano alcuni affreschi di Gian Paolo Thanner mentre sulla parete sinistra, appoggiata su mensole, si trova un’ancona attribuita a Vincenzo di San Vito.
Gian Paolo Thanner (1475ca – 1560 circa), figlio dell’intagliatore e pittore bavarese Leonardo, fu attivo in Friuli per tutta la seconda metà del Quattrocento come pittore di chiese rustiche e di modesti quadri votivi eseguiti dietro ordinazione di privati, «per loro devocion».
Fu un pittore definito «senza scuola», che “ignora, o quasi, la prospettiva; usa colori di qualità scadente, con evidente ed ostinata inesperienza della tecnica dell’affresco … tratta il panneggio come un principiante; riempie gli spazi con lillipuziane figurine di committenti o devoti, e con puerili e lunghe didascalie in un volgare tra veneto e friulano pieno di spropositi; ripete all’infinito certe figure nello stesso schema monografico” (Marchetti 1957)
Tuttavia il numero delle chiesette in regione decorate dal Thanner, in parte attribuite su via stilistica, supera la ventina, cosa che sorprende visto il modesto livello qualitativo della sua pittura che si ritiene fosse a misura di committente e immediatamente comprensibile ad una popolazione che non apprezzava le novità introdotte dai maggiori pittori dell’epoca.
A Ramandolo sono presenti due affreschi votivi attribuiti al Thanner e datati al 1530 circa, uno dipinto sul Iato destro dell’arco trionfale, l’altro sull’adiacente parete destra della navata, entrambi inquadrati entro cornici architettoniche fittizie. Sopra entrambi i gruppi è presente un’iscrizione in latino, mentre alla loro base restano le righe che facevano da traccia per i nomi dei donatori e la data di esecuzione molto sbiadita, letta in passato come 1534.
Il primo raffigura la Santissima Trinità con le sante Caterina e Lucia. Il Padre Eterno, circondato da una mandorla di luce all’interno della quale si diramano raggi serpeggianti, sorregge il Crocifisso sopra il quale si posa la Colomba dello Spirito Santo. Santa Caterina d’Alessandria è rappresentata a sinistra con il simbolo del suo martirio (la ruota), mentre Santa Lucia a destra sorregge un calice all’interno del quale si vedono, in trasparenza, gli occhi che le furono strappati.
L’affresco sulla parete dell’aula raffigura San Giovanni Battista tra San Ludovico vescovo di Tolosa e Santo Stefano protomartire. Al di sopra un’iscrizione in caratteri gotici recita “INTER NATOS MULIERUM NON SUREXIT MAIOR JOHANIS BATISTA”.
Gli abitanti di Ramandolo, Torlano e Vallemontana nel 1512 affidarono agli intagliatori udinesi Vincenzo e Lorenzo dall’Occhio l’esecuzione di un polittico con le statue intagliate della Vergine, delle Sante Elisabetta e Brigida e dei Santi Giovanni, Sebastiano e Rocco. Il prezzo pattuito fu di 45 ducati ed il polittico nel 1516 era già finito e collocato in chiesa ma non pagato, come si apprende da un atto notarile del 14 settembre 1518 nel quale venne stabilito l’obbligo per i capifamiglia di Torlano, Ramandolo e Vallemontana di pagare quanto dovuto per l’ancona a Vincenzo da San Vito.
Oggi l’ancona è divisa in due piani ciascuno con tre scomparti: in quello superiore sono collocate le statue di San Sebastiano tra Santa Margherita da Cortona con il cane, suo attributo (a sinistra), e Santa Teresa d’Avila in abito da suora e con un libro in mano (a destra). Nel comparto inferiore la Vergine che insegna a leggere a Gesù tra San Rocco (a sinistra) e San Giovanni Battista (a destra).
Quest’opera è sopravvissuta fino ai giorni nostri anche se solo una parte delle statue risalgono al ‘500.
Le due sante sul ripiano superiore, Santa Teresa d’Avila e Santa Margherita da Cortona non sono sante cinquecentesche essendo state canonizzate solo più tardi. Anche la figura della Madonna non è parte dell’ancona originale. Le statue originali di Santa Elisabetta, Santa Brigida e della Madonna vennero forse danneggiate dal terremoto del 1746 e sostituite con opere del XVIII secolo realizzate da un popolaresco artista sconosciuto, forse di cultura slava, che sostituì le statuette troppo rovinate con altre, aggiustando quelle recuperabili.
Da documenti si sa che l’ancona occupò diversi posti nella chiesa finché venne relegata in sacrestia da dove scomparvero le statuette che vennero ritrovate nel 1913 e, nell’occasione, restaurate e ricollocate nell’aula della chiesa. Già in precario stato di conservazione, l’ancona subì ulteriori danni nel 1976 e venne in seguito nuovamente restaurata.
Di Vincenzo da San Vito si sa che era figlio di Bartolomeo dall’Occhio (o Bartolomeo da San Vito), che nacque a Udine nel 1481, fu posto dal padre a bottega (1493) col falegname Giampietro di Simone, e vi restò probabilmente fino al 1499 per poi lavorare nella bottega paterna. Finché visse il padre, cioè fino al 1511 non assunse lavori in nome proprio. Si ha notizia dell’esecuzione di almeno sette ancone scolpite da lui e di altre tre ordinategli, delle quali non è però attestata dai documenti l’esecuzione. Di lui rimane con certezza solo quanto resta dell’ancona della chiesetta di Ramandolo.
Vincenzo ebbe due mogli e due figli. Morì nel 1525 lasciando la bottega al fratello minore Marco.
Nel corso del Settecento la chiesa fu oggetto di vari interventi di manutenzione.
A seguito dei terremoti del 1976 la chiesa subì danni strutturali e negli anni 1982-1988 è stata oggetto di un intervento di restauro conservativo ed un ulteriore intervento di restauro ha avuto luogo nel 2002.

