La chiesa di Sant’Andrea si trova a Griis, nel comune di Bicinicco, inserita tra le case dell’abitato. Con le sue linee esterne molto semplici non fa intuire che si tratta di una delle più belle chiese votive della regione.
Patrono della chiesa è Andreas bar Jonas, fratello maggiore di Pietro e come lui pescatore ed apostolo. Inizialmente discepolo di Giovanni il Battista si pone al seguito di Gesù dopo la morte del quale predicherà nella Scizia, finendo martirizzato su una croce a forma di X. Fu oggetto di culto da parte dei crociati e la chiesa ortodossa lo considera il più grande degli apostoli.
L’intitolazione di chiese a Sant’Andrea è molto antica il che fa ritenere che la chiesetta sia stata fondata nel VII o VIII secolo o, al più tardi, all’epoca della prima crociata, che di qui passò diretta in Terrasanta (1096-1099).
La chiesa è già citata in documenti del XIII secolo (cappella de Gres 1246 – Villa Greys et Cucanae 1295). Si sa che venne ristrutturata dopo i danni provocati dai passaggi dei turchi alla fine del quattrocento e di nuovo nel 1523, dopo i gravi danni del terremoto del 1511. Fu affrescata nei primi decenni del 1500 e gli affreschi vennero restaurati nel 1933, nel 1982 e, da ultimo, nel 2010.
La sua struttura interna, soprattutto dopo la realizzazione delle pitture parietali, non è mutata di molto lungo i secoli, mentre l’esterno ha subito diverse modifiche. La sacrestia fu realizzata nel corso del seicento, ai primi del novecento fu allestita nel fianco sud una cappella votiva e nel 1933 il vecchio campanile venne sostituito con l’attuale campanile a vela che termina con archi binati, per due piccole campane, ed è sostenuto da pilastri sporgenti che partono dal terreno e fiancheggiano la porta d’ingresso.
La chiesa fu inserita tra gli “edifizi monumentali” dal Ministero della Pubblica Istruzione nel 1902.
L’edificio è ad aula con struttura a capanna, il portale è sormontato da una lunetta decorata e da un oculo. Sul lato destro sorgono la sagrestia ed una cappella “feriale”. L’abside pentagonale è relativamente profonda e di volume leggermente inferiore al corpo principale. Sia la chiesa che il campaniletto hanno la copertura in coppi.
Nel lato a Nord si apre una finestra. Il pavimento è in mattonelle di cotto quadrate disposte a losanga. Il soffitto ha capriate lignee e tavelle dipinte, a vista. Il coro è ottagonale e all’esterno ornato di archetti gotici in cotto sotto le tegole.
Certamente ciò che desta maggior interesse in questa chiesa sono gli affreschi che all’interno coprono tutte le pareti. Si tratta di uno schema decorativo comune nelle chiese friulane del tempo. Nel XVII secolo l’Inquisizione ordinerà che le pitture, definite oscene, vengano cancellate, ma per fortuna nessuno vi obbedisce e la densa scialbatura a calce applicata in qualche periodo successivo ha conservato le pitture in discreto stato.
Così ne parla il Venuti “Il colore per altro è vivo e brillante, conservato perfettamente; inoltre i nomi dei personaggi raffigurati sono sempre indicati in lettera gotica e nella forma friulana talora alterata dalla desinenza veneta. Da rilevare che la decorazione divisionale dei quadri è identica sia nella parete destra come in quella sinistra, buon motivo per accreditare tutto il ciclo parietale alla data 1531” [Venuti 1970]
Non esistono documenti che attestino gli autori degli affreschi di Griis, né la loro datazione precisa, salvo, appunto, la scritta con l’anno 1531, riportata in un riquadro sulla parete destra al di sopra della porta che va alla sacrestia, presa a riferimento dal Venuti. Qui i committenti del ciclo, il sacerdote Giovanni Battista da Palma e un gruppo di cittadini di Griis sono ritratti umilmente inginocchiati in preghiera.
Gli affreschi furono inizialmente attribuiti ai Thanner, ma l’ipotesi che siano stati realizzati dai veneziani Gaspare ed Arsenio Negro agli inizi del Cinquecento è la più accreditata. Gaspare Negro è attestato a Udine dal 1503 al 1544 e negli anni attorno al 1530 realizzò opere a Venzone, a Carpeneto di Pozzuolo del Friuli, a Castions di Strada. Le date certe di questi lavori, e le brevi distanze tra le località citate e Bicinicco supportano l’attribuzione al Negro, o ai suoi collaboratori sotto la sua supervisione.
Chiunque fosse l’autore degli affreschi di Griis è certamente un ottimo artista nel delineare tanto la figura umana che i paesaggi e le nature morte. I suoi colori denotano buon gusto e il realismo delle figure rappresenta un messaggio efficace.
All’interno della chiesa la quantità delle immagini stupisce: sono circa 230 metri quadrati di affreschi, con settantadue scene che, oltre a svolgere una funzione catechetica forniscono oggi anche interessanti informazioni sulla vita quotidiana dell’epoca. Si tratta di un esempio di “Biblia pauperum” (Bibbia dei poveri) di grande efficacia narrativa: le sacre scritture tradotte in immagini a beneficio del popolo che allora, ma anche per molti secoli a venire, era in larghissima parte analfabeta.
Per questo gli affreschi di Griis costituiscono, nell’ambito della Regione, un esempio completo di disegno decorativo ciclico di una chiesa del primo Cinquecento, anche se molti altri affreschi di quel periodo sono venuti alla luce in molte chiese del Friuli si tratta per lo più di frammenti o di decorazione limitata alle sole absidi.
Se si ricorda come nei decenni precedenti la decorazione di Griis il Friuli fu teatro delle lotte tra la Repubblica Veneta e l’imperatore Massimiliano per il possesso di Gorizia, con il passaggio di mercenari provenienti da ogni parte d’Europa, e delle incursioni dei turchi, non stupisce che gli artisti abbiano riprodotto le armature, gli abiti e gli accessori visti addosso a questi ed ai nobili locali che ne imitarono la moda.
Sulla parete di sinistra dell’aula si trovano storie dell’Antico Testamento: la creazione dell’universo, quella di Eva dalla costola di Adamo, Adamo ed Eva con il serpente (dall’insolita testa umana), la cacciata dal paradiso, Eva che fila e Adamo che zappa la terra, il sacrificio di Caino e Abele (con un diavolo che irretisce Caino), l’omicidio di Abele. Altri riquadri rappresentano la storia di Noè, l’avviso del diluvio da parte di un angelo, la costruzione dell’arca (una specie di capannone ligneo che non ricorda per nulla una imbarcazione), l’imbarco degli animali, il grande diluvio, la colomba con il ramoscello d’ulivo, Noè che riceve in dono da un angelo la pianta della vite e che, ignaro degli effetti del vino, giace ubriaco.
Nello spazio verso il coro è dipinto un finto altarolo con la Madonna in trono col Bambino in braccio tra S. Cristoforo e S. Gregorio. Questo reca una iscrizione “1523 Bernart et la sua mujer an fato par ques-ta opera p sua divocione”. La data 1523, venne ritoccata nell’ultima cifra dal restauratore del 1933. Oggi si ritiene potesse più ragionevolmente essere 1528 o ’29, il che collocherebbe l’altarolo nello stesso periodo degli altri affreschi.
Sulla parete destra sono rappresentate storie del Nuovo Testamento e coppie di santi. Sono nove gli episodi evangelici rappresentati (la nascita di Gesù, la fuga in Egitto, la presentazione al Tempio, la samaritana al pozzo, la resurrezione di Lazzaro, il tradimento di Giuda, l’Ultima Cena, la flagellazione alla colonna, Gesù che trasporta la croce al Golgota).
Nella rappresentazione dell’Ultima cena Cristo è al centro della scena ritratto nell’atto di benedire il pane, con gli apostoli divisi a metà tra la sua sinistra e la destra, apostoli stupiti e sconvolti dalla notizia del tradimento data loro dal Maestro, all’estrema destra Giuda sembra allontanarsi dal convivio volgendogli le spalle. La tavola, poggiata su treppiedi, è ornata da una tovaglia bianca imbandita con anche, caso raro, delle ciotole piene di gamberi di fiume.
Sopra la porta che mette nella sagrestia (la vecchia porta d’ingresso) sono ritratti, in ginocchio, un sacerdote ed alcuni uomini, sei per la precisione, certamente i committenti.
Sulle pareti laterali si vedono altri santi venerati all’epoca: i taumaturghi San Sebastiano e San Rocco, speciali protettori dalla peste, ma anche San Nicola di Bari e San Vito, Sant’Antonio da Padova e San Gottardo, San Lorenzo e San Floriano, quest’ultimo invocato contro gli incendi.
Nell’arcosanto, in campiture separate da motivi stilizzati, sono rappresentati i busti di otto sante identificate tramite attributi iconici e/o iscrizioni (Apollonia, Maria Maddalena, Caterina d’Alessandria, Dorotea, Cecilia, Barbara, Agata e Lucia).
Alla base dell’arcosanto in due nicchie, del tutto simili a quelle degli apostoli nell’abside, si fronteggiano Sant’Antonio Abate in vesti vescovili, con il maialino che sbircia da dietro i piedi ed un santo sconosciuto, un diacono in veste rossa, forse San Valentino, che regge con la mano sinistra il Libro e con la destra la palma del martirio.
Sopra l’arco trionfale, tra il fornice ed il tetto della navata, c’è una grandiosa Crocifissione divisa nella composizione in tre gruppi. Il gruppo centrale è formato dal Cristo crocifisso con ai lati i due ladroni secondo la consueta e comune iconografia, però con una particolare distinzione: le loro croci sono tronchi, mentre quella del Cristo è composta da assi ben squadrate e levigate. Presso il ladrone «cattivo» sta un minaccioso cavaliere con un randello in mano pronto a calarlo sul malcapitato. A sinistra si vede il gruppo dolente formato dalla Vergine che sviene sostenuta dalle pie donne e, leggermente staccato, San Giovanni Evangelista. A destra il seguito della scorta a cavallo che sembra un corteo di nobili tardo medioevali mentre lo sfondo ricorda le colline friulane.
Più che altrove nella Crocifissione l’artista presenta i suoi personaggi con costumi visti addosso ai militari ed ai signori dell’epoca. Ad esempio il cavaliere che trapassa con la lancia il costato del Cristo è chiuso in una lucente armatura, in sella ad un focoso cavallo, con il capo scoperto e la fluente barba brizzolata elementi tutti che ricordano un condottiero di compagnie di ventura. Si ha la sensazione che, volutamente, il pittore abbia estromesso il popolino, quasi che la presenza di questo significasse declassamento per l’arte e nuocesse alla grandiosità della Crocifissione.
Ai lati dell’arco vi è la scena dell’Annunciazione: a destra la Madonna, in ginocchio con un libro aperto sul leggio, e a sinistra l’Arcangelo con un giglio in mano.
Il presbiterio è rialzato di un gradino ed ha al centro un semplice altare ligneo con piano lapideo.
Nelle vele della volta del coro sono raffigurati, al centro, il Cristo risorto e ai lati gli Evangelisti, i Padri della Chiesa occidentale (i Santi Ambrogio, Gregorio, Agostino di Ippona e Gerolamo) e San Giovanni Battista.
Nelle lunette, sotto le vele, si vedono cinque episodi della vita di Sant’Andrea Apostolo e sotto ogni episodio appare la didascalia in scrittura gotica non sempre decifrabile (Sant’Andrea mentre risana un fanciullo, doma le bestie feroci, viene processato, subisce il martirio sulla croce a X e mentre guarisce storpi ed ammalati che accorrono alla sua tomba).
Sulle pareti del poligono dell’abside, attorno all’altare, sono allineate, come inserite in gallerie ad arco, le figure degli apostoli: San Pietro, San Paolo, San Giacomo, San Giovanni e via via fino a San Taddeo. Manca colui che sarà il traditore di Gesù, Giuda Iscariota, sostituito da Mattia.
Sulla parete di ingresso un grande affresco rappresenta il Giudizio Universale, danneggiato dai lavori per l’apertura della porta e della finestra. In particolare è scomparsa la figura (centrale) del Cristo giudice. Sopra di Lui, sino alla cornice, si affollano i cori angelici. Ai lati sono raffigurati quattro angeli che reggono i simboli della passione, altri quattro suonano le trombe del Giudizio. La Madonna e Giovanni Battista, ai lati del Giudice, intercedono presso di Lui. Due cartigli riportano le sentenze: Venite benedicti – Ite maledicti.
Nella parte sinistra della parete d’ingresso è rappresentato il Purgatorio, immaginato come una grande cisterna di marmo bianco che contiene una folla di corpi nudi che si purificano tra le fiamme. I purganti che hanno espiato la loro colpa sono portati in Paradiso dagli angeli.
Nella parte destra della parete l’Inferno è dominato dalla figura di Lucifero, connotata da dimensioni gigantesche, superiori perfino a quelle di Gesù e degli intercessori. Il diavolo ha sembianze grottesche più che orride: corna a spirale, zanne sporgenti ed orecchie da maiale. E’ colto nell’atto di defecare un superbo tra le fiamme e di stritolare dannati tra le mani e sotto le zampe dai lunghi artigli. Sullo sfondo altri dannati sono sottoposti ai supplizi infernali da più piccoli diavoli neri.
Gli affreschi di Griis accompagnano così il visitatore dalla creazione del mondo al giudizio finale in un complesso e articolato itinerario pittorico che merita certamente di essere visto.

Fonti:
– A. BERGAMINI, G. BERGAMINI, Affreschi rinascimentali nell’antico mandamento di Palmanova: Malisana, Castions di Strada, Griis, in Palme, Atti del 53° congresso della Società Filologica Friulana (Palmanova 26 settembre 1976), a cura di L. CICERI, Udine 1976, pp. 101-103.
– Bergamini G. Tavano S. Storia dell’arte in Friuli 1985
– Marchetti Giuseppe (a cura di Gian Carlo Menis). Le chiesette votive del Friuli. Società Filologica Friulana. Arti Grafiche Friulane, Udine riedizione 1990
– Negrello Giorgio La chiesa di Sant’Andrea Apostolo a Gris di Bicinicco (Udine) in AD UNDECIMUM Annuario 2020 Associazione culturale per la ricerca storica ed ambientale https://adundecimum.it/wp-content/uploads/2021/01/Santo_Andrea_Gris_2020.pdf
– Rizzi Aldo. Profilo di storia dell’arte in Friuli. 2. Il quattrocento e il cinquecento. Dal Bianco Editore 1979
– Tirelli Roberto. Guida alle chiesette campestri e votive del Comune di Bicinicco. Comune di Bicinicco 1998
– Venuti Tarcisio. La chiesa di Griis. Casa Editrice La Nuova Base Udine 1970
http://www.ipac.regione.fvg.it/aspx/ViewPercTemRicAppr.aspx?idAmb=120&idsttem=2&idTem=160

Localizzazione: Bicinicco, Frazione Griis.
Indirizzo: Via Nazionale, 16, 33050 Griis di Bicinicco UD.
Data ultima verifica: marzo 2017

Autore: Marina Celegon

Galleria immagini: Marina Celegon.

 

Periodo Storico: Basso Medioevo
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza