1255 / 4204 VG – GROTTA DEL DIO MITHRA
Comune: Duino-Aurisina – Prov.: Trieste – CTR 1:5000 San Giovanni al Timavo – 109044 – Lat.: 45° 47′ 3,4″ Long.: 13° 35′ 52,5″ – Quota ing.: m 46 – Pozzo accesso: m 5 – Prof.: m 5.5 – Svil.: m 21 – Rilievo: 27.06.1963 – Galli M. – Com. Grotte “E. Boegan” – Aggiornamento rilievo: 31.12.2001 – Marini D. – G.S. “Flondar”, Marini L. – C.G. “E. Boegan”, Marini E. – Nessun gruppo di appartenenza.

mithraSulle pendici del monte Ermada è visitabile una grotta carsica frequentata dal neolitico ed adattata in età romana (dal II al V sec. d.C.) a luogo di culto del dio Mithra.
All’interno della grotta sono stati rinvenuti due rilievi in calcare che rappresentano la figura di un giovane che sacrifica un toro in onore del dio Sole, assieme ad un gran numero di monete e lucerne lasciate dai fedeli come offerte votive. Alcuni offerenti erano nominati in iscrizioni qui individuate di cui, come i rilievi, sono esposti i calchi.
E’ rilevante la collocazione del luogo di culto in vicinanza delle risorgive del fiume Timavo, dove in epoca romana si veneravano il corso d’acqua divinizzato, Diomede e Saturno, in relazione ai quali si ipotizza anche la presenza di un tempio presso l’attuale chiesa di San Giovanni in Tuba.
La grotta si trova in una piccola dolina dalle pareti scoscese, 50 metri a monte della superstrada, all’altezza del cimitero di Duino e di San Giovanni al Timavo.
La grotta del Dio Mitra è piuttosto nascosta ma di facile accesso. Dista circa due chilometri dalle fonti del Timavo, in direzione di Duino. Si percorre la statale 14, sino al bivio che porta al centro di Duino. Poco dopo l’incrocio, sulla sinistra, si incontra una stradina che porta alla caserma della Forestale. Raggiunta la caserma si imbocca un largo tratturo sulla sinistra. Si prosegue e, prima di raggiungere il sottopassaggio dell’autostrada, si imbocca il sentierino che scende verso il basso. La grotta del Mitreo è proprio lì.
La grotta venne scoperta nel 1963 da alcuni speleologi della Commissione Grotte; allora la grotta era ingombra di pietrame di grosse dimensioni che in qualche punto giungeva a toccare la volta.
Ecco una descrizione che risale all’epoca delle prime esplorazioni ed è redatta da Mario Galli: “Il primo ingresso è un ampio portale alto circa 1 metro e largo oltre 7 mestri, diviso in due da un cumulo di grosse pietre. La seconda apertura è costituita da un foro strettissimo che si apre sull’orlo meridionale della dolina e che immette nella cavità di un pozzetto di 2,5 metri. La cavernetta, accessibile in qualche tratto con difficoltà a causa delle sue piccole dimensioni, è probabilmente il residuo di una cavità di proporzioni ben maggiori che ha subìto un colossale riempimento di detriti; essa rappresenta la parte superiore di una galleria anticamente percorsa dalle acque, la cui parete ha ceduto in corrispondenza di qualche fratturazione, dando luogo all’attuale imbocco, ampliandosi con il succedersi dei fenomeni di crollo. Il suolo infatti è costituito da un grande cumulo di terra e pietra che in più punti raggiunge la volta, lievemente digradante verso la parete orientale, dove lascia, sotto volta, una fessura impenetrabile. Poche tozze concrezioni, in parte semisepolte, ornano la parte meridionale della cavità, dove più scomodo è l’accesso in quanto per alcuni metri la cavernetta è alta appena 30-50 cm. La parte più spaziosa della cavità è quella settentrionale. Proseguendo oltre il cumulo di massi che divide in due l’entrata, si giunge in un vano di dimensioni più ridotte del precedente e che è la sua continuazione.  Successivamente, superando un basso passaggio si giunge alla base del pozzetto mensionato”.