Fonti:
– Bergamini Giuseppe. Il Quattrocento e il Cinquecento in Paolo Goi (a cura di) La Scultura nel Friuli Venezia Giulia II Dal Quattrocento al Novecento GEAPprint Ed. Grafiche Editoriali Artistiche Pordenonesi 1988
– Bergamini Giuseppe e Tavano Sergio. Storia dell’arte nel Friuli Venezia Giulia. Chiandetti Editore, Reana del Rojale 1991
– Bincoletto Federico (a cura di). Sulle vie del Thanner. Itinerari alla scoperta di tesori d’arte nelle chiese del Friuli centro-orientale. Pro loco “Gio Batta Gallerio” di Vendoglio (Treppo Qrande) 2009
– Comelli Giovanni La Comunità di Ramandolo: aspetti storico-religiosi in Romandolo 1488-1988 a cura della Parrocchia di Romandolo 1988
– Marchetti Giuseppe (a cura di Gian Carlo Menis). Le chiesette votive del Friuli. Società Filologica Friulana. Arti Grafiche Friulane, Udine riedizione 1990
– Marchetti Giuseppe e Nicoletti Guido. La scultura lignea nel Friuli. Silvana Editoriale d’Arte Milano. 1956
– Marchetti Giuseppe Gian Paolo Thanner pittore e intagliatore in Friuli In: Sot la nape, a. 9, n. 4 (ottobre-dicembre 1957)
– Marchetti Giuseppe <1902-1966> Ancora pitture di Gian Paolo Thanner In: Sot la nape, a. 10, n. 2 (aprile-giugno 1958)
– Pastres Paolo Fuori dal tempo: gli affreschi di Gian Paolo Thanner nell’Udinese in: Sot la Nape, a. 60, n. 3 (Lui-Setembar 2008), p. 7-16.
– Venuti Tarcisio La chiesetta di San Giovanni Battista ed i suoi spetti artistici in Romandolo 1488-1988 a cura della Parrocchia di Romandolo 1988
– Chiese Italiane: https://chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/schedaca.jsp?sercd=68570

Indirizzo:
Via Ramandolo 33045 Nimis UD

Data ultima verifica: luglio 2022

Info:
Le chiavi della chiesetta possono essere chieste alla vicina Trattoria Ramandolo, via Ramandolo 48, Nimis tel. 0432 790009.

Autore: Marina Celegon

Galleria immagini: Marina Celegon.

Periodo Storico: Basso Medioevo
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza