Il colle su cui sorge la chiesetta di Santa Maria de la Salette o di San Pantaleone è un sito di alto interesse storico e archeologico forse di origine artificiale.
L’edificio religioso era stato edificato (nel 1518) lungo la strada di origine tardoantica – altomedioevale diretta da Forum Julii a Cormones (Cormòns) e oltre verso il Ponts Sonti (il ponte romano sull’Isonzo presso Gradisca) e la Via Aquileia – Iulia Emona.
Nel corso dell’Ottocento, la località fu oggetto di ricerche archeologiche: vennero individuati i resti di un edificio, formato da tre vani, interpretati come parti di un tempietto dedicato a Marte in base al ritrovamento di iscrizioni e manufatti votivi.
Nella costruzione annessa alla chiesa risultano inseriti una colonna con capitello cubico con croce astile databile, con ogni probabilità, al VI secolo ed una piccola colonna collocata nella finestra laterale dell’edificio. Si tratta di probabili materiali di reimpiego che testimoniano o l’esistenza sulla stessa collina di un luogo di culto altomedievale, o il riutilizzo di elementi architettonici rinvenuti nella chiesa messa in luce dal Della Torre a est della collina. Viene anche ipotizzata l’esistenza nei pressi della chiesa anche di un monastero alto medievale, monastero che, invece, è testimoniato storicamente solo a partire dal 1284 quando qui si sarebbero trasferite le monache benedettine di Polloneto. Addossate alle strutture romane vennero alla luce alcune sepolture di età tardoantica.
Nelle vicinanze si scoprirono altri lacerti murari e numerosi reperti di età romana che testimoniarono la presenza di una villa rustica.
Sulla sommità del colle si rinvennero monete tardo imperiali e bizantine ed una crocetta aurea con tutta probabilità pertinente ad una sepoltura longobarda.
La chiesetta sorge su un colle il cui toponimo riporta all’antico santo titolare, San Pantaleone, il cui culto induce a riconoscere nella chiesa un’antica fondazione monastica bizantina. Sotto la chiesa infatti sono state rinvenute quattro stanze: si tratta dell’antico romitorio, occupato fino al 1770, da monache benedettine provenienti dal monastero di Gagliano, e poi da eremiti di culto bizantino. Attorno al colle c’erano altri romitori.
La chiesa attuale presenta all’esterno un atrio chiuso, che, probabilmente in origine era aperto su tre lati, nel quale è incastrata una colonna con capitello che reca una croce di tipo bizantino.
All’interno si possono ancora distinguere tracce di due strati di pitture difficilmente databili: da fonti cinquecentesche sappiamo che vi era ancora chiaramente visibile un affresco, oggi perduto, illustrante la Leggenda di San Paolino.
La piccola aula, a navata unica, conserva sulle pareti nord ed ovest alcune pitture murali raffiguranti molto probabilmente Storie della vita di San Pantaleone. La parete sud presenta due scene iscritte all’interno di una cornice a due fasce, una interna gialla ed una esterna rossa. Nel primo episodio di destra si riconosce San Pantaleone medico e martire di Nicodemia per l’attrezzo chirurgico collocato sulla veste, attributo che lo caratterizza con una mano regge un cartiglio con l’iscrizione “(In no)mine Jesus Christi est salu(s)“, l’altra è alzata in un gesto benedicente; accanto una figura più piccola senza aureola. La scena di sinistra, che prosegue sulla parete ovest, raffigura un personaggio con la corona e seduto su di un trono a colloquio con una figura femminile; accanto una terza figura alquanto lacunosa che indossa una veste con un manicottolo appena accennato, indicatore della moda degli inizi XIV secolo. A seguire sulla parete ovest una figura di Santo con un libro in mano. Probabilmente l’episodio è legato al Martirio di San Pantaleone che è stato sottoposto ad una serie di tormenti: le ustioni, le lacerazioni, l’annegamento, le fiere, la ruota e alla fine la condanna alla decapitazione da parte dell’imperatore Massimino Galerio (La chiesa di San Giorgio in Vado a Rualis – Le pitture murali (secoli XIII-XV), di Cristina Vescul, Forum Editore, Udine, 2010).

Descrizione rinvenimenti: Della Torre mette in luce (1818)  tre edifici. Uno a forma di stadio, scavato per circa 25 m e largo 5m.
Un edificio absidato, interpretato da Stucchi come termale (ante 1951). Un altro formato da ambienti quadrati, ma gli ambienti sono in rapporto ancora non chiaro. L’edificio a forma di stadio è una costruzione tipica di molte ville ed edifici imperiali (Palazzi del Palatino e Villa Adriana a Tivoli) dove si presenta come un giardino di forma allungata. Non è più possibile verificare se il secondo edificio è davvero parte di un impianto termale.

Datazione: epoca romana sec. III-IV

Bibliografia:
– Tagliaferri 1986, v. II, p. 123, CI 124; pianta vol. I, p. 256, fig. 83 con altra bibliografia
L’evoluzione delle ville suburbane di Cividale del Friuli ed il rapporto con il territorio centuriato (sec. I-VI), di Giovanni Roman, Università degli Studi di Udine.
– Mario Brozzi, Amelio Tagliaferri, Una probabile fondazione monasteriale bizantina a Cividale del Friuli, Memorie Storiche Forogiuliesi, 1958-1959, p. 43.
– Gisella Cantino Wataghin, Istituzioni monastiche nel Friuli altomedievale: un’indagine archeologica, in Paolo Diacono e il Friuli altomedievale (secc.VI-X), 2001, pp. 284-285.
– Amelio Tagliaferri, Le diocesi di Aquileia e Grado. Corpus della scultura Altomedievale, 1981, pp. 299-300.

DMF

Periodo Storico: Età Romana
Localizzazione Geografica
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