L’insediamento del Castelliere di Galleriano, meglio noto con il toponimo “Las Rives“, si configura come l’unico sito protostorico del territorio del Comune di Lestizza: si tratta di un abitato fortificato di pianura che conserva ancora gli aggeri in alzato. La sua superficie interna, posta allo stesso piano della campagna circostante, è di circa 4 ettari, con un perimetro di 840 m; la Lavia Peraria in passato ne doveva lambire il terrapieno orientale e quello meridionale.
Questo castelliere, cinto da un terrapieno pressappoco romboidale con i vertici orientati secondo i punti cardinali, con Sedegliano e Savalons è uno dei tre soli esempi di abitati fortificati sorti in pianura oggi riconoscibili nell’alta pianura udinese. Esso è stato oggetto delle prime indagini sul campo nel 2003, per iniziativa dell’Università di Udine; data la rilevanza del sito, le ricerche sono poi riprese nel 2007.
In entrambe le occasioni i lavori si sono concentrati attorno al vertice nord della difesa a terrapieno, nel cosiddetto Campo Romano, una fascia di terreno larga 16 m e sopraelevata di circa 1 m rispetto al piano di campagna interno, che costeggia il lato nordoccidentale della cinta e che verso nord-est si prolunga all’esterno del circuito difensivo protostorico per una ventina di metri.
In questa zona sono stati individuati i resti del crollo di un’abitazione lunga almeno 10 metri, riconducibile all’età del bronzo medio-recente, nella quale si è riscontrato l’uso di una complessa tecnica edilizia in limo crudo con paramenti murari in graticcio intonacato su file di ciottoli a spina di pesce. Un altro saggio è stato aperto nell’area antistante all’estremità nordorientale dell’aggere, nel tratto in cui il circuito della fortificazione è interrotto dal “Campo Romano”: qui si sono raccolti dati su composizione e fasi della struttura arginata e inoltre si è potuta verificare l’esistenza di un varco antico, ubicato sul vertice nord come nel castelliere di Sedegliano. Si tratta di un complesso sistema di ingresso al villaggio confrontabile con porte monumentali di altri castellieri, quale quello di Moncodogno/Monkodonja, sulla costa occidentale dell’Istria.

Fonte:  sito internet dell’università di Udine, Dipartimento preistoria e protostoria.

Vedi anche l’allegato: Borgna-Corazza-Cassola-Castelliere di Galleriano

Vedi anche:
Si tratta di un castelliere ad aggere situato in mezzo alla campagna ed è raggiungibile, tramite strade carrarecce, da Nespoledo e da Sclaunicco. Di forma subrettangolare, il castelliere presenta i vertici orientati secondo i quattro punti cardinali e comprende un’area di circa 4-5 ettari.
Agli inizi del ‘900 il terrapieno era ancora integro su tutti i quattro lati (si vedano i disegni di C. Zugliani, 1873, presso la Biblioteca Civica V. Joppi di Udine e di A. Tellini, 1900), mentre, negli anni Quaranta, il Quarina constatava la demolizione della porzione orientale ad opera de proprietario del terreno (QUARINA 1943, p. 59).
All’interno del castelliere, a ridosso del lato Nord-Ovest per quasi tutta la sua lunghezza, si vede ancora oggi una larga striscia di terreno leggermente sopraelevata rispetto al piano di campagna. Questa sorta di contrafforte interno, già notato dal Quarina, rappresenta una caratteristica anomala rispetto alla tipica impostazione degli altri castellieri friulani, tuttavia sia la sua effettiva funzione sia l’eventuale contemporaneità con l’aggere protostorico sono ancora da verificare.
Le ricognizioni di superficie hanno riscontrato all’interno dell’area concentrazioni di materiale affiorante (frammenti fittili di varie epoche e laterizi) in aree situate a N-O e S-E. Nell’estate del 2003 l’Università di Udine ha condotto un saggio di scavo in prossimità del vertice settentrionale dell’aggere. Si è così constatato che la fase di impianto della struttura difensiva risaliva già al Bronzo Recente e ad essa erano connesse abitazioni.
Sono stati infatti rinvenuti piani di calpestio e resti delle strutture portanti di un muro perimetrale ligneo. La fortificazione, i cui resti sono quelli visibili ancor oggi, fu potenziata successivamente in un periodo compreso tra Bronzo Finale e Primo Ferro. In quest’occasione dovette essere risistemata tutta l’area abitativa con riporti di terra (CÀSSOLA GUIDA, CORAZZA, c.s.).
Tracce di frequentazione si riscontrano anche durante il Ferro II e in epoca romana, fino al I sec. a.C. Recentemente, nel 1999, in prossimità del settore settentrionale dell’aggere, è stato effettuato un ritrovamento fortuito di grandissima importanza. In un’area di spargimento di materiale, sconvolta da lavori agricoli, mescolati a frammenti ceramici protostorici e romani, sono stati recuperati alcuni bronzi interpretabili come probabile relitto di un ripostiglio databile al Bronzo Finale. Essi comprendono un’ascia ad alette, uno scalpello a cannone, alcuni frammenti di falcetto, un bracciale, un coltello, forse una lama di ascia, e le probabili estremità di due pani a piccone.
Questo gruppo di bronzi offre nuovi indizi utili a comprendere la rete di contatti in cui era coinvolta la regione friulana durante questo periodo. In particolare, la tipologia dei manufatti conferma l’esistenza di una fascia di scambi tra l’Italia Centrale e l’area del Caput Adriae, che si estendeva verso Ovest, fino al Tagliamento (VITRI 1999, cc. 289-91).
Oltre ai bronzi protostorici, si segnala il ritrovamento nei pressi del castelliere di alcuni frammenti di aes rude, piccoli frammenti di lingotti metallici, ascrivibili forse al IV-III sec. a.C., attualmente depositati presso i Civici Musei di Udine (CIVIDINI 2000).
Va osservato che nei pressi del castelliere i Tedeschi, durante la II guerra mondiale, costruirono una serie di piccoli bunker per ospitare aerei da ricognizione. Parte di questi sono ancora presenti (FERRO 2000).
Attualmente la sommità dell’aggere è in alcune zone coperta da alberi, mentre l’area interna in parte coltivata.

Materiale rinvenuto:
Laterizi bollati: Numerose sono le tegole con bollo rinvenute a Galleriano: un’attestazione va riferita a Q Clodius Ambrosius, tra i maggiori produttori di laterizi nella regione, particolarmente documentati nella zona di Carlino, Muzzana del Turgnano, Porpetto e San Giorgio di Nogaro; una segnalazione arriva anche da Talmassons. La datazione sembra collocabile nell’ambito del I secolo d.C., come si evince dall’esame paleografico.
Un bollo rimanda forse a [TR]OSI, presente sia nella variante con cartiglio rettangolare sia senza, e datato tra il I a.C. ed il I secolo d.C.. È possibile che esso provenga da una delle quattro fornaci localizzate nella zona di Rivignano.
Anche il marchio T. Coelius, prodotto con ogni probabilità nell’agro concordiese, va collocato cronologicamente nello stesso periodo ed è diffuso su entrambe le coste dell’Adriatico.
Due tegole presentano il bollo riconducibile a Ti(berius) Nucula, molto comune nel Medio Friuli e risalente ad un periodo compreso tra il I a.C. ed il I secolo d. C.: un pezzo è segnalato dalla Gomezel, mentre il secondo è conservato presso il Museo Civico di Udine.
Materiale da costruzione: I tubuli venivano impiegati nel rivestimento delle pareti degli ambienti con funzione termale, favorendo una circolazione uniforme del calore ed evitando fenomeni di condensazione sui muri; le striature sulla superficie superiore dei laterizi, eseguite con pettini in osso o ferro, servivano per facilitare l’adesione dell’intonaco. L’introduzione di tali manufatti, generalmente adottati nelle strutture di carattere residenziale, si colloca nella prima metà del 1 secolo d.C., diffondendosi nel secolo successivo. Nei territori limitrofi questo metodo di riscaldamento, basato sulla distribuzione omogenea del calore mediante intercapedini ricavate all’interno delle pareti, è attestato a Turrida e Rivis di Sedegliano, a Mortegliano, Teor e Talmassons.
Ceramica a vernice nera: Un frammento riveste un particolare interesse poiché conserva sul fondo una decorazione a gemma impressa, ottenuta cioè utilizzando una gemma come punzone. La qualità del pezzo è piuttosto scadente ed il suo stato di conservazione mediocre, tale da rendere difficile l’interpretazione del soggetto rappresentato; tuttavia pare di riconoscere un volatile rivolto a destra.
Monete: Le prime monete romane ottenute con la tecnica della fusione vengono fatte risalire al IV secolo a.C.; prima di queste emissioni, che appartengono alla serie dell’aes grave, o asse librale, circolavano semplici pezzi in bronzo allo stato naturale (cd. aes rude), particolarmente frequenti nelle tombe paleovenete di Este ed ora documentati anche a Lestizza. Uno “pseudo numerario” dunque, cui fecero seguito dei piccoli pani, sempre in bronzo, del tipo “a ramo secco” o “lisca di pesce”, di provenienza centro italica (aes signatum).
Tra i reperti numismatici raccolti riveste una grande importanza un bronzo coniato nell’isola di Creta a Cnosso. L’esemplare, in cattivo stato di conservazione, riporta sul diritto la testa di Hera (Demetra, secondo i Romani) o Artemide e sul rovescio la pianta di un labirinto quadrangolare; ai lati una punta di lancia e un fulmine; sopra un astro e nell’esergo la scritta in greco KNOS?ON (Cnosso). Per le sue caratteristiche, la moneta viene datata tra il II ed il I secolo a.C.. Nel territorio friulano ammontano a circa una decina le emissioni monetali provenienti dal bacino dell’Egeo e dalla costa africana, ritrovate prevalentemente lungo la via Postumia, nel tratto più vicino ad Aquileia, e isolatamente a Pozzuolo, Pavia di Udine, Lovaria e Udine Baldasseria.
Oltre alle tredici monete custodite presso il Museo udinese, provengono dall’area altri sette esemplari: due assi unciali e un semisse di epoca repubblicana, un dupondio di Vespasiano e tre piccoli bronzi in pessimo stato di conservazione riferibili all’epoca tardoantica.
Oggetti in bronzo: Tra le fibule rinvenute nel corso delle ricognizioni compiute verso la fine degli anni ’80, destano grande interesse due esemplari collegabili alla cultura Latèmana: il primo rientra tipologicamente nel gruppo Almgren 65, variante A, diffuso dalla pianura padana sino al Piceno ed anche nelle regioni transalpine, dalla Svizzera all’Austria e alla Dalmazia. Un manufatto analogo proviene dalla località Casteò a Villaorba di Basiliano, dove è associato ad un denario di Caio Porcio Catone, a riprova di una romanizzazione piuttosto precoce dell’area, da collocarsi almeno intorno alla metà del II secolo a.C..
La fibula tipo Jezerine si contraddistingue per l’arco a nastro variamente decorato concluso da una fascetta. Il piede presenta un piccolo foro e un bottone terminale. Viene datata nel periodo cesariano e triumvirale e risulta diffusa in tutta l’Europa, con una maggiore concentrazione di esemplari nell’Italia settentrionale, nella Slovenia e nella media valle del Danubio. Numerose sono le attestazioni nel Friuli centrale; una in particolare sembra provenire dal sito della Paluzzana.
Le fibule del periodo tardoantico risultano documentate da due esemplari; si tratta di fibule del tipo “a cerniera” o Hrusica, dal nome di uno dei luoghi dove se ne era individuata una particolare concentrazione.
Per l’inquadramento cronologico, si teorizza una fase iniziale di produzione non anteriore alla seconda metà del III secolo d.C., con un proseguimento fino al V secolo.

Presa di recipiente del bronzo medio (1300 a.C. c.

Materiale in deposito presso:
– Museo Civico Archeologico di Udine;
– Museo Archeologico Nazionale di Cividale;
– deposito temporaneo presso il Municipio di Lestizza, ora a Villa Fabris.

Relativamente alla fase romana, i ritrovamenti compiuti attraverso gli anni consentono di tracciare un panorama articolato sull’occupazione dell’area, inducendo a supporre l’esistenza di un complesso abitativo di notevoli dimensioni, dotato di impianti di riscaldamento e pavimenti musivi.

Info: Superficie di ca. 4 – 5 ettari, con un perimetro di 849 m.

Bibliografia:
– Bianchetti 1991, p. 33; Bressan 1988, pp. 65-6; Càssola Guida – Montagnari Kokelj – Ruaro Loseri 1984, p. 58; Càssola Guida 1981, p. 17; Càssola Guida 1990A; Càssola Guida, Corazza c.s.; Càssola Guida, Vitri 1984, pp. 189-91; Càssola Guida, Vitri 1990, p. 168, n. 35; Cividini 2000; De Cillia 1990, p. 21; Ferro 2000, p. 44 e ss.; Miotti 1988, pp. 59-60; Miotti 1981, pp. 164-6; Quarina 1943, pp. 58-9; Schmiedt 1970, tav. XI, 3; Vitri 1991A, p. 128; Vitri 1999, cc. 289-91, fig. 2.

Fonte:
– DVD – Terra di Castellieri – Archeologia e Territorio nel Medio Friuli – Sezione B – L’età protostorica, SIAE – cre@ttiva 2004
– AA.VV., Cjastelirs, Tumbaris, Mutaris … viaggio tra i contadini-guerrieri di un Friuli protostorico, Comune di Mereto di Tomba, Alessandro D’Osvaldo Editore, 2018
– AA.VV. La vita quotidiana nei villaggi protostoriciLa vita quotidiana nei villaggi protostorici
– 
L Quarina, Castellieri e tombe a tumulo in prov di Udine,  in “Ce Fastu” Bollettino della S.F.F., Anno XIX – n. 1 – 2 Aprile 1943.
– “Presenze Romane” a cura di T. Cividini ed altri.

Vedi anche: Materiali ceramici protostorici da Castions di Strada (Ud) e Galleriano (Lestizza, Ud) , di Federica Zendron, in Gortania n. 34 (2012).
Vengono presentati due esigui raggruppamenti di ceramica recuperati agli inizi del Novecento dai soci del Circolo Speleologico e Idrologico Friulano di Udine negli abitati arginati (castellieri) di Castions di Strada e di Galleriano. I cocci provenienti da Galleriano costituiscono un contesto unitario datato al Bronzo Recente, quelli raccolti a Castions di Strada sono ricollegabili alla fondazione e alle due fasi di potenziamento della cinta (fine Bronzo Medio-inizi Bronzo Recente, Bronzo Recente, Bronzo Finale/Primo Ferro). Particolare rilievo ha il rinvenimento in quest’ultimo sito di un’olla del V sec. a.C. che qui per la prima volta documenta una frequentazione, seppur sporadica, dell’insediamento anche dopo il suo abbandono.

Vedi anche: https://www.protostoriainfriuli.it/siti/castelliere-las-rives/

Vedi anche: LESTIZZA Storia di un borgo rurale, a cura di Maria Elodia Palumbo, pag. 24

Leggi anche:
La casa degli anelloni
I resti della “casa degli anelloni” sono stati individuati nel castelliere di Galleriano, un villaggio difeso da un terrapieno di forma grosso modo romboidale, ancora oggi ben visibile, sorto in località Las Rives.
L’insediamento fu inserito da Lodovico Quarina nel censimento che egli fece nel 1943 dei castellieri friulani.
La presenza di un abitato antico fu successivamente confermata da ripetuti rinvenimenti sporadici effettuati a partire dagli anni Ottanta del 1900 all’interno della cinta difensiva e nelle sue vicinanze: un’abbondante quantità di cocci, un ristretto numero di singoli oggetti di metallo e un ripostiglio di oggetti di bronzo.
Nel 2003 e poi nel 2007 l’Università di Udine condusse due campagne di scavo in due zone distinte dell’insediamento: in un’area sopraelevata rispetto al piano di campagna nei pressi del margine interno nord-occidentale del terrapieno – il cosiddetto “Campo Romano” – e presso il suo vertice settentrionale. Il sondaggio nel “Campo Romano” ha permesso di individuare una porzione della capanna. La trincea che ha sezionato il terrapieno ha consentito di intercettare le tracce dell’antico ingresso al villaggio, un tortuoso passaggio che impediva a eventuali aggressori di entrare nell’insediamento.
Il castelliere fondato verosimilmente nel Bronzo Medio (1600 a.C. circa) fu occupato almeno fino al Bronzo Finale (1150-950 a.C.) quando venne abbandonato come altri insediamenti fortificati di pianura.
I Romani lo occuparono trasformandone in parte l’aspetto – la fascia sopraelevata del “Campo Romano” fu realizzata in questo periodo.

Ricostruzione ipotetica della Casa degli anelloni

All’interno del castelliere di Galleriano, poco distante dal terrapieno che lo difendeva, sono stati scoperti i resti di una casa di epoca protostorica. Le informazioni relative all’abitazione sono limitate. In parte ciò è dovuto al fatto che nel corso degli scavi condotti fino ad oggi gli archeologi hanno messo in luce solo un tratto, lungo circa 10 m, di uno dei muri perimetrali.
Di questo solo una piccola porzione è stata indagata in modo completo. I numerosi lavori effettuati dai Romani nel castelliere, soprattutto nell’area in cui sorse la “casa degli anelloni”, distrussero molte delle testimonianze più antiche conservate nel sottosuolo. Non si sa dunque con precisione quale pianta dovesse avere la struttura, quali ne fossero le dimensioni e come fosse suddiviso lo spazio al suo interno; peraltro, in base ai dati emersi, appare già chiaro che si trattava di una casa piuttosto grande e di forma rettangolare con i lati lunghi paralleli al terrapieno.
Gli archeologi sono invece in grado di ricostruire la tecnica con la quale il muro riportato alla luce fu innalzato.
Al di sopra di uno zoccolo di terra erano sistemati con perizia su una fascia di 40 cm delle file parallele di ciottoli scelti, di misura compresa tra i 7 e 15 cm. Sopra ai ciottoli collocati “a spina di pesce” doveva essere appoggiata orizzontalmente una trave di legno, che non si è conservata, nella quale erano inseriti i pali che reggevano il tetto.

Disegno ricostruttivo della Casa degli anelloni

Questo semplice accorgimento faceva sì che il legno non marcisse rapidamente a causa dell’umidità del terreno. L’impiego di una intelaiatura lignea retta da una trave di base è una modalità di costruzione che in Friuli è testimoniata qui per la prima volta. Il muro era stato innalzato usando la tecnica del doppio paramento. La cassaforma costituita dalle pareti in graticcio era tamponata con dell’argilla cruda locale, selezionata e depurata. All’esterno il graticcio era intonacato con del limo.
Verso il terrapieno, fuori dalla casa, gli abitanti del castelliere scavarono una canaletta. In questo modo l’acqua che scendeva dalle fiancate in pendio della cinta difensiva non rischiava di erodere il piede del muro.
All’interno dell’abitazione doveva trovarsi un telaio, come indicano gli anelloni di terracotta rinvenuti, con numerosi frammenti di vasi, dentro la canaletta dove erano stati gettati dopo l’abbandono della struttura. Questo materiale ha permesso agli studiosi di datare la casa all’età del bronzo recente (1350-1150 a.C.).
La “casa degli anelloni” venne abbandonata in un momento e per motivi ancora ignoti. Ormai vuota e priva di ogni manutenzione, i materiali con cui era costruita, legno, paglia e terra, si degradarono rapidamente. Tetto e pareti crollarono e tutto fu ricoperto per conservarsi fino ai giorni nostri.
Fonte: La vita quotidiana nei villaggi protostorici, a cura di Federica Zendron, Francesca Ciroi, Susi Corazza, Giovanni Tasca.

Periodo Storico: Protostoria
Localizzazione Geografica
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