La basilica patriarcale di Sant’Eufemia è il principale edificio religioso di Grado (GO) e antica chiesa cattedrale del soppresso patriarcato di Grado.
Risalente al VI secolo, sorge sulla piazza dell’antica città patriarcale, affiancata dal battistero e dal campanile a cuspide del secolo XV.
Sul luogo sorgeva una precedente basilica del V secolo, forse voluta dal metropolita di Aquileia Niceta (454-485) al tempo dell’invasione di Attila. L’edificio, a pianta basilicale, venne ordinato da Elia, arcivescovo di Aquileia anch’egli in fuga da un’invasione: quella dei Longobardi.
Quasi al contempo, Elia, in contrasto con papa Pelagio II a seguito della condanna dei Tre Capitoli, scelse la strada dell’autocefalia, proclamandosi patriarca, e, per riaffermare la propria fedeltà al concilio di Calcedonia, decise di dedicare la nuova chiesa a sant’Eufemia di Calcedonia, patrona di quel concilio, consacrandola forse il 3 novembre 579. Contemporaneamente anche Agrippino, vescovo di Como e tenace assertore dello scisma, diffondeva in terra lariana il culto di sant’Eufemia di Calcedonia erigendo sull’Isola Comacina una Basilica dedicata a questa santa.
Targa di dedicazione della chiesa ai Ss. Ermacora e Fortunato presso l’ingresso della sacrestia.
Seguendo le complicate traversie della sua diocesi, tra il VI e l’inizio del VII secolo, la basilica fu sede del ramo filo-romano e filo-bizantino in cui si scisse il patriarcato, fino alla definitiva separazione tra le due chiese e la costituzione, negli anni 717 e 739 del Patriarcato di Grado.
Sottoposta al sempre più stretto controllo dei Duchi di Venezia, delle cui terre era chiesa madre, più volte coinvolta negli scontri militari per la mai sopita rivalità coi vicini Patriarchi di Aquileia, la basilica di Sant’Eufemia prese a decadere a partire dal 1105, quando il nuovo patriarca, Giovanni Gradenigo, scelse di risiedere nella capitale: Venezia. La basilica mantenne tuttavia la titolarità della cattedra patriarcale anche dopo il riconoscimento pontificio, nel 1177, della residenza veneziana dei patriarchi.
Nel 1451, però, con la soppressione del titolo gradense e l’istituzione del nuovo Patriarcato di Venezia, la basilica venne incorporata nella nuova diocesi, perdendo il titolo di cattedrale, trasferito alla basilica di San Pietro di Castello, a Venezia.
Nel 1455 venne eretto l’attuale campanile, sormontato da una statua segnavento in rame sbalzato del 1462, raffigurante san Michele arcangelo (anche se in realtà, secondo l’iconografia cristiana, la statua segnavento raffigura san Gabriele arcangelo, in quanto regge in mano un giglio, simbolo dell’Annunciazione).
L’esterno, in stile paleocristiano, si presenta in mattoni ed arenaria a vista e presenta rimaneggiamenti risalenti ai secoli XVII e XIX, in parte rimossi coi restauri eseguiti a metà novecento.
La facciata, rivolta sulla Piazza del Patriarcato, è ripartita a salienti e lesene e aperta da tre ampi finestroni, al disotto dei quali si intravvedono le tracce dell’antico nartece, oggi scomparso. Ad essa è addossato sul lato destro il campanile, a cuspide, d’aspetto veneziano.
L’interno, ampio e luminoso, è diviso in tre navate, delimitate da colonne in marmi policromi, in parte di epoca romana, così come i capitelli, sorreggenti gli archi. Sulla parte alta e lungo le pareti perimetrali, si aprono numerosi ed ampi finestroni, che illuminano l’ambiente ed il sovrastante tetto a capriate.
gradoNotevole è la decorazione musiva interna, in particolare per quanto riguarda il grande mosaico pavimentale, risalente alla fine del VI secolo. Sul lato sinistro della navata centrale si erge poi un alto ambone esagonale, di architettura moresca, con decorazioni scultoree del XIII secolo (1).
Nel presbiterio, decorato in alto da affreschi quattrocenteschi, trova posto la pala d’oro in argento sbalzato e cesellato, donato alla basilica nel 1372 dal nobile veneziano Donato Mazzalorsa. Ripartito in tre registri, entro cornici polilobate, raffigura: in quello superiore l’Annunciazione, il Cristo e i simboli degli Evangelisti, in quello inferiore una serie di archetti con figure di Santi e, nel registro centrale, Cristo in trono e San Marco che celebra messa.
gradoLa basilica ospita la statua della Madonna degli Angeli che, in occasione della festa del Perdon di Barbana (prima domenica di luglio), viene portata in processione in laguna fino al santuario di Barbana (vedi scheda).

(1) Ambone con i simboli fegli Evangelisti.
Nella navata centrale del Duomo, tra la settima e l’ottava colonna, sorge un ambone esagonale, sostenuto da sei colonnine. Si tratta di una costruzione frammentaria, risultante cioè da elementi di diversa epoca e di diverso stile.
La parte centrale dell’ambone è scolpita con i simboli dei quattro Evangelisti, che scrissero il Vangelo di Cristo, il cui messaggio si comunica appunto dall’ambone alla comunità dei fedeli.
Le figure dell’ambone, vigorose per forme e per modellato, simili nella stilizzazione ai modelli di sbalzo metallico, vanno attribuite a maestranze di area veneto-lombarda, con possibilità, tuttavia, di più circoscritti richiami ai “modi campionesi”, cioè a quella compattezza volumetrica della tarda scultura romanica, conseguente agli esempi ormai remoti di Benedetto Antelami e strettamente dipendente dall’interpretazione cche ne è data nei secoli XIII e XIV da un gruppo di capomastri e tagliapietre lombardi connessi con le personalità di Anselmo e Ottavio da Campione (località sul lago di Como) (da Scultura in Friuli. Il Romanico, Carlo Gaberschek, 1981, p. 66).

Periodo Storico: Alto Medioevo
Localizzazione Geografica
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