In considerazione del fatto che la grotta era ubicata in un’area già nota per la presenza di vestigia romane, e che quindi poteva rappresentare un interessante sito archeologico, venne iniziato lo sgombro del materiale detritico che riempiva quasi completamente la cavità. Durante i lavori di disostruzione, la Commissione Grotte portò alla luce alcuni reperti attribuibili all’epoca romana e quindi i lavori vennero immediatamente sospesi; successivamente vennero ripresi dalla Sezione Scavi e Studi di Preistoria Carsica “R. Battaglia” della Commissione Grotte, limitatamente ad una zona di 5m x 2m situata sotto la parete sinistra (entrando), nella quale si erano trovati i reperti attribuibili all’epoca romana. I signori Stradi, Andreolotti e Giombassi della Commissione Grotte eseguirono alcuni scavi d’assaggio. Lo scavo venne approfondito nel suolo sottostante il detrito e furono rinvenuti numerosi resti archeologici tardoromani, tra i quali un pilastrino con un’iscrizione incompleta, vari frammenti di bassorielievo, resti di vasellame, numerose lucernette e 98 monete, in parte non classificabili per lo stato di deterioramento, ed una pietra cubica di 50cm di lato, che rappresenta con tutta probabilità l’ara sulla quale avevano luogo i sacrifici. Constatata l’importanza dei ritrovamenti i lavori vennero sospesi e ne fu data relazione alla locale Soprintendenza ai Monumenti, Gallerie ed Antichità che riprese gli scavi senza però trovare reperti significativi; si rinvennero ancora alcuni piccoli frammenti della stele votiva ed altre monete, non diverse da quelle già raccolte. Tutto il materiale archeologico fu portato nel Museo di Aquileia. Gli oggetti messi in luce hanno permesso di stabilire che la cavità ospitava un tempietto ipogeo dedicato al Dio Mithra, il cui culto si era diffuso nell’impero tra la metà del III e la fine dei IV secolo e le monete raccolte, tranne una più antica, si riferiscono appunto a tale periodo.
Al centro della grotta si trovano due banconi paralleli e tra di essi un blocco di calcare, squadrato, su cui veniva spezzato il pane durante le cerimonie religiose. Sulla parete di fondo trova spazio il calco di una lapide sostenuto da delle colonnine: raffigura il dio Mitra mentre uccide il toro primigenio. Così recita la dedica: “All’invitto dio Mitra Aulo Tullio Paumniano offre per la sua salute e per quella dei suoi fratelli”.
Nella grotta, inoltre, sono state trovate moltissime offerte: circa 400 monete, la più antica delle quali fu coniata da Antonino Pio, 160 lucerne e un gran numero di vasetti, tutti databili tra il I e il V secolo d.C.
Al di sotto dello strato romano si estende un deposito preistorico intaccato con il livellamento del suolo all’epoca dell’adattamento a luogo di culto; i residui del cocciopesto che costituiva la pavimentazione inglobano infatti qualche resto ceramico dell’età dei castellieri. Con l’avvento del cristianesimo e la proibizione dei culti pagani il tempio venne abbandonato e forse anche devastato e sulle rovine andarono a depositarsi, in quindici secoli, detriti e terreno organico.
Nel corso della prima guerra mondiale tutte le cavità della zona subirono adattamenti di vario genere, ma fortunatamente la caverna venne a trovarsi, sia pur per pochi metri, al di là della linea difensiva austriaca che correva lungo la vicina ferrovia, sfuggendo in tal modo alla devastazione a cui andarono incontro altre grotte di interesse preistorico, come la Grotta Fioravante (411/939VG) e la Grotta di Visogliano (80/414VG).
Negli anni 1971 e 1972, l’Istituto di Antichità Alto Adriatico effettuò nella parte meridionale della cavità un altro scavo, questa volta nell’intento di acquisire cognizioni sul deposito preistorico, la cui esistenza era stata accertata nel corso delle precedenti indagini. La successione stratigrafica ed i reperti risultarono analoghi a quelli messi in luce in altre grotte del Carso triestino e non furono rinvenuti quei livelli paleolitici che la particolare situazione della cavità aveva fatto ritenere probabili; la trincea ora si esaurisce in uno strato di crostoni stalagmitici ed argilla sterile alla profondità di crica 3m. Gli scavi praticati nella cavità hanno mutato radicalmente l’aspetto della medesima. Ne è risultato un ambiente più spazioso, ma con il materiale di scarto sono stati ostruiti molti passaggi laterali sotto parete, nei quali era possibile avanzare per un buon tratto in varie direzioni; la volta soprastante l’imbocco, giudicata pericolante, è stata fatta crollare con le mine, ottenendo così anche una maggiore illuminazione dell’antro. Attorno all’ingresso è stato eretto un recinto munito di un cancello per evitare gli scavi abusivi e le chiavi sono custodite dalla Soprintendenza.

Da “Speleaeus” di Franco Gherlizza ed Enrico Halupca: “Nel 1976 la Soprintendenza Archeologica di Trieste iniziava una consistente e sistematica campagna di ricerche, dapprima per liberare la cavità di tutte le macerie, successivamente per investigare i sottostanti livelli preistorici, ricchi di manufatti che andavano dall’età del ferro sino al neolitico. Scavi successivi, per lo più volti ad intaccare gli strati sottostanti, dettero alla luce resti appartenenti all’età del ferro, rappresentato da resti della cultura dei castellieri, Lubiana, Vucedol e ceramiche a Besenstrich. Al neolitico invece si associano dei vasi a fondo cavo, decorati con incisioni, pochi frammenti di ceramica impressa e due frammenti di vaso a bocca quadrata. Un ulteriore scavo, condotto sino all’antico pavimento stalagmitico, ha reso soltanto un radio ed un’ulna di Rhinoceros. Successivamente la cavità è stata sistemata ricostruendo il tempietto con i calchi delle lapidi, delle arette e dei due banconi laterali. Oggi questo risulta l’unico Mitreo in cavità esistente in Italia e quindi costituisce una rarità che andrebbe vieppiù valorizzata”.

Fonte: Sopra e Sotto il Carso, Anno II, n. 6 pp. 24/26.

Info:
Duino Aurisina, Grotta V.G. 4024
Orari di visita: ogni sabato (oppure su richiesta), dalle ore 10,00 alle ore 12,00. Il ritrovo è alle 9.45 alla Stazione della Guardia forestale di Duino.
Costo del Biglietto: Gratuito
Email:  sabap-fvg@beniculturali.it
Telefono: 040-4527511  –  040-4261434   (Soprintendenza)

Leggi anche: Franca Maselli Scotti, Presenze di culto mitraico nell’alto Adriatico

Vedi anche: https://www.gssg.it/comunicazione/ambientale/grotte-a-sviluppo-orizzontale/grotta-del-mitreo/

Vedi anche: MITREO di Duino Aurisina, vai a https://youtu.be/CCtiFR2conQ

Breve storia degli scavi:
Archeologia – Scavo stratigrafico – Scavi 1964-66 Società Alpina delle Giulie
– periodo neolitico tardo-età del ferro
Materiali ceramici: recipienti profondi a pareti rientranti e orlo distinto passante a collo verticale senza decorazione, con ispessimento dell’orlo con impressioni sullo stesso, con presa a breve distanza dall’orlo decorato ad impressioni; recipienti profondi con orlo da svasato a estroflesso; recipienti profondi a collo e orlo svasato con ansa a nastro tra collo e spalla; tazza con ansa a nastro tra collo e spalla e decorazione complessa a pettine/rotella; scodella e scodelline; 4 anse a nastro, di cui 2 con espansione superiore e profilo angolare
Bibliografia: Montagnari Kokelj, Crismani 1996
Depositi materiale presso Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli-Venezia Giulia (Piazza della Libertà 7, Trieste)

 – sotto parete, a sinistra dell’ingresso, rinvenuto materiale di età romana, periodo seconda metà I sec. d.C. – prima metà V sec. d.C.
Materiali :ceramici: numerosi frammenti di anfore e di ceramica, comune e a pareti sottili; terra sigillata; 13 lucerne intere, di cui 4 con marchio di fabbrica e 247 frammenti di altre lucerne
litici: resti di una stele con iscrizione – D(eo) I(nvicto) M(ithrae) AV(lus) TULLIVS PAVMNIANVS PRO SAL(ute) / ET FRATRER SVOR(rum) TVLLI SECVNDI ET TVLLI SEVERINI -; frammenti di una seconda stele; 4 pilastrini pressoché integri, di cui 1 con iscrizione – D(eo) INV(icto) [M(ithrae)] / AVR[…] / HERM[…] / PRO TEM[…] / ET SVIS/V(otum) S(olvit) L(ibens) -, e 6 frammenti di pilastrini; 1 blocco di pietra squadrata
metallici: 98 monete in bronzo (II-IV sec. d.C.); 1 lama di coltello in ferro; una decina di grossi chiodi in ferro
Bibliografia: Durigon 1999
Depositi materiale presso Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli-Venezia Giulia (Piazza della Libertà 7, Trieste)

Archeologia – Scavo 1964-66 Bruno Redivo, Luciano Decarli
cronologia: preistoria-protostoria
periodo: tarda età del rame-età del bronzo
Materiali ceramici: 3 recipienti profondi a pareti rientranti con cordoni sul corpo; recipienti profondi a collo e orlo svasato, 2 con ansa a nastro tra collo e spalla, 1 con decorazione; 1 scodella con orlo rientrante, cordone e impressioni; frammenti decorati a solcature/scanalature e a cordicella
Bibliografia: Montagnari Kokelj, Crismani 1996
Per i materiali siglati “B. Redivo – L. Decarli” conservati in Soprintendenza non è stata rintracciata alcuna documentazione: l’ipotesi che i ritrovamenti siano avvenuti negli anni 1964-66 si basa, quindi, sul fatto che i due speleologi facevano parte della Società Alpina delle Giulie che esplorò la cavità in quel periodo.
Depositi materiale presso Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli-Venezia Giulia

Archeologia – Scavo stratigrafico 1967 Sopr. Arch. FVG
cronologia: preistoria-protostoria
periodo: neolitico-inizi età del ferro
Materiali ceramici: recipienti profondi a pareti convesse e bocca ristretta con orlo semplice o con breve orlo distinto; recipienti profondi a pareti rientranti e orlo distinto passante a collo; recipienti profondi a collo; recipienti profondi con orlo estroflesso; 1 vaso a bocca quadrata; altri recipienti: 1 ciotola di forma ellissoidale con decorazione incisa; 1 frammento di parete di vaso decorato a “nastri a ondulazione”
recipienti profondi a pareti convesse e bocca ristretta con orlo semplice o con breve orlo distinto; recipienti profondi a pareti rientranti e orlo distinto; recipienti profondi a collo; 1 recipiente profondo a collo e orlo svasato; recipienti profondi con orlo estroflesso; scodelle, anche carenate; 1 piatto carenato; 1 cucchiaio
litici: 5 manufatti in selce (1 soltanto conservato)
2 grandi lame-raschiatoi in selce e una quindicina di altri manufatti (per lo più non conservati)
paleontologici: 1 valva di conchiglia Glicymeris Cor. con foro circolare irregolare
osso/corno: 2 manufatti in osso (non conservati)
Bibliografia: Montagnari Kokelj, Crismani 1996
Depositi materiale presso Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli-Venezia Giulia

Archeologia – Scavo stratigrafico 1967-68 Sopr. Arch. FVG, Sopr. Arch. Veneto
cronologia: età romana – periodo: metà I – metà V sec. d.C.
Materiali ceramici: anfore; terra sigillata africana (metà II – metà V sec. d.C.); 160 frammenti di lucerne (metà I – metà V sec. d.C.)
1 recipiente profondo a pareti rientranti; recipienti profondi a collo, di cui 2 di dimensioni modeste; recipienti profondi con orlo estroflesso, di cui 1 con bordo ispessito verso l’interno a formare una specie di T; scodelle, in genere a profilo convesso; 1 vaso a bocca quadrata = scodella con beccuccio; frammenti di parete decorati a incisioni lineari e puntini accostati, a pettine/rotella, a “nastri a ondulazione”; ansa a nastro con angolatura accentuata del profilo; 1 frammento di parete ritagliato in forma circolare con foro al centro (rondella?)
recipienti profondi a pareti rientranti e orlo distinto con ispessimento dell’orlo, con presa a breve distanza dall’orlo decorato ad impressioni; recipienti profondi a collo con stacco netto tra spalla e collo, verticale o svasato; recipienti profondi a collo e orlo svasato; recipienti profondi con orlo estroflesso; 2 scodelle, di cui 1 a profilo inflesso, 1 molto aperta/piatto
litici: alcune lapidi con resti di iscrizioni
metallici: oltre 300 monete in bronzo (seconda metà II – IV sec. d.C.); 1 borchia in bronzo; vari chiodi in ferro; resti di coltelli in ferro
Bibliografia: Durigon 1999, Montagnari Kokelj, Crismani 1996
note: Furono messi in luce alcuni elementi architettonici: 2 panchine parallele in pietra, 1 blocco cubico (ara sacrificale?), frammenti di arette nonché resti di tegole probabilmente di copertura.
Depositi materiale: Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli-Venezia Giulia; Museo Archeologico Nazionale di Aquileia

Archeologia – Scavo stratigrafico 1971-72 Università di Trieste
Periodo: neolitico dei vasi a coppa/Vlaska
Materiali ceramici: recipienti profondi a pareti convesse e bocca ristretta; recipienti profondi a pareti rientranti; scodelle a profilo convesso, a profilo convesso con orlo distinto, a profilo troncoconico/convesso con bordo ispessito verso l’interno; 1 piatto carenato; 1 rhyton
recipienti profondi a pareti convesse e bocca ristretta con orlo semplice, 1 con breve orlo distinto; recipienti profondi a pareti rientranti; recipienti profondi a pareti rientranti e orlo distinto passante a collo verticale senza decorazione, con ispessimento dell’orlo, con ispessimento dell’orlo con impressioni sullo stesso, con cordone sotto l’orlo con impressioni; recipienti profondi con orlo estroflesso; recipienti profondi a collo anche con ansa a nastro tra collo e spalla; recipienti profondi a collo e orlo svasato, anche con ansa a nastro tra collo e spalla; tazze a profilo convesso leggermente schiacciato e ansa a nastro; scodelle a profilo troncoconico/convesso, a profilo da emisferico a convesso anche con orlo distinto; altri recipienti: 1 scodella a profilo troncoconico/convesso con bordo ispessito verso l’interno; 1 scodellone/secchio a profilo cilindrico/troncoconico; frammenti di parete decorati a incisioni lineari e puntini accostati, a pettine/rotella, a “nastri a ondulazione”
recipienti profondi con orlo estroflesso; 1 ansa con espansione superiore a piastra, 1 ansa a nastro con profilo a gomito, un frammento mediano di ansa a nastro
recipienti profondi con orlo estroflesso; 2 scodelle a profilo convesso; 9 fondi piani o a tacco
litici: pochi manufatti in selce; 1 ascia forata in pietra levigata
2 punte foliate e alcuni manufatti in selce (non conservati); 1 ascia forata in vulcanitoclastite riolitica?
Bibliografia: Montagnari Kokelj, Crismani 1996
Depositi materiale presso Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli-Venezia Giulia

Fonte:
https://criga.divulgando.eu/elenco.php

 

Periodo Storico: Età Romana
Localizzazione Geografica
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