Nel corso della dominazione longobarda, dall’anno 737 si insediava a Cividale il Patriarca di Aquileia. Il primo fu Callisto, che allontanava Amatore, l’ultimo dei vescovi di Zuglio i quali, sin dal 705, nella città avevano stabilito la loro sede temporanea. La presenza dell’autorità patriarcale, con la sua corte, nella Civitas Austriæ influì anche sulla genesi architettonica e sulle committenze d’arte della cittadina, che fino al XIII secolo deterrà il ruolo di capitale della Patria del Friuli.
A Cividale era presente dal 705 un vescovo e quindi possiamo presumere l’esistenza di un edificio di culto consono a tale dignità, che si ritiene sorgesse sull’area dell’attuale duomo, spostato poco più a nord.
L’ipotesi di una sua antica fondazione è però basata su pochi, esili elementi, quali un pluteo del VI secolo e un frammento di capitello di imitazione corinzia (fine V – inizio VI secolo) pertinente ad un ampio colonnato, che potrebbero aver abbellito una struttura cultuale paleocristiana; altre testimonianze materiali di elementi decorativi pertinenti al complesso episcopale consistono in alcune lastre frammentarie attribuibili all’inizio dell’VIII secolo.
Scavi condotti nel 2001 e 2002 nelle sacrestie dell’attuale basilica hanno documentato l’utilizzo insediativo del sito almeno a partire dalla tarda antichità sino all’età altomedievale, in seguito convivendo con una destinazione funeraria che si fece prevalente nell’area più prossima alla chiesa, ma non sono emersi contributi utili a chiarire la probabile genesi paleocristiana del complesso episcopale.
Sul sagrato del duomo, scavi del 1906 hanno portato alla luce le fondamenta del battistero ottagono di San Giovanni Battista, eretto o più probabilmente fatto restaurare da Callisto; in esso erano collocati il fonte battesimale e lo splendido altare del duca Ratchis, entrambi ancor oggi si possono ammirare nel Museo Cristiano.
Il potere distruttivo del fuoco impose più volte interventi riparatori, anche di notevole consistenza, come il furioso incendio del 1186, il cui susseguente ripristino fu promosso dal patriarca Pellegrino II, che coinvolse 380 oblatori cividalesi nella raccolta dei fondi necessari.
Un ingrandimento si ebbe sotto il patriarcato di Gregorio da Montelongo (1259-1269); un fulmine colpì la torre campanaria nel 1299 e furono ancora le fiamme a rovinare il tempio nel 1342. Attorno a esso, nel tempo si erano addossate diverse cappelle, che andavano a modificare l’aspetto primitivo del complesso Santa Maria-battistero di San Giovanni. Il duomo subì pochi anni dopo i danni causatio dal terremoto del 25 gennaio 1348 e stavolta fu il presule Bertrando a farlo risorgere, ma fu di nuovo colpito da un violento sisma, che l’anno 1448 ne piegò la resistenza statica.
Quattro lustri dopo, i danni di un nuovo terremoto obbligavano a riedificarlo dalle fondamenta.
L’immane disastro del 1502, che avrebbe potuto determinare il definitivo oblio del progetto di ricostruzione, provocò invece la ripresa della tormentata opera con rinnovato vigore, sostenuta da nuovi fondi provenienti da privati e istituzioni civili e religiose.
L’opera, come prevedibile, si rivelava immane e dispendiosa.
Il 9 maggio 1529 il duomo ricevette la sua consacrazione, essendo stata perfezionata la parte absidale e il tetto ma diverse parti erano ancora incomplete. Trascorrevano parecchi decenni per assistere all’agognato termine dei lavori strutturali. Fondi per principiare la pavimentazione dell’interno erano stanziati alla fine del 1536 e solo nel 1549 si ricopriva in marmo bianco e rosso il pavimento della navata maggiore.

