erto e casso

erto e cassoImmagini di un’Ultima Cena, fotografata nella Chiesetta di San Martino dal fotografo friulano Lucio Peressi nel 1963, opera affrescata di ignoto autore del Quattrocento. L’immagine, purtroppo parziale, si trova nell’Archivio Fotografico Friulano Lucio Peressi presso il Museo Etnografico di udine in Palazzo Giacomelli
Pochi giorni dopo, il 9 ottobre 1963, la chiesetta è stata rasa al suolo dal disastro del Vajont. Anche l’affresco dunque è scomparso nel dramma di quella terribile sera.
Trattavasi di ingenuo affresco popolaresco: rappresenta un’Ultima Cena con gli apostoli inespressivi ed una tavola riccamente imbandita con numerosi vivacissimi gamberi (non dissimili da quelli che si vedono in affreschi bellunesi) e caraffe e bicchieri colmi di vino.

La nuova chiesetta di San Martino.
Ha preso ormai forma grazie all’installazione delle pareti in acciaio che ricordano l’originaria chiesa in muratura, cancellata in pochi secondi dall’onda del Vajont la notte del 9 ottobre 1963: in queste ore chi transita lungo l’ex statale 251, a Erto, si imbatte in un nuovo scorcio di panorama.
erto e cassoAll’altezza della frazione di San Martino è stata montata la struttura metallica del tempietto votivo. L’edificio è stato realizzato nel punto in cui sino a 56 anni fa sorgeva l’antichissima ancona della borgata. I vincoli geologici hanno impedito l’impiego di materiali edili per paura delle frane. Di qui la decisione del progettista, l’architetto Carla Sacchi, di ricorrere a vetro e acciaio.
Lo “scheletro” dell’immobile è stato assemblato e fa ora parte del panorama di Erto e Casso, essendo ben visibile anche dall’altro versante della vallata. I lavori sono ripresi da qualche mese dopo uno stop di quasi un anno legato ad alcuni controlli effettuati in zona dalla Sopraintendenza ai beni culturali di Udine.
L’area è interessante dal punto di vista archeologico in quanto la chiesetta spazzata via dal disastro era stata costruita su un precedente manufatto pagano. Tanto che nel 2018 dal terreno spuntarono persino delle ossa umane risalenti al periodo pre romano. Quello in fase di ultimazione viene definito un “memoriale” dall’architetto Sacchi. La nuova struttura sarà infatti una sorta di involucro a protezione del pavimento e dei pochi resti che si sono salvati dalla sciagura (nell’evento la frazione di San Martino subì gravi danni materiali e la perdite di decine di residenti).
L’ingegnere pordenonese Luigi Cimolai e l’omonima azienda hanno donato alla comunità materiali, ore di lavoro e competenze. L’immobile, una volta terminato, sarà consacrato.
Prima del taglio del nastro, che si terrà presumibilmente in primavera inoltrata del 2021, il Comune deve sistemare l’accesso al sito e rendere più sicura l’immissione dei veicoli nella 251. Il sito è adiacente ad una curva a gomito priva di visibilità e il continuo via vai di mezzi, anche pesanti, rende pericoloso il traffico viario della borgata. soddisfatti per l’andamento del cantiere il sindaco Fernando Carrara e il parroco di Erto e Casso, don Luigi Biscontin.
Autore: Fabiano Filippin
Fonte: www.messaggeroveneto.gelocal.it, 10 gen 2020

Inaugurato ieri il memoriale coi nomi dei morti del Vajont.
erto e cassoAl tramonto, i raggi del sole filtreranno attraverso pannelli serigrafati, riproducendo sul pavimento originario i nomi delle vittime del Vajont e gli antichi affreschi scomparsi nel disastro: è la caratteristica più significativa del memoriale di San Martino, inaugurato ieri a Erto.
La struttura in acciaio e vetro vuole essere un richiamo alla chiesetta della borgata distrutta la notte del 9 ottobre 1963: da allora la popolazione ne reclamava la ricostruzione, ma era impossibile procedere con un progetto tradizionale. Il luogo è infatti dichiarato pericoloso per eventuali frane e così si è ripiegato su quello che ieri il vescovo di Concordia-Pordenone, monsignor Giuseppe Pellegrini, ha definito «l’involucro della chiesa. Non sarà un tempietto o un’ancona votiva, ma un monito perenne a noi e a chi verrà dopo di noi – ha detto il presule durante la benedizione –. L’edificio di cui dopo la tragedia conserviamo solo le piastrelle è affidato al patrono San Sebastiano, mentre il memoriale è dedicato ai defunti del Vajont e a chi lavorò per la rinascita. Questa giornata ci insegna che nella vita occorre sempre un duplice rispetto: per l’uomo e per l’ambiente».
Il sindaco di Erto e Casso, Fernando Carrara, ha parlato del futuro dell’area che a breve sarà illuminata e ulteriormente sistemata. Verrà ripristinata la vecchia strada postale che attraversava il sito e qui saranno depositati i cimeli del disastro recuperati nei prati della valle.
«Non scorderemo mai chi ha lottato perché potessimo toccare con mano la nostra storia. Tra loro, qui presente, il parroco don Eugenio Biscontin, e il predecessore don Matteo Pasut, oggi indisposto», ha concluso Carrara.
In prima fila, tra residenti e fedeli, i sindaci di Vajont e Longarone (rispettivamente Lavinia Corona e Roberto Padrin), il deputato Vannia Gava, il consigliere regionale Stefano Turchet e i rappresentanti dell’Enel. L’architetto Carla Sacchi e un’archeologa della Soprintendenza di Udine hanno esposto dal punto di vista tecnico in cosa sono erto e cassoconsistiti i lavori di recupero del sito e il successivo riassetto. Un minuto di silenzio è stato infine osservato per la famiglia Cimolai, che ha materialmente costruito il manufatto in ferro e che venerdì sera è stata colpita da un grave lutto. —
Autore: Fabiano Filippin
Fonte: www.messaggeroveneto.gelocal.it, 20 set 2020

Rilevatore: Feliciano Della Mora

Fotografia, con annotazione, di Lucio Peressi mell’Archivio Fotografico Friulano Lucio Peressi presso il Museo Etnografico di Udine.

Periodo Storico: Protostoria
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza