L’Isola dei Bioni, la più occidentale della laguna, rappresenta una delle aree archeologiche più significative del comprensorio. I numerosi rinvenimenti del passato e le recenti ricerche – in particolare la scoperta di una sepoltura altomedievale – testimoniano la lunga continuità di vita del sito.
L’origine romana dell’isoletta è suggerita già dalla toponomastica: la denominazione Bibiones, attestata in epoca medievale, sembra derivare dal nome Boebius.
Ancora più eloquenti sono i dati archeologici: la presenza di resti di strutture, di sepolture e di una vasta gamma di manufatti conferma l’importanza del luogo, dove in età romana doveva sorgere un centro di particolare rilievo.
Nel canale dei Bioni agli inizi del Novecento giacevano distesi a circa 2 m di profondità colonne e capitelli e si potevano “… vedere e toccare, a bassa marea, taluni gradini di pietra forse di un porto, di un tempio, di un palazzo … ” (La Patria del Friuli, 1905). E’ probabile che la gradinata fosse relativa ad una banchina o ad un molo di approdo.
Non lontano, scavi condotti sull’isola nel 1911 portarono parzialmente alla luce, esplorandole per oltre 17 m, le fondazioni di un grande fabbricato, forse da identificare con un magazzino per lo stoccaggio delle merci.
Il sito, dunque, era dotato di funzioni portuali, certamente favorite dalla posizione di fronte alla foce del fiume Stella e in corrispondenza dello sbocco in laguna del torrente Cormor.
Sull’isola dovevano esistere anche uno o più edifici a carattere abitativo di un certo pregio. La stampa regionale del 1905 testimonia, infatti, la scoperta di resti di vani con pavimenti a mosaico e pareti intonacate a ricreare l’effetto del marmo; accenna poi a frammenti di colonne, a grosse pietre in calcare d’Istria, a resti di mosaici, a monete e a condutture idriche in piombo.
Tali informazioni trovano conferna tra i reperti conservati, che comprendono tessere in pietra e in pasta vitrea, frammenti di tubuli (condutture in terracotta) per sistemi di riscaldamento, lastrine marmoreeper il rivestimento parietale e pavimentale e parti di cornici architettoniche in marmo.
Numerose sono le testimonianze relative al mondo funerario, anch’esse avvalorate dalle descrizioni dei rinvenimenti effettuati nel 1905-06, che menzionavano vasi cinerari in vetro e una grande quantità di ossa umane.
Nel Museo di Marano si conservano gli oggetti che componevano il corredo di una tomba verosimilmente femminile, con vaghi di collana in pasta vitrea, una tessera da gioco e un ago in bronzo.
Vari frammenti di scultura si riferiscono alla decorazione di veri e propri monumenti sepolcrali in pietra e marmo, segno della presenza di personaggi di livello sociale piuttosto elevato. Tra i più significativi si segnalano una testa di leone riferibile a una delle sculture che a coppie venivano collocate davanti o al di sopra delle tombe monumentali con la funzione di custodi del sepolcro e un frammento di lastra marmorea di rivestimento su cui si conserva parte della decorazione figurata con animale o mostro marino. Non mancano dei frammenti di sarcofagi, fra i quali uno caratterizzato probabilmente dalla scena di un Erote a pesca.
L’isola fu occupata per tutto il periodo romano, per una durata di circa sei secoli. Il luogo fu poi frequentato fino al Medioevo inoltrato.

Fonte:
– Alle porte del Mare. Paesaggi d’acqua e di storia nella Laguna di Marano, a cura di Rita Auriemma e Paola Maggi, Luglio Editore, 2013, pp. 86 – 89 .

Periodo Storico: Età Romana
Localizzazione Geografica
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