Un’importante opera vi è contenuta: Si tratta della cosiddetta ‘pala’ di Pellegrino II, dal nome del patriarca cui è ricondotta la committenza, attualmente collocata entro una teca marmorea posta sull’altare maggiore del duomo cividalese.
Una scritta punzonata accanto alla figura di Pellegrino II (che nella pala volle essere ritratto) ed un’epigrafe votiva, egualmente a punzone, in capitale gotica, che corre sullo sguancio interno della cornice lungo i due lati maggiori, non lasciano dubbi sul fatto che il lavoro sia stato eseguito durante il patriarcato di Pellegrino II (1194-1204), che volle farne dono, essendo cividalese di nascita, alla sua città.  E’ un lavoro imponente (m. 1,02 x 2,03), in spessa lamina d’argento sbalzata e dorata a fuoco, fissata su una struttura lignea.
La grande pala è costituita da quattro parti armonicamente fuse tra loro: il trittico centra,e due scomparti laterali ed una cornice che racchiude l’intera composizione.
Nel trittico centrale, sotto tre arcate, separate da colonnine, sono rappresentati la Madonna in trono, che sulle ginocchia il Bambino benedicente, e gli arcangeli Michele e Gabriele.
Nelle aureole, lavorate a filigrana, sono incastonate pietre preziose, mentre sul piano di fondo sono stampati, a punzone, i nomi dei personaggi. Nei pennacchi, sopra le arcate, appaiono i simboli degli Evangelisti.
Gli scomparti laterali sono entrambim divisi in tre zone e contengono figure intere di santi. Nella cornice busti di santi si alternano a motivi decorativi vegetali.
Data l’imponenza del lavoro e la differenza qualitativa tra le varie parti, l’opera fu certamente eseguita da più autori, influenzati dall’oreficeria “veneto-bizantina”, come è evidente nel particolare modo fi lavorare la filigrana attorcendo i fili (modo che, appaunto, fu detto “opus veneciarum“), ma attenti anche alla contemporanea scultura in pietra.
(da Scultura in Friuli. Il Romanico, di Carlo Gaberschek, Udine 1981, p. 80)
Vedi una completa trattazione: Aniello Sgambati, La pala di Pellegrino secondo nel Duomo di Cividale nuopve considerazioni

cividaleInoltre si evidenzia un’importante opera collocata sulla mensa dell’altare della Madonna dove è collocata una raffigurazione della Pietà, chiamata Vesperbild, cioè ‘immagine della sera’, in quanto davanti ad essa si pregava nelle ore del vespero. La statua – a lungo creduta in arenaria, poi si è appurato trattarsi di pietra artificiale dipinta – è strutturata con la Madonna seduta che sorregge il corpo inanimato del Cristo, dalle braccia abbandonate lungo i fianchi e che volge il viso sofferente verso chi lo guarda. L’esemplare cividalese appartiene al gruppo degli otto Vesperbilder prodotti in ambito tedesco ancora conservati in Friuli ed è datato al primo decennio del Quattrocento.

cividaleLa corte dei canonici
Vi si accede dal cancello posto sul retro del campanile. Nel 1954 in quest’area sono stati individuati i resti di un chiostro medievale, databile all’XI-XIII secolo, messo in piena evidenza con successivi lavori del 1990 e ulteriormente valorizzato in tempi recenti.
Dell’antico porticato sono visibili le eleganti trifore, spartite da colonnine con capitelli a gruccia, che ancora poggiano sul rialzo originale formato da pietre squadrate. In questo insieme di edifici i canonici conducevano vita in comune, ai vari ambienti – tra cui un refettorio che sappiamo realizzato nel 1344, un dormitorio e uno scriptorium – si accedeva tramite un claustrum, al quale appartengono questi resti.

Per una più completa descrizione, vedi: https://guidartefvg.it/elenco/il-duomo-di-cividale/

Periodo Storico: Basso Medioevo
Localizzazione Geografica
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